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lunedì 21 settembre 2020

La frase del giorno: Jacques Prevert

Lasciate entrare il cane coperto di fango: si può lavare il cane e si può lavare il fango. Ma quelli che non amano né il cane, né il fango, quelli no, non si possono lavare.

Jacques Prevert


Una frase celeberrima con una foto del vivacissimo Archibald, di cui avete letto la storia in questo post. Si avvicina il tempo dei saluti e avrei voluto avere modo di curare meglio il blog in quest'ultimo mese... ma una serie di problemi mi sta tenendo piuttosto impegnata, mentalmente e concretamente. Intanto mio figlio Stefano cresce che è un piacere e, per tornare alla citazione di Prevert, sicuramente gli insegnerò a simpatizzare per i cani e il fango, due cose dalle quali i bambini di solito sono naturalmente attratti, guarda caso. Invece spero diffiderà da chi non ama gli animali, così come pure il fango... e anche tutte le occasioni che ci riportano in contatto con la natura o anche solo con la nostra parte più spontanea e, perchè no, un po' selvaggia. Chi disprezza, sminuisce, allontana, rifiuta tutto ciò, a mio parere dimostra un'infelice povertà d'animo.
Oggi sono davvero di corsa, passo solo per lasciarvi questo saluto e questi brevi pensieri... ai prossimi, ultimi ma sentiti post! Buona settimana a tutti!

mercoledì 19 agosto 2020

La frase del giorno: Ursula Andress

Mi prendo cura dei miei fiori e dei miei gatti.
E mi godo del buon cibo. Questo è vivere.

Ursula Andress 
 

 
Oggi la mia amata micia Paciocca compie la bellezza di 12 anni! E' un bellissimo traguardo e se mi guardo indietro, sono davvero così felice di averla avuta accanto in quest'ultima dozzina di anni... su questo blog avete seguito la nostra vita insieme e ho già avuto modo di raccontarvi la sua storia. Spero davvero con tutto il cuore che possa essere la nostra micia di famiglia ancora per tanti anni e accompagnarci con la sua presenza discreta ma inconfondibile; mi piacerebbe che anche mio figlio Stefano avesse modo di diventare suo amico e, un giorno, poterla ricordare con affetto. 




 
Non posso negare che da quando mi sono sposata andando ad abitare nella casa accanto (e lei è rimasta, per sua scelta, nell'abitazione dei miei genitori) e soprattutto da quando ho un neonato di cui prendermi cura, purtroppo passiamo molto meno tempo insieme... ma confido di poter recuperare via via, con il passare dei mesi e il crescere dell'autonomia di mio figlio.
 

 

 


Oggi accompagno questa frase emblematica ad alcune foto "rubate" in giardino qualche giorno fa... anche questo ormai per me è rarissimo, riuscire a prendermi il tempo di qualche scatto. Giretti in giardino e in campagna ne faccio sempre e spesso, ma avendo quasi sempre con me Stefano, il cellulare o la macchina fotografica proprio non riesco a gestirli in contemporanea! E devo dirvi anche che la stessa Paciocca preferisce condividere con me le mie "escursioni" in giardino senza sentirsi fotografata... non so cosa pensino esattamente i gatti delle fotografie, ma a me è ssmpre parso che lo intendessero come una seccante perdita di tempo. Vi dirò di più: la mia gatta sembra capire bene che, se sono concentrata nel farle le foto, automaticamente significa che non mi sto dedicando davvero a lei... e allora assume un'espressione tra il rassegnato, il paziente e il dispiaciuto, come se fosse a disagio. 
 





Oggi comunque ho scelto questa frase non solo per festeggiare il compleanno di Paciocca, ma anche per celebrare la bellezza e la bontà della vita nelle cose più semplici e alla portata di tutti... l'affetto di un animale domestico, prendersi cura di un giardino, godersi ottimo cibo. Ursula Andress ha fatto proprio centro: questo è vivere!

mercoledì 20 maggio 2020

"La meravigliosa vita delle api" di Gianumberto Accinelli

Buongiorno amici! In occasione dell'odierna "World Bee Day", giornata mondiale dedicata alle api e istituita dall'ONU ormai da alcuni anni, vi presento una lettura in tema: La meravigliosa vita delle api. Amore, lavoro e altri interessi di una società in fiore del sempre a me caro Gianumberto Accinelli. 
Diversamente da altre pubblicazioni che fanno soprattutto il punto sull'emergenza del declino delle popolazioni di api in tutto il mondo, minacciate a morte da inquinamento, cambiamenti climatici, malattie, perdita di habitat naturali sufficientemente accoglienti e un uso spropositato dei prodotti chimici in agricoltura, questo libro di Accinelli è piuttosto un viaggio affascinante sulle caratteristiche speciali e la vita delle api, quelle che ancora sono rimaste almeno. E quante scoperte meravigliose e inconsuete!



