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giovedì 10 settembre 2020

"L'amore che dai è l'amore che resta" di Myriam Jael Riboldi

Il folgorante titolo di questo saggio per me non è solo una frase, è piuttosto una profonda verità, infatti è sempre stata una mia intima convinzione, un vero e proprio principio di vita: l'amore che diamo è l'amore che resta, e resterà anche oltre noi. Ed è questo a dare significato alle nostre esistenze, le nostre e quelle di tutti gli esseri viventi a loro volta, costruendo ed intrecciando insieme relazioni.
Così mi sono lanciata nella lettura di questo libro di Myriam Jael Riboldi, con l'aspettativa di emozionarmi ad ogni sua pagina; in realtà si tratta di un saggio di stampo piuttosto accademico, impegnato nel delineare il quadro dell' "etologia relazionale".

 


Ammetto che avrei preferito che il libro fosse più ricco di racconti di vita vissuta dell'autrice a contatto con gli animali, invece gli emozionanti episodi che vengono narrati sono piuttosto rari. Ma ad ogni modo è stata una lettura assolutamente interessante.
Uno dei lati più affascinanti del saggio, e che in questo momento peraltro mi tocca moltissimo, è la cosiddetta "triangolazione" che viene usata nell'etologia relazionale per costruire rapporti positivi tra due soggetti per mezzo di un terzo, il quale già stringe relazioni di fiducia ed empatia con i primi due. La cosa funziona tra tutte le specie: l'autrice riesce ad esempio a far accettare un capretto neonato, inizialmente "rinnegato", da mamma capra, in virtù del suo ottimo rapporto con la femmina adulta.
Ampio spazio viene dedicato alla triangolazione tra "etologo relazionale", bambini e animali, per andare a costruire e promuovere rapporti positivi tra le nuove generazioni e le creature non umane. 

"I bambini assorbono per osmosi e il suggerimento dell'etologia relazionale è di essere mentori responsabili, pieni di entusiasmo, di competenza, di passione ed empatia. I bambini, ma anche i ragazzi, imparano a riconoscere e a leggere le intenzioni degli animali molto più facilmente di noi, ma è negli occhi degli adulti di cui si fidano che cercano le indicazioni su come orientarsi, su come muoversi, su quale strada imboccare nel rapporto con l'animale".

 (M.J. Riboldi, L'amore che dai è l'amore che resta, p. 68)

Stefano e Paciocca

Per me, da neomamma appassionata di tutto ciò che concerne il mondo degli animali, è stato davvero entusiasmante leggere queste pagine... e ho capito che, a mio modo, sto anche io avviando una triangolazione: quella tra me, la mia amata gatta Paciocca e il mio bimbo Stefano, ancora ignaro di avere una mamma gattofila che gli sta trasmettendo, spero nel modo più corretto ed autentico possibile, l'amore per tutti gli animali e in particolare i gatti.

martedì 23 giugno 2020

"Se i gatti scomparissero dal mondo" di Genki Kawamura

Gli ingredienti "giusti" per questo libro ci sono tutti, a partire dal titolo a dir poco accattivante e dalla premessa stuzzicante: un giovane trentenne si scopre all'improvviso malato terminale e, a sorpresa, si ritrova a fare un patto con il Diavolo, che gli regalerà un giorno di vita in più per ogni "cosa" che accetterà di far scomparire per sempre dalla faccia della Terra. Sembra una promessa allettante, considerate le miriadi di inutili cianfrusaglie di cui ci attorniamo... ma naturalmente il Diavolo resta pur sempre il maestro ingannatore e, solo dopo aver stretto il patto, il protagonista scopre che la scelta di ciò che scomparirà è appannaggio del diabolico spirito. 
Ma il nostro malato non si tira indietro, in fondo cos'ha da perdere? Vive, ormai single da anni dopo una relazione naufragata, solo con il micio Cavolo - eredità lasciatagli dall'amata madre, morta anch'essa per una malattia incurabile. Il padre assente, con cui ha troncato i rapporti alla scomparsa della madre, pochi amici, un lavoro da postino che svolge in solitario, apparentemente una vita piuttosto piatta... già, cos'ha davvero da perdere?




Così il patto parte, senza neppure troppi crucci, dalla cancellazione in massa di telefoni e cellulari: in un certo senso, appare quasi una liberazione dalla schiavitù perenne che questi oggetti ormai ci impongono. 
Ma ben presto, seguendo i racconti, i ricordi e le riflessioni del protagonista, scopriamo che ogni oggetto, ogni invenzione, ogni regola umana che tanto sembra essere artificiosa e forzata, spesso modella il nostro modo di essere e la nostra quotidianità, fino a darle un'impronta ben precisa che noi possiamo assecondare o modificare a nostra volta... e che tutto ciò che riempie i nostri giorni: telefoni, film, musica, cioccolata, orologi, tempo e perfino le scadenze, in realtà possono tradursi in opportunità, passioni, piaceri e regolarità che rendono la vita degna di essere vissuta davvero. Parallelamente a questo, scopriamo via via i ricordi della vita del protagonista: i suoi rimpianti, le sue scelte, ogni relazione troncata o coltivata, tutto va a comporre il "senso" dell'esistenza, con cui alla fine si deve fare i conti, volenti o nolenti.
E quando il Diavolo posa il suo sguardo sull'amato gatto Cavolo (e su tutti i suoi simili), proponendo al nostro protagonista di barattare l'esistenza di tutti i gatti per un giorno in più di vita... ebbene, qualcosa si rompe definitivamente e il patto non può che venire infranto.
Pregi di questo libro sono senz'altro l'idea originale di fondo, la leggerezza con cui viene sviluppata (nonostante il tema sia d'un esistenzialismo assoluto) e la scorrevolezza con cui si legge. Al contempo, la trama è piuttosto debole e non ho ritrovato - come immaginavo, per temi e storia simile - quella poesia, quella profondità e quella capacità di coinvolgere del meraviglioso "Cronache di un gatto viaggiatore" di Hiro Arikawa
Un'occasione mancata? Dipende, forse solo per metà: non è male riuscire a parlare in scioltezza e con un pizzico di ironia di morte, separazione, sacrifici, rimpianti e temi esistenziali. L'importante è non aspettarsi un capolavoro capace di illuminarci sul senso della vita: si tratta di una storia simpatica e senz'altro curiosa, capace comunque di gettare qualche spunto di riflessione su ciò per cui valga la pena vivere... e morire. 
Se lo leggete, fatemi sapere anche la vostra opinione!

mercoledì 20 maggio 2020

"La meravigliosa vita delle api" di Gianumberto Accinelli

Buongiorno amici! In occasione dell'odierna "World Bee Day", giornata mondiale dedicata alle api e istituita dall'ONU ormai da alcuni anni, vi presento una lettura in tema: La meravigliosa vita delle api. Amore, lavoro e altri interessi di una società in fiore del sempre a me caro Gianumberto Accinelli. 
Diversamente da altre pubblicazioni che fanno soprattutto il punto sull'emergenza del declino delle popolazioni di api in tutto il mondo, minacciate a morte da inquinamento, cambiamenti climatici, malattie, perdita di habitat naturali sufficientemente accoglienti e un uso spropositato dei prodotti chimici in agricoltura, questo libro di Accinelli è piuttosto un viaggio affascinante sulle caratteristiche speciali e la vita delle api, quelle che ancora sono rimaste almeno. E quante scoperte meravigliose e inconsuete!



L'ape è l'insetto impollinatore per antonomasia, ma sapevate ad esempio che è anche estremamente metodico e molto più efficiente di altri impollinatori come farfalle e mosche? Sì, perchè l'ape bottinatrice, quando esce di buon mattino alla ricerca di nettare, arrivata in un prato fiorito sceglie a inizio giornata un tipo specifico di fiore dal quale rifornirsi, e continuerà per tutto quel giorno a visitare solo quei fiori, garantendo così il massimo successo dell'azione impollinatrice per quella specie floreale. Il giorno dopo la storia ricomincia: la bottinatrice sceglierà magari un altro tipo di fiore e vi resterà "fedele" fino al concludersi del suo "turno di lavoro". 
Un'altra curiosità che mi ha colpita molto è la seguente: mai avvicinarsi a un alveare se si sta mangiando una banana matura, perchè questo scatenerà le ire delle api che vi attaccheranno con ferocia e, soprattutto, in massa. Il problema sta nel fatto che l'odore di banana matura assomiglia a quello dell' "isopentyl acetato", la sostanza lasciata dall'ape insieme al pungiglione quando ci punge. E' una sorta di segnale odoroso per dire: "Attenzione! Qui ho dovuto attaccare, questo è un invasore! Se non se ne va, attaccare ancora!". L'odore di banana farà credere quindi alle api che sia avvenuto un attacco e ci sia bisogno di intervenire in massa contro l'invasore che non fugge ma anzi, resta inconsapevolmente fermo a sbocconcellare il frutto maturo.