L'ape è l'insetto impollinatore per antonomasia, ma sapevate ad esempio che è anche estremamente metodico e molto più efficiente di altri impollinatori come farfalle e mosche? Sì, perchè l'ape bottinatrice, quando esce di buon mattino alla ricerca di nettare, arrivata in un prato fiorito sceglie a inizio giornata un tipo specifico di fiore dal quale rifornirsi, e continuerà per tutto quel giorno a visitare solo quei fiori, garantendo così il massimo successo dell'azione impollinatrice per quella specie floreale. Il giorno dopo la storia ricomincia: la bottinatrice sceglierà magari un altro tipo di fiore e vi resterà "fedele" fino al concludersi del suo "turno di lavoro". 
Un'altra curiosità che mi ha colpita molto è la seguente: mai avvicinarsi a un alveare se si sta mangiando una banana matura, perchè questo scatenerà le ire delle api che vi attaccheranno con ferocia e, soprattutto, in massa. Il problema sta nel fatto che l'odore di banana matura assomiglia a quello dell' "isopentyl acetato", la sostanza lasciata dall'ape insieme al pungiglione quando ci punge. E' una sorta di segnale odoroso per dire: "Attenzione! Qui ho dovuto attaccare, questo è un invasore! Se non se ne va, attaccare ancora!". L'odore di banana farà credere quindi alle api che sia avvenuto un attacco e ci sia bisogno di intervenire in massa contro l'invasore che non fugge ma anzi, resta inconsapevolmente fermo a sbocconcellare il frutto maturo.

Un'ape vola verso i fiori del pesco

Naturalmente molto del libro è dedicato alla straordinaria intelligenza, individuale ma soprattutto sociale, delle api: insetti ligi al proprio dovere e ben inquadrati nella loro società dell'alveare. Scopriamo quindi vita morte e miracoli di questi imenotteri, dai loro riti (cruenti) di accoppiamento alla loro giornata lavorativa, dal loro sofisticato modo di comunicare alle loro incredibili abilità ingegneristiche e matematiche. 
Anche per questo l'ape, oltre che per il suo fondamentale ruolo di impollinatore (un'enorme percentuale del cibo che mangiamo lo dobbiamo all'azione degli impollinatori spontanei), è stata impiegata anche in altri campi diversi dall'agricoltura: ad esempio, come "segugio" da mina antiuomo. Con uno specifico addestramento (si miscelano acqua e zucchero all'odore dell'esplosivo, per far sì che gli insetti siano sensibili ad esso), alcune api esploratrici infatti sono in grado di individuare una mina sotterrata, posandosi sul terreno senza far detonare la bomba (l'ape pesa troppo poco!). Con un sistema d'addestramento analogo, le api  possono venire impiegate anche in medicina, per la ricerca dei tumori, o negli aereoporti per individuare traffici illegali di droga. Insomma, veri e propri segugi!
Il libro si chiude comunque con il problema serissimo dello spopolamento degli alveari, di cui abbiamo preso coscienza circa 13 anni fa: "Nel 2007 la popolazione di api in Europa è stata decimata di una quota che varia dal 30% al 50%. (...) In America (...) le perdite di alveari hanno raggiunto, in alcune zone, il record del 70% sul totale. In Italia, sono 200.000 le arnie che, ogni anno, cessano il loro allegro ronzio diventando delle gelide e silenziose lapidi che costellano il territorio nazionale alla stregua di un gigantesco cimitero" (G. Accinelli, "La meravigliosa vita delle api",  p. 122). 

Foto di Eigene Aufnahme su Wikipedia.