Un'ape vola verso i fiori del pesco

Naturalmente molto del libro è dedicato alla straordinaria intelligenza, individuale ma soprattutto sociale, delle api: insetti ligi al proprio dovere e ben inquadrati nella loro società dell'alveare. Scopriamo quindi vita morte e miracoli di questi imenotteri, dai loro riti (cruenti) di accoppiamento alla loro giornata lavorativa, dal loro sofisticato modo di comunicare alle loro incredibili abilità ingegneristiche e matematiche. 
Anche per questo l'ape, oltre che per il suo fondamentale ruolo di impollinatore (un'enorme percentuale del cibo che mangiamo lo dobbiamo all'azione degli impollinatori spontanei), è stata impiegata anche in altri campi diversi dall'agricoltura: ad esempio, come "segugio" da mina antiuomo. Con uno specifico addestramento (si miscelano acqua e zucchero all'odore dell'esplosivo, per far sì che gli insetti siano sensibili ad esso), alcune api esploratrici infatti sono in grado di individuare una mina sotterrata, posandosi sul terreno senza far detonare la bomba (l'ape pesa troppo poco!). Con un sistema d'addestramento analogo, le api  possono venire impiegate anche in medicina, per la ricerca dei tumori, o negli aereoporti per individuare traffici illegali di droga. Insomma, veri e propri segugi!
Il libro si chiude comunque con il problema serissimo dello spopolamento degli alveari, di cui abbiamo preso coscienza circa 13 anni fa: "Nel 2007 la popolazione di api in Europa è stata decimata di una quota che varia dal 30% al 50%. (...) In America (...) le perdite di alveari hanno raggiunto, in alcune zone, il record del 70% sul totale. In Italia, sono 200.000 le arnie che, ogni anno, cessano il loro allegro ronzio diventando delle gelide e silenziose lapidi che costellano il territorio nazionale alla stregua di un gigantesco cimitero" (G. Accinelli, "La meravigliosa vita delle api",  p. 122). 

Foto di Eigene Aufnahme su Wikipedia.

Uno scenario desolante e drammatico, da tutti i punti di vista. Cosa si può fare per arginare il fenomeno e dare una chance di sopravvivenza alle api? 
Anzitutto in agricoltura si devono eliminare i neonicotenoidi e gli insetticidi di sintesi, dando ampio spazio alla lotta biologica. Si dovrebbe inoltre ripensare completamente il sistema delle monocolture intensive, tornando a preferire (o almeno dando modo di conservare) un paesaggio agricolo ricco di siepi, alberi e vegetazione che possano fungere da "corridoi ecologici" anche per le api.  Ma è auspicabile pure ricreare piccole oasi sicure per questi impollinatori nel nostro privato, in campagna, in periferia e in città, andando a piantumare fiori spontanei ricchi di nettare ovunque possibile: aiuole, balconi fioriti, cortili, giardini e parchi. Ecco una lista utile di piante che attirano particolarmente le api:

La lista è tratta dal libro di Accinelli, le foto (facelia, borragine, cosmea) sono tutte su Wikipedia.

Quello delle "oasi" per insetti utili è un progetto che Eugea promuove da anni e che vi invito a visitare, per prendere parte voi stessi a questa piccola, grande rivoluzione... un segnale concreto e non solo "ideale", nella giornata dedicata alle api.

lunedì 11 maggio 2020

"L'insostenibile tenerezza del gatto" di Sonia Campa

Ho avuto modo di conoscere Sonia Campa, etologa, diversi anni fa, ad una conferenza sul comportamento dei gatti e sul corretto modo di relazionarsi ad essi. Mai banale nel suo approccio, profonda conoscitrice dell'animo del nostro felino domestico, attenta osservatrice delle tendenze "antropomorfizzanti" che influenzano il nostro rapporto con gli animali... ha subito guadagnato la mia ammirazione e stima. Così, quando è uscito questo libro non potevo davvero farmelo sfuggire, pregustandomi una lettura di valore. Ebbene, le mie aspettative sono state ripagate al 100% e, nonostante per titolo e casa editrice l'opera possa in effetti confondersi tra mille altre (ormai l'editoria dedicata ai gatti è sovrabbondante, pena spesso la qualità delle singole pubblicazioni), la sostanza che racchiude è tutta un'altra cosa.



Non aspettatevi un manuale generico sui gatti, nè un saggio unicamente di etologia felina... è una riflessione di ampio respiro, che prende spunto dalle esperienze personali dell'autrice ma le approfondisce su basi scientifiche grazie alla sua formazione, a proposito del temperamento del gatto, di come si è evoluta la nostra relazione con lui, andando a tracciare una sorta di "bilancio" di quanto è stato perso e quanto guadagnato. 
Ma è anche una critica alla nostra società del terzo millennio, alle molte pecche del nostro mondo, evidenziando il rischio di perdere di vista l'anima e le necessità autentiche degli animali con cui condividiamo il pianeta: cani e gatti in primis, ma anche gli animali "da reddito" (mucche, galline, ecc.), fino ai selvatici (che spesso non consideriamo neppure). 
Ad esempio, scrive Sonia: "C'è qualcosa di drammaticamente condiviso tra gli animali stabulati in freddi capannoni industriali a produrre uova e latte, deprivati dell'esistenza e, quindi, della loro identità, e migliaia di piccoli umani assembrati nelle loro automobili bloccate nel traffico impazzito di città di cemento, per cercare di raggiungere i loro mini-appartamenti in enormi condomini della più economica periferia, dopo dieci ore di lavoro dedicate freneticamente a raggiungere degli obiettivi che, spesso, non appartengono neanche a loro" (S. Campa, L'insostenibile leggerezza del gatto, p. 50).
Oltre a ciò, troviamo anche consigli utilissimi - forniti su solide basi etologiche - per comprendere, conoscere e rispettare le esigenze più peculiari del nostro amato micio. Ad esempio, ci fa riflettere sul fatto che "per i gatti il pasto è un momento tutt'altro che comunitario, la consumazione è un rito solitario e le condizioni di stretta prossimità allestite in casa spesso portano i gatti a competere più o meno esplicitamente e a vivere il momento del pasto con ansia e tensione" (p. 72). 
O ancora, tutti noi tendiamo ad apprezzare e ricercare gatti coccoloni, socievoli e amanti del contatto fisico, eppure quest'approccio così "corporeo" non sempre è in linea con il temperamento più riservato dei felini: "Per il micio di famiglia (...) è già un gesto di enorme affettuosità (...) raggiungerci sul tavolo e sonnecchiare a mezzo metro da noi mentre siamo intenti a lavorare; affetto è la leccatina fugace che ci danno sulle dita e, persino, quella coda che ci sfiora appena mentre, apparentemente distratti e lontani, ci passano accanto (...). I gesti di affiliazione dei gatti non sono eclatanti (...) sono sottili, piccoli segnali, discreti come lo è il loro andare per il mondo, fatto di distanze accorciate, di sguardi ricambiati e di tempo trascorso vicini, anche senza far niente ma semplicemente condividendo l'atmosfera" (p. 189).  Poi certo, ci sono gatti amantissimi delle coccole anche molto irruenti, ma dobbiamo sempre ricordarci di non fare di tutta l'erba un fascio e soprattutto di interpretare correttamente i segnali che ci dà il micio in questione: apprezza davvero, oppure è solo estremamente mite e tollerante rispetto a un contatto fisico per lui non necessariamente indispensabile?


Paciocca non mi perde mai di vista e mi segue dappertutto, non tollera di essere esclusa dalle nostre attività, eppure non viene mai in braccio e richiede le coccole in quantità molto modesta. Me ne sono fatta una ragione... e la amo così com'è, apprezzando i segnali d'affetto che mi dimostra, come una bella coda alzata per salutarmi!

Insomma, un libro capace di scavare a fondo, con competenza e spirito critico, nella personalità e nei bisogni comportamentali dei gatti che, oggi sempre più, vengono travisati e svalutati. Mi è piaciuta molto, tra le altre, la riflessione sul fatto che - spesso - si tenda ad adottare un gatto invece di un cane, perchè considerato "meno impegnativo": "Questa falsa credenza deriva dal ritenere questo un animale con poche pretese: non va portato fuori ogni santo giorno per la sua consueta passeggiata, può rimanere solo in casa senza fare danni e senza disturbare il vicinato (...) è autopulente (...) non richiede attenzioni continue (anzi, se ne sta anche parecchio per i fatti suoi) e si adatta a vivere anche in piccoli spazi. (...) Paradossalmente, oggi si è arrivati a credere che solo chi ha un giardino dovrebbe adottare un cane, mentre il gatto sta bene solo se tenuto in casa" (pp. 74-75). Cosa, questa, davvero snaturante nei confronti di un predatore ed esploratore quale è il gatto, che anzi avrebbe un bisogno vitale di poter accedere in sicurezza e libertà a un ambiente dove cacciare, esplorare, sorvegliare e marcare il suo territorio. 
Che altro dirvi? Le considerazioni sarebbero ancora tante ma non vorrei neppure togliervi il piacere della lettura di questo bellissimo saggio, che vi consiglio spassionatamente come una delle pubblicazioni più valide degli ultimi anni sul tema "gatti". E altrettanto vi suggerisco di visitare il portale di Sonia Campa Pet Ethology ma anche il suo blog "La soglia di Morgan", sul quale potete leggere anche diversi articoli - tutti altrettanto interessanti - sempre sul comportamento dei gatti.

lunedì 20 aprile 2020

Due ottime guide per orientarsi nel mondo del birdwatching

In queste settimane di quarantena, forse tra le attività più rasserenanti che è possibile fare è proprio l'osservazione degli uccelli che popolano il nostro giardino o che visitano i nostri balconi. Sulla scorta di questo post, mi sono accorta di non avervi mai presentato i miei "alleati" formidabili nell'identificazione degli uccelli che ammiro grazie al birdgardening (ed eventualmente, nei luoghi naturalistici che frequento, grazie al vero e proprio birdwatching). Certo ci sono uccelli così celebri da non aver bisogno di presentazioni: le tortore, le gazze, i pettirossi, i merli e forse le cince... ma se vi appassionerete un pochino al birdwatching, ben presto scoprirete che, ad esempio, le cince non sono tutte uguali, e vorrete saperne di più! Allo stesso modo, vi troverete febbrilmente a sfogliare una guida di riconoscimento degli uccelli quando vi capiterà di osservare un fringuello maschio e femmina: come si distinguono? Per tacere di altre specie meno diffuse o semplicemente più elusive, come le upupe, i picchi, i codirossi...


Il primo libro che vi presento è "Guida agli uccelli d'Europa, Nord Africa e vicino Oriente" di Lars Svensson: è semplicemente un gioiellino, il mio preferito in assoluto, talmente bello, pratico, intuitivo ma al contempo completo, che spesso e volentieri mi sono ritrovata a sfogliarlo come fosse un libro di racconti, prima di addormentarmi. E credetemi, dal momento che si tratta di una guida al riconoscimento degli uccelli, assolutamente non romanzata e anzi estremamente sintetica e schematica, la cosa è alquanto incredibile! La verità è che, una volta capita l'impostazione e decodificate le mappe, le sigle e i simboli (cosa piuttosto facile, a dire il vero), nonostante l'estrema sintesi, ci sono tutte le informazioni più importanti per riconoscere l'uccellino su cui vi state informando... e vi scoprirete entusiasti nel ritrovare, anche in un solo aggettivo, esattamente quella caratteristica peculiare che vi aveva così colpiti all'osservazione diretta del pennuto!

Ecco, ad esempio, la tavola delle cince (una prima parte) della guida Svensson

Il secondo manuale che utilizzo e consulto, sebbene con minore frequenza del primo, è "Birdwatching facile. Guida illustrata agli uccelli d'Europa" di Detlef Singer. Un primo pro di questo manuale è il fornire una scheda identificativa con informazioni precise e ordinate per ogni uccello: tipicità, caratteristiche generali, specie simili (ottimo per fare eventuali confronti), voce, distribuzione, riproduzione e alimentazione. Per cui se, ad esempio, si vuole scoprire cosa mangia il tal pennuto, è più immediato arrivare subito al punto. Ma il più grande pregio di questo volume sono senz'altro le 1400 bellissime fotografie a colori, mentre nella guida Svensson troviamo invece "solo" magnifiche illustrazioni (di Killian Mullarney e Dan Zetterstrom, che sono riusciti a creare vere e proprie "mappe" da esplorare, grazie alle didascalie). Vi dirò che non necessariamente una foto è più esaustiva di un'illustrazione (soprattutto se si vuole cogliere un dettaglio specifico per l'identificazione), ma nel caso di alcuni uccelli ho trovato indispensabile il confronto tra illustrazioni e foto per chiarirmi le idee definitivamente.

Sempre le cince, sulla guida Singer... foto meravigliose!

Entrambi i volumi sono editi da Ricca Editore e li ho scoperti grazie all'iscrizione come socia alla Lipu, ma sono liberamente acquistabili da chiunque. Quindi che dirvi? Secondo me per partire l'ideale è la guida Svensson, ma non sarebbero soldi sprecati neppure quelli per l'acquisto della guida Singer, che in un qualche modo va ad essere "complementare" rispetto alla prima e può darvi la giusta conferma rispetto a un'identificazione.
Si tratta di due ottimi volumi che vi consiglio spassionatamente, sia che siate già bird-watcher appassionati, sia che invece siate alle prime armi... io ho imparato e tuttora sto imparando così! E devo dire che, dopo aver avvistato un pennuto sconosciuto, non c'è soddisfazione più grande che sfogliare il libro fino a trovare un possibile "candidato"... non fatevi ingannare dalle facili ricerche su Google, rintracciare il "proprio" uccellino su una guida, per poi divorare tutte le informazioni che lo riguardano, è un piacere impagabile!

mercoledì 5 febbraio 2020

"Ranocchi sulla luna (e altri animali)" di Primo Levi

Una raccolta di racconti estremamente originali, che ci rivela un lato sconosciuto di Primo Levi: non fu solo il chimico italiano passato alla storia per essere uno dei più importanti testimoni della Shoah, ma anche un vero e proprio scienziato curioso del mondo, un intellettuale a tutto tondo capace di sintetizzare scienza e temi morali in un'unica opera. Questo "Ranocchi sulla luna" ne è l'esempio perfetto: una raccolta di storie suggestive, che fanno perno su animali veri, o mitologici, che diventano il pretesto per parlare anche dell'uomo, o per fare da specchio all'umanità.



Le tinte che colorano questi racconti sono varie, mai troppo scanzonate. Talvolta si respira l'atmosfera spiazzante de "La metamorfosi" kafkiana, talvolta sembra di leggere un mito classico, alcuni racconti strizzano l'occhio addirittura alla fantascienza e alla letteratura orrorifica, altre storie ci mostrano - dallo sguardo animale, senza alcuna forzatura antropocentrica - tutta la capacità distruttrice dell'essere umano. Paradossi e fantasia, ma anche studio della natura realistica e delle sue strategie di sopravvivenza tra gli animali: non è un libro leggero, bensì una raccolta capace di far riflettere e aprire nuovi mondi nell'immaginazione del lettore, soprattutto oggi che vi è una sempre maggiore sensibilità rispetto agli animali. Se siete alla ricerca di un libro originale e denso di contenuti, ve lo consiglio spassionatamente!
Non trovo parole migliori per concludere questa breve recensione che quelle dello stesso Primo Levi: "Se potessi, mi riempirei la casa di tutti gli animali possibili. Farei ogni sforzo non solo per osservarli, ma anche per entrare in comunicazione con loro. Non farei questo in vista di un traguardo scientifico (non ne ho la cultura né la preparazione), ma per simpatia e perché sono sicuro che ne trarrei uno straordinario arricchimento spirituale e una compiuta visione del mondo...".
E tutti noi amanti degli animali non possiamo che confermare.

domenica 15 dicembre 2019

"La volpe alla mangiatoia" di Pamela Lyndon Travers

Oggi vi propongo un breve e piacevole racconto natalizio, firmato dalla penna di Pamela Lyndon Travers che - per chi non la conoscesse - fu l'autrice di Mary Poppins
Il racconto è ambientato nel secondo dopoguerra londinese: durante la messa di Natale nella cattedrale di Saint Paul, a cospetto di una folla adulta desiderosa di tornare a dedicarsi alla vita in tempo di pace,  ci sono tre bambini irrequieti e un po' burloni. Non seguono la cerimonia, parlottano a mezza voce interrogandosi sulle grandi questioni dell'infanzia: cosa si vorrebbe ricevere in regalo; cosa potrebbe fare Dio per accontentarli; se sia giusto lasciare i propri giocattoli usati in dono ai bambini più poveri...
Ad un certo punto la messa termina, la folla si disperde al suono delle campane, che finalmente suonano di nuovo a festa, e davanti al presepe con i classici bue, asinello e pecore, il filo del discorso porta i tre bambini ad una domanda che sembra altrettanto fondamentale: "Perchè nel presepe non c'erano animali selvaggi? Non avevano niente da regalare, loro?". 