Uno scenario desolante e drammatico, da tutti i punti di vista. Cosa si può fare per arginare il fenomeno e dare una chance di sopravvivenza alle api? 
Anzitutto in agricoltura si devono eliminare i neonicotenoidi e gli insetticidi di sintesi, dando ampio spazio alla lotta biologica. Si dovrebbe inoltre ripensare completamente il sistema delle monocolture intensive, tornando a preferire (o almeno dando modo di conservare) un paesaggio agricolo ricco di siepi, alberi e vegetazione che possano fungere da "corridoi ecologici" anche per le api.  Ma è auspicabile pure ricreare piccole oasi sicure per questi impollinatori nel nostro privato, in campagna, in periferia e in città, andando a piantumare fiori spontanei ricchi di nettare ovunque possibile: aiuole, balconi fioriti, cortili, giardini e parchi. Ecco una lista utile di piante che attirano particolarmente le api:

La lista è tratta dal libro di Accinelli, le foto (facelia, borragine, cosmea) sono tutte su Wikipedia.

Quello delle "oasi" per insetti utili è un progetto che Eugea promuove da anni e che vi invito a visitare, per prendere parte voi stessi a questa piccola, grande rivoluzione... un segnale concreto e non solo "ideale", nella giornata dedicata alle api.

lunedì 11 maggio 2020

"L'insostenibile tenerezza del gatto" di Sonia Campa

Ho avuto modo di conoscere Sonia Campa, etologa, diversi anni fa, ad una conferenza sul comportamento dei gatti e sul corretto modo di relazionarsi ad essi. Mai banale nel suo approccio, profonda conoscitrice dell'animo del nostro felino domestico, attenta osservatrice delle tendenze "antropomorfizzanti" che influenzano il nostro rapporto con gli animali... ha subito guadagnato la mia ammirazione e stima. Così, quando è uscito questo libro non potevo davvero farmelo sfuggire, pregustandomi una lettura di valore. Ebbene, le mie aspettative sono state ripagate al 100% e, nonostante per titolo e casa editrice l'opera possa in effetti confondersi tra mille altre (ormai l'editoria dedicata ai gatti è sovrabbondante, pena spesso la qualità delle singole pubblicazioni), la sostanza che racchiude è tutta un'altra cosa.



Non aspettatevi un manuale generico sui gatti, nè un saggio unicamente di etologia felina... è una riflessione di ampio respiro, che prende spunto dalle esperienze personali dell'autrice ma le approfondisce su basi scientifiche grazie alla sua formazione, a proposito del temperamento del gatto, di come si è evoluta la nostra relazione con lui, andando a tracciare una sorta di "bilancio" di quanto è stato perso e quanto guadagnato. 
Ma è anche una critica alla nostra società del terzo millennio, alle molte pecche del nostro mondo, evidenziando il rischio di perdere di vista l'anima e le necessità autentiche degli animali con cui condividiamo il pianeta: cani e gatti in primis, ma anche gli animali "da reddito" (mucche, galline, ecc.), fino ai selvatici (che spesso non consideriamo neppure). 
Ad esempio, scrive Sonia: "C'è qualcosa di drammaticamente condiviso tra gli animali stabulati in freddi capannoni industriali a produrre uova e latte, deprivati dell'esistenza e, quindi, della loro identità, e migliaia di piccoli umani assembrati nelle loro automobili bloccate nel traffico impazzito di città di cemento, per cercare di raggiungere i loro mini-appartamenti in enormi condomini della più economica periferia, dopo dieci ore di lavoro dedicate freneticamente a raggiungere degli obiettivi che, spesso, non appartengono neanche a loro" (S. Campa, L'insostenibile leggerezza del gatto, p. 50).
Oltre a ciò, troviamo anche consigli utilissimi - forniti su solide basi etologiche - per comprendere, conoscere e rispettare le esigenze più peculiari del nostro amato micio. Ad esempio, ci fa riflettere sul fatto che "per i gatti il pasto è un momento tutt'altro che comunitario, la consumazione è un rito solitario e le condizioni di stretta prossimità allestite in casa spesso portano i gatti a competere più o meno esplicitamente e a vivere il momento del pasto con ansia e tensione" (p. 72). 
O ancora, tutti noi tendiamo ad apprezzare e ricercare gatti coccoloni, socievoli e amanti del contatto fisico, eppure quest'approccio così "corporeo" non sempre è in linea con il temperamento più riservato dei felini: "Per il micio di famiglia (...) è già un gesto di enorme affettuosità (...) raggiungerci sul tavolo e sonnecchiare a mezzo metro da noi mentre siamo intenti a lavorare; affetto è la leccatina fugace che ci danno sulle dita e, persino, quella coda che ci sfiora appena mentre, apparentemente distratti e lontani, ci passano accanto (...). I gesti di affiliazione dei gatti non sono eclatanti (...) sono sottili, piccoli segnali, discreti come lo è il loro andare per il mondo, fatto di distanze accorciate, di sguardi ricambiati e di tempo trascorso vicini, anche senza far niente ma semplicemente condividendo l'atmosfera" (p. 189).  Poi certo, ci sono gatti amantissimi delle coccole anche molto irruenti, ma dobbiamo sempre ricordarci di non fare di tutta l'erba un fascio e soprattutto di interpretare correttamente i segnali che ci dà il micio in questione: apprezza davvero, oppure è solo estremamente mite e tollerante rispetto a un contatto fisico per lui non necessariamente indispensabile?