A raccogliere il quesito è una donna adulta, la narratrice del racconto, che è al contempo una sorta di tutore o accompagnatrice dei tre bambini, e si prepara a raccontare loro una storia adatta a rispondere alla domanda. 
E così torniamo indietro nel tempo, alla nascita di Gesù, nel miracoloso momento del primo Natale, quando gli animali avevano il dono della parola... e se per gli animali domestici era quasi ovvio rendersi utili al bambinello, donandogli calore, lana o protezione, che dire degli animali non addomesticati? Come reagirono all'arrivo di Gesù? 
I selvatici vengono rappresentati dalla volpe Reynard che, quando si avvicina furtiva alla mangiatoia, genera grande scandalo e allarme tra le altre bestie. Cosa fa un animale selvatico, un aggressivo predatore, nei paraggi del bambino? Cosa mai potrà portare in dono, quali sono le sue intenzioni? 
La volpe viene pesantemente criticata e giudicata dagli animali domestici, che la temono ma ancor più la disprezzano... eppure Reynard ha davvero qualcosa da donare, forse qualcosa di più prezioso di lana, calore o protezione, perfino di più pregiato dei doni umani di oro, incenso e mirra. 
E quando porta il suo dono al Bambino, anche gli altri animali capiscono che nella stalla c'è posto per tutti, domestici e selvatici...  "Così la ruota gira, il cerchio si chiude, e le creature domestiche e selvatiche stanno riunite nel presepe. Il leone insieme alla tortora, animali da cortile accucciati accanto alla volpe. Infatti creature domestiche e creature selvatiche non sono che due metà, e qui, dove tutto finisce e tutto ha principio, ogni cosa dev’essere riunita nel suo intero".
Una gradevole storia a sfondo natalizio, senza la pretesa d'essere un capolavoro, ma solo di allietare un'oretta durante la sua lettura, magari proprio in queste settimane d'attesa o nelle prossime di Natale.

mercoledì 6 novembre 2019

"Breve storia di un raggio di sole" di Gianumberto Accinelli

Ormai lo sapete: in questo blog ci sono autori che ciclicamente ritornano, per il mio e il vostro piacere... perchè le "penne" illuminate sono patrimonio dell'umanità, ancora meglio se parliamo di scrittori italiani! Gianumberto Accinelli è uno degli autori che amo moltissimo, appassionato divulgatore scientifico ed entomologo. La sua "Breve storia di un raggio di sole" è un'inusuale narrazione, in sostanza, di un'enorme e soprendente rete alimentare, estesa su tutto il mondo. Si parte dal miracolo forse più suggestivo che avviene quotidianamente sulla nostra Terra: la trasformazione dell'energia solare, della "luce" - quel raggio di sole protagonista del titolo - in energia spendibile per la vita, grazie alla fotosintesi clorofilliana. 
Ci avete mai pensato a quanto sia incredibile il fatto che le piante riescano a produrre zuccheri - la prima energia vitale - "semplicemente" combinando anidride carbonica, luce e acqua? Una ricetta chimica straordinaria, che sta alla base di tutta la vita, compresa la nostra. E dalle piante - il "gradino alimentare" dei produttori - di cui Accinelli ci racconta vita, morte e soprattutto "miracoli", passiamo via via alle forme di vita animali, produttori e consumatori... senza dimenticare quanto lenta e graduale sia stata l'evoluzione della vita. 



Accinelli, da buon entomologo qual è, sceglie però erbivori e carnivori "sui generis": non aspettatevi necessariamente mucche, gazzelle, lupi e leoni, bensì siate pronti ad essere catapultati nel micro-mondo del giardino... scoprirete che le formiche, ad esempio, praticano una vera e propria "pastorizia" sugli afidi (ecco un erbivoro sui generis!) o la coltivazione dei funghi, così come vi addentrerete nella giungla del vostro cortile per un safari specialissimo, cercando la temibile coccinella... un predatore più efficiente di un leone! 
Non solo insetti però, in questo bel saggio divulgativo: troviamo anche animali eccezionali come la lumaca fotosintetica (unico animale al mondo in grado di svolgere la fotosintesi... e io che ero fermamente convinta che nessun animale potesse compierla!), oppure una lucertola senza zampe che dimora nei formicai alla ricerca di protezione e cibo extra.
Infine si arriva all'ultimo anello della catena, o per meglio dire ai nodi della rete che riportano direttamente al via: i decompositori, che si occupano di far tornare disponibili per la vita tutte le sostanze utili che resterebbero altrimenti intrappolate nella materia ormai morta. 
Nessuna morale a tutte le storie che si intrecciano e si srotolano sul pianeta, intersecando spesso anche le nostre vite antropizzate... se non forse una consapevolezza, che dovrebbe rincuorarci e allo stesso tempo farci riscoprire la nostra appartenenza a tutto il pianeta vivente: la Natura vive e si sviluppa tra mille difficoltà quotidiane, nella lotta per la vita e la morte, nella fatica per la sopravvivenza e alle prese con davvero tanti, tanti problemi da risolvere. E' così per ogni specie vivente, e noi non facciamo eccezione: così funziona tutto questo nostro mondo, naturale ed antropizzato, illuminato dai raggi del sole.

venerdì 9 agosto 2019

"Micio e i suoi a-mici" di Antonella Tomassini

Le favole, adatte da sempre a grandi e piccoli, hanno un grande valore: grazie alla loro trama e ai loro personaggi possono farsi portatrici di messaggi importanti e universali. Se poi la favola in questione, unitamente alla sua buona morale, riesce anche a concretizzare un progetto di beneficenza per i gatti abbandonati delle colonie feline di Roma, cosa volere di più?
Il libro è intitolato "Micio e i suoi a-mici", nato dalla fantasia di Antonella Tomassini, arricchito dalle illustrazioni di Alice Cumbo e presentato da Enzo Salvi. Lo scopo primario di questa pubblicazione è fondamentale: aiutare concretamente i gatti dell'Associazione onlus D.I.A.N.A., che si occupa di colonie feline a Roma, ma anche divulgare l'importanza della sterilizzazione per tutti i gatti, randagi e non. 
Certamente una cucciolata di gattini è tra le cose più belle del mondo, ma che succede quando i teneri micetti crescono e nessuno vuole adottarli? O ancora peggio, che succede quando chi li adotta, credendo di sapersene occupare, magari poi non li sterilizza e li lascia liberi di girare sul territorio? Succede che si moltiplicano esponenzialmente le cucciolate randagie, gli incidenti stradali e le morti penose per malattie, intemperie e carenze di cure primarie. 
E Micio, il protagonista della nostra storia, lo sa bene: lui stesso, randagino di colonia, è morto in strada e si ritrova a fare da "angelo custode" ai compagni rimasti sulla Terra.



Il racconto è fantasioso e scanzonato, a tratti divertente e a tratti più riflessivo e commovente. Gli spunti per sviluppare argomenti importanti sono disseminati come bricioline di pane, mentre la favola si sviluppa anche attorno a gatti realmente esistiti, come Isidoro l'amante delle scamorze.
Per toni, personaggi e trama è una storia molto adatta ai più giovani lettori, ma come tutte le favole che si rispettino risulta apprezzabile anche dagli adulti, soprattuto in relazione al tema di fondo: l'importanza della sterilizzazione e del non chiudere gli occhi davanti ai bisogni dei gatti randagi, che in alcune città sono un fenomeno endemico e massiccio. Non lasciamo da soli i volontari che si curano delle colonie feline: le spese sono tante, le emergenze ancora di più... e se volessimo regalare una scatoletta, una piccola offerta o ancora meglio qualche ora del nostro tempo per aiutarli noi stessi, sarebbe un gesto d'amore unico.
"Micio e i suoi a-mici" ha anche una pagina facebook dove potete seguire tutti gli aggiornamenti, mentre su Amazon trovate l'ebook subito scaricabile (ma anche il cartaceo) e i cui proventi andranno, come detto, a sostegno dell'operato dell'Associazione D.I.A.N.A. 
Una bella storia di umanità e gatti!

"L’Amore è una carezza sfuggevole,
che rimarrà sempre
nel cuore di chi la riceve
e di chi la dà."
 
Antonella Tomassini

lunedì 22 luglio 2019

"I tacchini non ringraziano" di Andrea Camilleri

In memoria del grande Andrea Camilleri, purtroppo scomparso recentemente, vi parlo di uno dei suoi ultimi libri: I tacchini non ringraziano, uscito l'autunno scorso. Certo non sarà il più famoso, niente a che vedere con le vicende dell'intramontabile Montalbano, ma si tratta ugualmente di una lettura interessante che ci restituisce un'altra immagine dello scrittore italiano: un uomo sensibile alle emozioni e all'intelligenza degli animali, che si preoccupa - per quanto gli è possibile - per il loro benessere.


Il libro è una raccolta di brevi e piacevoli racconti autobiografici: vicende, legate agli animali, che lo scrittore ha vissuto in prima persona, tra il pittoresco, il divertente e il sorprendente. Ci sono pappagallini parlanti e cardellini cantanti, presunte vipere e ricci - ancora più presunti - cacciatori di serpi, così come una toccante amicizia tra un cane e una gatta randagia, o rissosi uccelli che difendono strenuamente il loro albero di ciliegie.
Le storie sono semplici, talvolta rimandano al passato di Camilleri adolescente, quando per consuetudine seguiva il padre nelle battute di caccia. Anche in questo caso gli episodi di vita vissuta hanno il sapore autentico di chi ha vissuto esperienze irripetibili, che talvolta segnano la  coscienza: come nel caso di un coniglio selvatico a cui l'autore, da giovane, sparò, ma che segnò anche la fine delle sue battute di caccia.
Camilleri ci lascia in eredità questa raccolta di brevi racconti per due motivi. Il primo è che a fronte della diffusa artificializzazione del mondo e dell'ignoranza sempre più diffusa sugli animali da parte delle nuove generazioni (provate a chiedere a un bambino quante cosce ha un pollo...), ha voluto lasciare una testimonianza di quando gli animali erano normalmente parte della vita famigliare: che si trattasse di cani, gatti, animali da cortile o selvatici, Camilleri ha avuto la fortuna di vivere un'epoca in cui era naturale venire a contatto con il mondo animale.
Il secondo motivo ve lo faccio raccontare direttamente da lui, questo grande scrittore italiano che lascia certamente un enorme vuoto, ma solo dopo averci regalato un mondo letterario per cui gli saremo eternamente grati... e lo salutiamo così, con le sue parole:

"Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant'anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento. 
Io, fortunatamente, non ci sarò. 
Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perchè di me, e di moltissimi altri come me, possano avere un'opinione sia pure leggermente diversa".

E io penso proprio che sarà così.
Buon viaggio Andrea Camilleri e grazie di tutto... ci rivediamo a Vigata.

sabato 22 giugno 2019

"Guida di viaggio per gattofili" di Barbara Bellinelli

Con giugno iniziano i mesi dedicati alle ferie estive! Chi è già in partenza, chi andrà in luglio e chi invece attenderà il famoso agosto, ma la costante è una sola: approfittare di qualche giorno di vacanza per visitare posti nuovi, fare esperienze speciali e tornare a casa con qualche ricordo in più. Quando ho visto questa "Guida di viaggio per gattofili" non potevo proprio farmela sfuggire, dal momento che prometteva di fare da cicerone per una breve gita fuori porta o una vera e propria vacanza, tutto all'insegna della felinità. 


La lettura è stata istruttiva e culturalmente rilevante: più che guida turistica, è un libro d'arte, folklore, architettura e storia delle nostre città, di alcuni monumenti, di alcune vie che - in varie maniere - richiamano la figura del gatto. Devo ammettere che speravo di trovare indicazioni più "operative" o maggiori luoghi da visitare in senso stretto, invece molte delle "destinazioni" proposte riguardano piuttosto quadri aventi gatti tra i soggetti (come ad esempio Annunciazione di Lorenzo Lotto, conservata nel Museo civico di Recanati). 
Ma ci sono anche suggerimenti interessanti per gite e viaggi "con un tocco gattofilo": viene citata ad esempio la casa del Petrarca ad Arquà Petrarca, che io stessa ho visitato anni fa, nella quale è conservata mummificata la gatta del poeta. Fu un dettaglio che mi colpì fin da subito e rimase impresso nella mia memoria, per cui mi ha fatto piacere ritrovarlo anche in questa guida. 
Ignara ero invece dell'esistenza di un "paese dei gatti" vero e proprio: Brolo (in Piemonte vicino al lago d'Orta). Passeggiando per il piccolo borgo si possono infatti ammirare cartelli e piastrelle decorate con gatti. Mici veri e propri si possono invece incontrare numerosi nel paese di Seborga (Imperia) dove sembrano esserci più felini che abitanti umani. Un posto allettante, che dite?
Meta gattofila e turistica per eccellenza è però certamente l'oasi felina di Su Pallosu (Oristano) "dove i felini scendono in spiaggia!". Oltre ad essere in Sardegna (una località di rara bellezza, per pensare alle proprie vacanze...), la peculiarità di quest'oasi privata sta nel fatto che vengono organizzate visite che permettono di apprezzare al meglio questo sito così speciale, dove i gatti, curati e ben tenuti, vivono in armonia in una natura suggestiva e spettacolare. Mi piacerebbe moltissimo andarci!
E voi? Avete nelle vostre memorie gite, viaggi o vacanze che abbiano in un qualche modo riguardato la figura del gatto? Raccontatemi tutto nei commenti... e intanto colgo l'occasione per ricordarvi di salvare sul vostro cellulare il numero verde ProntoAnas 800841148, per segnalare casi di abbandono di animali sulle nostre strade... il lato peggiore e più misero delle vacanze che stanno iniziando.

venerdì 1 febbraio 2019

"Dio, l'uomo, la donna e il gatto" di Jutta Richter

Originale a dir poco, per il tema che tratta mi stupisce davvero che questo libro sia stato catalogato "per bambini". Certo, Jutta Richter è una celeberrima scrittrice per l'infanzia, ma questo Dio, l'uomo, la donna e il gatto si colloca fuori da ogni categoria letteraria e, sinceramente, mi sembra ben più comprensibile da un lettore adulto. La storia non è nuova, anzi - in un certo senso - è antica come il mondo: è il racconto delle vicende dalla Creazione fino all'assassinio di Abele per mano di Caino, passando per la cacciata di Adamo ed Eva dal Giardino dell'Eden. 
Forse che gli adulti hanno bisogno unicamente di saggi di teologia per rileggere e riflettere sulla narrazione biblica? Forse che la presenza di un gatto (e di un più marginale cane) ha reso questa storia adatta soprattutto a giovani lettori? Lo escludo in entrambi i casi, anzi azzarderei dire che un bambino - o un ragazzino - accostandosi a queste pagine non potrebbe che darne una lettura superficiale, senza cogliere i contenuti più suggestivi: la scoperta del Bene e del Male nell'animo umano, le contraddizioni della presenza del Male e del peccato nella vita dell'Uomo, su cui dovrebbe vegliare l'onniscenza e la bontà di Dio, il perdono e la condanna eterna... sono davvero temi apprezzabili da un bambino? 