Paciocca non mi perde mai di vista e mi segue dappertutto, non tollera di essere esclusa dalle nostre attività, eppure non viene mai in braccio e richiede le coccole in quantità molto modesta. Me ne sono fatta una ragione... e la amo così com'è, apprezzando i segnali d'affetto che mi dimostra, come una bella coda alzata per salutarmi!

Insomma, un libro capace di scavare a fondo, con competenza e spirito critico, nella personalità e nei bisogni comportamentali dei gatti che, oggi sempre più, vengono travisati e svalutati. Mi è piaciuta molto, tra le altre, la riflessione sul fatto che - spesso - si tenda ad adottare un gatto invece di un cane, perchè considerato "meno impegnativo": "Questa falsa credenza deriva dal ritenere questo un animale con poche pretese: non va portato fuori ogni santo giorno per la sua consueta passeggiata, può rimanere solo in casa senza fare danni e senza disturbare il vicinato (...) è autopulente (...) non richiede attenzioni continue (anzi, se ne sta anche parecchio per i fatti suoi) e si adatta a vivere anche in piccoli spazi. (...) Paradossalmente, oggi si è arrivati a credere che solo chi ha un giardino dovrebbe adottare un cane, mentre il gatto sta bene solo se tenuto in casa" (pp. 74-75). Cosa, questa, davvero snaturante nei confronti di un predatore ed esploratore quale è il gatto, che anzi avrebbe un bisogno vitale di poter accedere in sicurezza e libertà a un ambiente dove cacciare, esplorare, sorvegliare e marcare il suo territorio. 
Che altro dirvi? Le considerazioni sarebbero ancora tante ma non vorrei neppure togliervi il piacere della lettura di questo bellissimo saggio, che vi consiglio spassionatamente come una delle pubblicazioni più valide degli ultimi anni sul tema "gatti". E altrettanto vi suggerisco di visitare il portale di Sonia Campa Pet Ethology ma anche il suo blog "La soglia di Morgan", sul quale potete leggere anche diversi articoli - tutti altrettanto interessanti - sempre sul comportamento dei gatti.

lunedì 17 febbraio 2020

La frase del giorno: Sonia Campa

I gatti rappresentano dei ponti eccezionali per affacciarsi ai temi dell'ambiente, dell'ecologia, della psicologia e dell'etica che riguardano la relazione dell'uomo con gli animali non-umani e persino con sé stesso. (...) Il gatto riesce a immergerci in un mare di contatto autentico, primitivo con la natura, pur continuando a cullarci, a trasmetterci attraverso le sue fusa e le sue lusinghe lascive il senso di calore, di affetto, di dolcezza legata al sentimento e alla casa. Il gatto riesce a mettere in comunicazione il mondo dell'uomo di oggi con il resto del sistema dei viventi, aderendo a certe coordinate affettive umane ma, nello stesso tempo, negando l'idea di possesso e di controllo per spingerci verso logiche più ecosistemiche, all'interno delle quali (...) ci sentiamo parte di un disegno complessivo più ampio.
Sonia Campa