Il gatto, che campeggia nella bellissima copertina firmata Giulia Orecchia, in questa storia è il serafico e rassegnato testimone di vicende tumultuose, per le quali niente può fare. Il gatto comprende fin dall'inizio che quell'essere creato a immagine e somiglianza di Dio non è equilibrato e tranquillo come lui: anzi, è soggetto a tormenti e inquietudini, indecisioni e desideri... e con una premessa del genere, il suo futuro è già segnato. La storia di Jutta Richter sembra voler ripercorrere la storia dell'umanità ma anche della felinità, se così si può dire, andando a scovare l'uomo e il gatto primigeni: continuamente in agitazione, preda di insoddisfazioni, desideri, sentimenti contrastanti il primo; stabilmente sapiente, pacato e appagato il secondo. Ma il destino dell'uomo, creatura prediletta da Dio, è di trascinare nella sua condanna anche tutte le altre specie viventi: il gatto, il cane, così come ogni altra forma di vita, inizieranno ad abitare la terra, condividendo con l'umanità fatiche, dolore e gioie terrene. La morale di tutto ciò? La stessa del racconto biblico, che prova a spiegare l'animo umano e la sua irrimediabile doppiezza, tra Bene e Male, raffinata intelligenza e cieca istintualità, bisogno d'amore e continue pretese. La presenza del gatto, che manca nella Bibbia, qui vuole quasi diventare un suggerimento: se solo l'uomo fosse stato un po' più quieto, un po' più saggio, un po' più gatto... forse, il giardino dell'Eden sarebbe ancora abitato. Una lettura originalissima, che va letta ma soprattutto meditata.

martedì 15 gennaio 2019

"I figli del bosco" di Giuseppe Festa

Come sapete, amo molto Giuseppe Festa e non mi perdo nessuno dei suoi libri. Il suo ultimo "I figli del bosco. L'avventura di due lupi alla scoperta della libertà" non è esattamente un romanzo, si colloca piuttosto a metà tra un saggio divulgativo e un diario di bordo, per documentare tutte le vicende e il percorso di liberazione di due lupetti orfani, svezzati e seguiti in tutto e per tutto dal Centro di tutela e ricerca fauna selvatica Monte Adone (Sasso Marconi). Il fatto che le vicende non siano romanzate non toglie un briciolo di emozione alla narrazione, anzi: la realtà non ha bisogno di fantasia per essere avvicente, commovente e stupefacente!


Achille e Ulisse sono i due lupi orfani, recuperati a poche settimane di vita, attorno ai quali ruotano tutte le vicende. Il loro salvataggio è effettuato da un team di esperti capeggiati da Elisa, instancabile e formidabile conoscitrice di lupi. Fin dall'inizio si comprendono la volontà e la speranza di poter restituire alla natura i due animali, una volta cresciuti. Si tratta di una scommessa tutta da giocare: non è infatti scontato che due lupetti svezzati da mano umana, potranno poi abituarsi alla vita selvaggia senza tornare sui loro passi, mettendo a rischio sè stessi e la convivenza con il mondo degli uomini. La questione, anche se Festa ce la racconta con il talento e la spontaneità del cantastorie, in realtà ha un peso scientifico non indifferente: la reintroduzione di Achille e Ulisse in natura è un vero e proprio "esperimento" scientifico, un caso che - se risolto positivamente - potrà fare da apripista per liberare altri lupi, recuperati e cresciuti dall'uomo.
Accanto a Ulisse e Achille facciamo la conoscenza anche di Wolfy, Ares e Lara, questi ultimi due lupi "ibridi" che per questo non potranno mai tornare liberi: per preservare il patrimonio genetico puro del Canis lupus infatti, ogni esemplare che derivi da un incrocio lupo-cane non deve più essere reimmesso in natura. 
Vi lascio un video di presentazione del libro, dove potrete vedere anche meravigliose riprese dei lupi protagonisti... da giocosi lupetti fino a maestosi esemplari adulti.



Il libro è anche una miniera di informazioni sui lupi e sull'encomiabile lavoro svolto dalle persone che operano nei CRAS; scopriamo inoltre quanto delicati siano gli equilibri tra uomo, animali selvatici e natura, qui nella nostra bella Italia. Il lupo, quell'animale che ci ricorda paure ancestrali e terrori notturni, è invece una creatura a suo modo fragile, bisognosa di protezione, rispetto e conoscenza. Ulisse e Achille riusciranno a riabbracciare la loro dimensione più selvaggia, tornando a vivere nella natura, sempre ad un passo dall'uomo?
Sta a Giuseppe Festa raccontare questa storia, un'avventura affascinante quanto imprevedibile, che lupi e umani dovranno affrontare per raggiungere la meta più ambita, non scontata: ritrovare e conservare la propria anima più selvaggia, il proprio posto nella natura, la propria libertà. E, a sorpresa, pagina dopo pagina, capiamo che è l'impresa più importante non solo per Ulisse, Achille e tutti i lupi ancora in cattività nei CRAS, ma anche per ciascuno di noi.

venerdì 21 dicembre 2018

"Il pastore d'Islanda" di Gunnar Gunnarsson

Un racconto semplice, essenziale, dal sapore di storia autentica o quanto meno molto credibile: Il pastore d'Islanda è una lettura tipicamente invernale e natalizia, dello scrittore islandese Gunnar Gunnarsson, di cui tanto avevo sentito parlare e che quest'anno finalmente sono riuscita a leggere. 
Atmosfere rigidamente invernali, come la stagione che proprio oggi comincia, montagne ghiacciate e aspre tormente di neve sono lo scenario in cui si svolge la particolare missione di cui si fa carico il pastore Benedikt: rintracciare sui monti islandesi le pecore disperse, sfuggite ai raduni autunnali, prima che l'inverno nordico le uccida. Come ogni anno allora, Benedikt si mette in cammino nella prima domenica d'Avvento, convinto di farcela a riportarle a casa, sane e salve, entro Natale. 
L'unica compagnia del pastore è data dal fedele cane Leò e dal montone Roccia: insieme i tre si avviano nella neve, nelle lande solitarie, gelide e inospitali, alla ricerca di pecore da riportare a casa, creature considerate sacrificabili anche dai loro stessi pastori, che non sarebbero mai tornati a cercarle. Ma per Benedikt è invece una missione: non meritavano forse anche loro l'opportunità di salvarsi? Forse valevano meno delle loro compagne che erano state regolarmente radunate in autunno? E inizia il cammino, lo stesso che Benedikt ripete ogni anno da 27 anni... anche se quell'anno, lo sente, sarà particolarmente difficile: lui è vecchio, la stagione avversa, gli imprevisti dietro l'angolo. Eppure ha bisogno di quella solitudine umana e insieme di quella compagnia e solidarietà animale, con Leò e Roccia, così come ha bisogno di dare un senso, con quella missione di recupero, alle settimane che preparano al Natale.


Come va a finire la storia non ve lo rivelo, vi invito piuttosto a tuffarvi in queste pagine piene d'inverno, di solitudine ma anche di fede incrollabile nel fare del proprio meglio, con i propri mezzi. Ormai famoso racconto natalizio, spesso interpretato in chiave prettamente religiosa, devo dire che in realtà a me è parsa una lettura più che altro invernale e di grande bellezza descrittiva, così come è meravigliosa l'empatia uomo-animale che emerge dal rapporto tra Benedikt, Leò e Roccia: "Da anni i tre erano inseparabili quando c'era da fare quella gita, e ormai si conoscevano a fondo, con quella dimestichezza che forse è possibile solo tra specie animali molto diverse, e che nessuna ombra del proprio io o del proprio sangue, nessun desiderio o passione personale può confondere o oscurare".
Vi consiglio davvero di leggere questo breve racconto, apprezzabile durante le prossime festività ma indipendentemente dal vostro credo, perchè pur essendoci riferimenti cristiani, più che una storia religiosa mi sembra convincente l'interpretazione del poeta Matthìas Johannessen: è la narrazione di come gli uomini possono porsi di fronte alla vita, "essere responsabili, cercare la verità e il nocciolo dell'esistenza, tentare di capire il posto che ci spetta".
E con questo, che mi sembra un buon proposito sia per Natale che per ogni giorno e ogni stagione della vita, auguro a voi miei lettori di trascorrere serene festività natalizie! Auguri di vero cuore a tutti voi e ai vostri cari, compresi naturalmente i vostri animali!

martedì 27 novembre 2018

"Cuore di riccio" di Massimo Vacchetta

Sono passati due anni dall'uscita di "25 grammi di felicità", manca di nuovo poco meno di un mese a Natale e io volentieri torno a parlarvi di ricci e del veterinario a cui hanno cambiato la vita, Massimo Vacchetta. Sapevo già che era in cantiere un secondo libro, sempre con l'obiettivo di raccogliere fondi per il suo Centro di Recupero Ricci "La Ninna" e non vedevo l'ora di leggerlo, così appena pubblicato non ho esitato ad acquistarne una copia. "Cuore di riccio" è il titolo accattivante e insospettabilmente allusivo non solo alle tante, piccole e meravigliose creature puntute in difficoltà, a cui Massimo offre ogni possibile cura, ma anche specchio del cuore umano, che talvolta sa essere un po' spinoso, come quello di un riccio, prima di aprirsi al perdono, alla comprensione umana, all'amore.
Se "25 grammi di felicità" mi aveva conquistata perchè raccontava l'avventura coraggiosa di un uomo che decide di cambiare vita, credevo che questo secondo romanzo sarebbe stato un po' ripetitivo nelle situazioni raccontate, nella routine di chi si occupa di salvare e curare ricci in difficoltà, nelle emergenze e nelle soddisfazioni. E invece... Massimo Vacchetta si ripete forse solo nella sua grande sensibilità, nell'emozione che riesce a comunicarci quando ci racconta dei riccetti che salva, nell'onestà con cui ci confessa, paradossalmente, quanto possa essere complicato prenderci cura delle persone care.



"Cuore di riccio" è un romanzo ancora più necessario per Massimo, ancora più del primo, perchè è in queste pagine così speciali che mette a nudo le sue motivazioni e le sue fragilità, come veterinario, come uomo e come figlio. Impossibile non commuoversi leggendo le sue vicende per salvare riccetti, riccini e ricci disabili, in un'eterna lotta contro il tempo, il freddo, l'indifferenza generale, le malattie e la sorte avversa. Impossibile non emozionarsi di fronte alle conquiste e ai piccoli miracoli che sanno compiere questi animali spinosi e discreti, che fanno sempre più fatica a ritagliarsi uno spazio per vivere, nei nostri giardini. Impossibile, infine, non comprendere e partecipare al dolore e alla tenerezza che accompagneranno Massimo negli ultimi mesi a fianco della sua mamma, la sua adorata Franchina. 
Se "25 grammi di felicità" è un bellissimo libro sulla passione di un veterinario per la sua vera vocazione, sull'entusiasmo e sulle difficoltà di lanciarsi in una nuova avventura professionale, infine un inno alla libertà come più alta forma d'amore... questo "Cuore di riccio" è il racconto di un bravo veterinario, innamorato del suo lavoro e delle creature che sa di poter salvare, anche in un momento umanamente difficile della sua vita personale, dovendo affrontare la malattia e la morte della madre. 
Una bella citazione di Mark Rowlands, dedicata al suo lupo Brenin, recita così: "Il modo più importante di ricordare qualcuno è essere la persona che quel qualcuno ci ha reso, almeno in parte, e vivere la vita che quel qualcuno ha contribuito a plasmare. A volte il qualcuno in questione non è degno di essere ricordato. (...) Ma quando è degno di essere ricordato, allora essere la persona che lui ha contribuito a formare e vivere la vita che lui ha contribuito a modellare, non sono solo il modo in cui lo ricordiamo: sono il modo in cui lo onoriamo".
Leggere e regalare "Cuore di riccio" sarà un bel dono di Natale, per chi lo riceverà e anche per Massimo, che potrà meglio occuparsi delle mille emergenze al suo Centro di Recupero Ricci. E, sono sicura, sarà un bel regalo anche per mamma Franchina, che tutti noi affezionati lettori abbiamo imparato a conoscere e ricorderemo insieme a Massimo, che nel suo impegno quotidiano ne onora ogni giorno la memoria.

mercoledì 21 novembre 2018

"Il canto degli alberi" di Hermann Hesse

Per celebrare l'odierna giornata nazionale degli alberi, quest'anno vi propongo un libro prezioso, uno di quelli da leggere, conservare gelosamente nella libreria e rileggere ogni tanto, al cambio delle stagioni, quelle naturali e soprattutto quelle della nostra vita. Si tratta di "Il canto degli alberi", di Hermann Hesse, un autore che naturalmente conoscevo già di fama, ma del quale non avevo ancora letto nulla, prima di questa splendida raccolta di scritti. Poesie, prose e racconti dedicati agli alberi che lo scrittore incontra e ammira nel corso della sua vita, riflessioni profonde e filosofiche che si intrecciano ad eventi biografici, seguendo il ritmo naturale delle quattro stagioni. 



In compagnia di faggi, castagni, peschi, betulle, tigli, respiriamo l'aria dolce e profumata della primavera, quella colma di caldo e afa dell'estate, la frizzante brezza autunnale e la coltre grigia e gelida dell'inverno. Quattro stagioni nelle quali gli alberi, protagonisti indiscussi, si fanno ammirare e ascoltare da Hesse, che trascrive nero su bianco, tra suggestioni in poesia e più concrete riflessioni in prosa, tutte le più importanti lezioni esistenziali degli alberi. 
Giganti silenziosi e maestosi, piccoli e tenaci arbusti, sempreverdi, dalle foglie caduche... ogni albero è una creatura vivente e manifesta una propria volontà, a suo modo: nel resistere al vento e al gelo invernali, nelle coraggiose fioriture che anticipano l'arrivo della primavera, nel lussureggiante verdeggiare dell'estate, nel lasciar cadere, una ad una, le sue foglie, per abbandonarsi al riposo autunnale, una morte spesso temporanea, talvolta definitiva. 
Una raccolta stagionale sulla vita degli alberi ma anche su quella umana, una lettura da gustare con calma, poco alla volta, per riflettere bene su quello che Hesse ha saputo comprendere dagli alberi che ha incontrato. Un libro per andare a nostra volta ad ascoltare il canto degli alberi che ci circondano, perchè  "(...) chi li sa ascoltare, conosce la verità. Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita. Gli alberi hanno pensieri duraturi, di lungo respiro, tranquilli, come hanno una vita più lunga della nostra. Sono più saggi di noi, finché non li ascoltiamo" (Il canto degli alberi, Hermann Hesse).

venerdì 19 ottobre 2018

"La mia famiglia e altri animali" di Gerald Durrell

"Questa è la storia dei cinque anni che ho trascorso con la mia famiglia nell'isola greca di Corfù. In origine doveva essere un racconto blandamente nostalgico della storia nautrale dell'isola, ma ho commesso il grave errore di infilare la mia famiglia nel primo capitolo del libro. Non appena is sono trovati sulla pagina, non ne hanno più voluto sapere di levarsi di torno, e hanno persino invitato vari amici a dividere i capitoli con loro": inizia così, già con inconfondibile umorismo, il più famoso dei libri del naturalista e zoologo britannico Gerald Durrell. 
"La mia famiglia e altri animali" è il romanzo che mi ha tenuto compagnia dalle ultime, pigre settimane vacanziere d'estate, fino a questi recenti pomeriggi d'autunno ormai inoltrato. L'ho centellinato, assaporandomi i suoi capitoli al meglio e senza la fretta di concluderlo, nè di seguire una trama precisa, che non c'è: semplicemente è il racconto autobiografico delle esperienze a Corfù di Gerry (Durrell stesso, da ragazzino), approdato sull'isola insieme alla madre e ai tre fratelli.
Ci si perde così volentieri tra le sue pagine, in un variopinto, allegro e originalissimo miscuglio di vicende famigliari esilaranti e splendide descrizioni naturalistiche, talmente vivide da trasportarti nell'autentica natura di Corfù, con i suoi pomeriggi assolati, i suoi sapori e profumi tutti mediterranei, le notti chiare e suggestive, la flora e la fauna ricche come in un vero paradiso terrestre.


Le esperienze affascinanti e indimenticabili da "piccolo naturalista" che Gerry vive e racconta, hanno già tutta la serietà professionale e l'incontenibile entusiasmo di chi ha trovato la propria vocazione (ed infatti, è ciò che Durrell è diventato anche da adulto), tra disparate creature selvatiche e domestiche, mentre una serie di improbabili personaggi entrano ed escono da casa Durrell. Sullo fondo ben caratteristico di Corfù (che mi è venuta voglia di visitare), le vicissitudini zoologiche di Gerry si intrecciano, si alternano, si scambiano con episodi di vita famigliare irresistibilmente umoristici, mai forzati. E così la tartaruga Achille, la mantide Cerfoglio, il geco Geronimo e tutta la variegata fauna dell'isola, diventano personaggi unici e indimenticabili al pari dei tre stravaganti fratelli Larry, Leslie e Margo.
Capace di strappare sorrisi genuini grazie ad una verve inconfondibile, ma anche di mozzare il fiato con descrizioni di paesaggi, atmosfere e miracoli naturali, con uno stile di scrittura davvero d'impatto, è un libro che consiglio proprio a tutti... e in ogni stagione: se letto d'estate, vi farà sembrare incantata e appassionante anche una lotta tra formichine sul muro, se letto d'inverno, vi darà modo di fuggire dal freddo grigiore, andando a visitare la coloratissima e imprevedibile Corfù, in un'avventura tanto più bella quanto più, lo si comprende bene, autenticamente vissuta.

venerdì 24 agosto 2018

"Il Grande Miao. Autobiografia di un gatto" di Paul Gallico

Bello, bello, bello! È proprio vero che un classico è un libro che non ha mai finito di dire quel che ha da dire. “Il Grande Miao”, pubblicato originariamente negli Stati Uniti nel 1964 ha più di 50 anni, ma se li porta alla grande. Alla lettura risulta attualissimo, oserei dire senza tempo, lo stile è brillante e, nonostante l'impostazione ironica e frizzante, di sostanza ne ha moltissima, più di tante, troppe pubblicazioni insipide e ripetitive sui gatti, che oggi spopolano sugli scaffali delle librerie.
Scritto "di sua zampa" da un'arguta gattina americana (della quale Gallico si presenta come il traduttore), si tratta di un divertentissimo manuale per gatti e gattini che vogliano inserirsi in una famiglia, imparando ad ottenere il meglio possibile da noi bipedi, mettendo in atto una serie di astuzie e trucchetti mica male, per "addestrarci" a dovere.
Leggero e irriverente, "Il Grande Miao" è una sorta di compendio dove si analizzano quasi tutte le situazioni classiche che si trovano a vivere gatti e uomini nel corso della loro convivenza in famiglia: il possesso di una poltrona, le pose da assumere per suscitare tenerezza e stupore, le preferenze rispetto al cibo, la tolleranza alle coccole, l'abilità nell'inserirsi e interrompere le molteplici attività umane, per catturare l'attenzione o conquistarsi i nostri favori.



A mio parere il valore di questo romanzo è duplice: da un lato si legge tutto d'un fiato, divertendosi un mondo e trovandosi a pensare spesso "È proprio vero, anche il mio gatto fa esattamente così con me!". D'altro canto, le tante situazioni descritte - sempre con impagabili verve e umorismo - sono in realtà frutto di una sapiente osservazione e di un'accurata conoscenza dell'etologia del gatto... e dell'uomo!
E per chi pensasse che i gatti di famiglia non sono poi le creature così sarcastiche e conquistatrici dipinte nel libro, beh in effetti... c'è anche il capitolo dedicato all'amore per i propri umani, che non si può spiegare in nessun modo, ma se c'è... si sente. E neppure il più indipendente, scaltro, testardo e altezzoso felino può evitare di innamorarsi a sua volta della sua famiglia, se amato e benvoluto.
Davvero una lettura da non perdere, che si distingue nell'ormai sterminato panorama della letteratura da gattofili per originalità, qualità e presenza di spirito. Consigliatissimo!

lunedì 30 luglio 2018

"L'evoluzione di Calpurnia" di Jacqueline Kelly

È la caldissima estate del 1899, nel Texas. I sette figli della famiglia Tate, che ha fatto la sua fortuna grazie ai campi di cotone e agli alberi di noci pecan, sopravvivono come possono alle torride temperature e alle giornate insopportabilmente afose, dividendosi tra giochi infantili e incombenze più o meno imposte dai genitori. Siamo nell'epoca in cui Darwin e le sue scoperte venivano ancora considerate teorie azzardate, solo i ragazzi avevano accesso agli studi più "scientifici" (se così si poteva dire), mentre le ragazze, per non dire le bambine, venivano precocemente ed esclusivamente addestrate a diventare delle buone mogli: nastri nei capelli, lezioni di piano, di cucina e di cucito. Calpurnia Virginia Tate, unica figlia undicenne della famiglia, è nell'età di passaggio tra l'infanzia e l'adolescenza, un'età critica come critico è l'anno che si ritrova a vivere, a cavallo tra due secoli e due mondi completamente inconciliabili: il lento e rigido diciannovesimo secolo contro il rivoluzionario ventesimo. Il cambiamento è già nell'aria, ma solo poche persone dotate di una certa sensibilità sembrano accorgersene, come il nonno Tate, il patriarca della famiglia che - dopo una vita di lavoro - si è ritirato dalla vita sociale e preferisce dedicarsi allo studio della natura, tra escursioni sul campo, letture nella propria biblioteca e bizzarri esperimenti nel suo "laboratorio". Per Calpurnia il futuro è già scritto: buone maniere, governo della casa e un debutto in società non appena avrà l'età giusta, per sposarsi e avere una famiglia sua. Ma in quell'estate del 1899 è ancora abbastanza bambina da avere la libertà di seguire le proprie inclinazioni, la propria insaziabile curiosità e un'intelligenza da ricercatrice.



Allora Calpurnia si entusiasma alla caccia notturna delle lucciole, all'osservazione delle cavallette, all'allevamento di bruchi di farfalle, ai bagni clandestini nei fiumi della campagna texana... e si avvicina al nonno, quel vecchio in apparenza tanto burbero e strampalato di cui tutti i nipoti hanno un po' di paura, ma che sarà l'unico a spalancarle gli occhi sulla bellezza del mondo che la circonda. Calpurnia è una ragazzina intraprendente, ironica, dall'intelligenza brillante e dall'animo gentile, che non riesce a rassegnarsi alla vita che è già stata pianificata per lei. Cosa c'è di così sbagliato e innaturale, per una donna, nell'appassionarsi alla scienza? Perchè gli scienziati sono tutti uomini? Perchè tutte le altre ragazzine sembrano essere felici di imparare a lavorare a ferri e all'uncinetto, mentre lei è così imbranata e annoiata? Sta sbagliando lei a desiderare tutt'altro per la sua vita, e perchè i suoi genitori sembrano non accettarla così com'è? Perchè, invece, solo il nonno la capisce e la apprezza le sue intuizioni nelle loro escursioni in natura?
È proprio nel corso di queste escursioni che Calpurnia e il nonno osservano una pianta selvatica dalle caratteristiche apparentemente peculiari e mai classificate prima. Il nonno allora coinvolge Calpurnia nell'entusiasmante tentativo di farla classificare come nuova specie dalla comunità scientifica, una vera e propria impresa per una giovanissima e un più anziano naturalista!
La risposta in merito alla pianta arriva giusto giusto al finire del secolo, lasciando a Calpurnia la soddisfazione e al contempo il tormento per una passione a cui non sa se potrà dedicare la propria vita. Ma il 1 gennaio 1900 si apre con una rarissima nevicata sulla campagna texana: forse tutto è possibile, anche per una donna diventare una scienziata, nonostante la contrarietà della famiglia e tutta una società ancora profondamente maschilista.
"L'evoluzione di Calpurnia" è un romanzo splendido, che si divora con gusto e piacere, pieno di ironia ma anche di temi forti che hanno riguardato la nostra società ed educazione di non molto tempo fa, e forse ci riguardano ancora. Ve lo consiglio spassionatamente, una lettura ricca di amore per la natura ma anche un'ode all'anticonformismo e al realizzare le proprie passioni, perchè solo seguire le nostre inclinazioni ci rende autenticamente noi stessi, nonostante tutto il mondo ci osservi come fossimo bestie rare. E, dopo aver letto questo straordinario romanzo, mi sento un po' meno sola ad appassionarmi ancora e sempre a bruchi, insetti e altre varie amenità entomologiche, sentendomi invece un pesce fuor d'acqua tra aperitivi, social, selfie e smalti semipermanenti. 
Calpurnia, sei tutti noi! O per lo meno, sei proprio come me.