Paciocca in giardino

In occasione della "festa del gatto", quest'oggi ho scelto questa bella citazione per rimarcare il valore aggiunto del nostro micio e del rapporto che abbiamo (o potremmo avere) con lui. Spesso tendiamo solo a dargli importanza in quanto amabile, curioso e socievole animale domestico, talvolta addirittura ci dimentichiamo di quanto potenziale "selvatico" abbia ancora e dovrebbe poter esprimere... perchè la possibilità per il nostro gatto di esperire un legame con la natura arricchirebbe tanto lui quanto noi, osservandolo ed eventualmente accompagnandolo in questa dimensione da cui siamo sempre più lontani. 
Tante volte ho riflettuto sul fatto che Paciocca è estremamente fortunata: non solo ha una casa con tutti i confort a disposizione, ma può tutti i giorni uscire liberamente in un ampissimo giardino, dove arrampicarsi, cacciare, esplorare, marcare il suo territorio e sorvergliarlo dai "suoi" posti preferiti. E altrettanto mi sono resa conto di quanto fortunata sia io, a poterla accompagnare nelle sue perlustrazioni, che mi hanno dato spesso occasioni preziose per aprire gli occhi sulla natura che ci circondava: e così ho scoperto funghi, fiori ed insetti, sono diventata testimone della lotta per la sopravvivenza tra piante e parassiti, ho raccolto gusci di uova di uccelli selvatici ormai involati... e quanto altro ancora! Credo fermamente che una parte della mia attenzione, empatia e interesse per l'ecologia, l'ambiente e la natura, sia stata stimolata proprio dalla convivenza con i miei gatti... così importanti per me, seppur così diversi da me: questa è stata una miccia che ha acceso la mia curiosità e sensibilità per anche il resto del mondo vivente.
E così è proprio vero che il gatto, tra i mille pregi che già ha e che oggi festeggiamo come uno dei più amati tra gli animali domestici, riesce in un qualche modo anche a metterci in comunicazione non solo con lui stesso, ma anche con il resto della natura, dandoci modo di sentirci parte di un unico, meraviglioso ecosistema. O per lo meno, questo sarebbe l'ideale rapporto da ricercare con il nostro gatto, oltre le coccole, le fusa, il piacere che proviamo nel prenderci cura di lui.
Troppo spesso, in questi ultimi decenni, ho avuto l'impressione che il nostro rapporto con gli animali "da compagnia" (forse addirittura più nel caso del gatto che del cane, con il quale siamo in un qualche modo "obbligati" a ritrovarci all'aperto per le passeggiate) stia diventando sempre più "snaturato", nel senso che lo esperiamo semplicemente tra le quattro mura domestiche, dove il micio riesce a manifestare pienamente solo una parte dei suoi istinti e della sua "vera anima". E questo impoverisce il felino ma parimenti l'uomo, che si riduce a considerare l'animale solo come una propria "propaggine", dimenticando la grandezza e la meravigliosità della natura all'esterno.
Certo mi rendo conto che la possibilità di fare uscire all'aperto il proprio gatto non è per tutti, eppure allora mi viene da dire che - in ogni caso - dovremmo cogliere al volo l'occasione del rapporto con lui, con un animale non-umano, con il quale comunichiamo in modi e maniere non certo principalmente verbali, dovrebbe darci la spinta per aprirci alla natura tutta, alle creature viventi che ci circondano e all'ecosistema che andiamo ad occupare... perchè il nostro gatto, se potesse, ce lo dimostrerebbe in maniera mirabile, che tutto è connesso e che, per quanto si possano amare i confort casalinghi, esiste anche una dimensione di libera naturalità da cui discendiamo e che non possiamo rinnegare. 
Sarebbe bello che questa "festa del gatto", oltre che i video simpatici su youtube e facebook, diventasse anche l'occasione per ricordarci questa "potenzialità ecosistemica" del nostro micio: uno dei doni più preziosi che potrebbe farci, oltre al suo amore che già sperimentiamo ogni giorno.

mercoledì 5 febbraio 2020

"Ranocchi sulla luna (e altri animali)" di Primo Levi

Una raccolta di racconti estremamente originali, che ci rivela un lato sconosciuto di Primo Levi: non fu solo il chimico italiano passato alla storia per essere uno dei più importanti testimoni della Shoah, ma anche un vero e proprio scienziato curioso del mondo, un intellettuale a tutto tondo capace di sintetizzare scienza e temi morali in un'unica opera. Questo "Ranocchi sulla luna" ne è l'esempio perfetto: una raccolta di storie suggestive, che fanno perno su animali veri, o mitologici, che diventano il pretesto per parlare anche dell'uomo, o per fare da specchio all'umanità.



Le tinte che colorano questi racconti sono varie, mai troppo scanzonate. Talvolta si respira l'atmosfera spiazzante de "La metamorfosi" kafkiana, talvolta sembra di leggere un mito classico, alcuni racconti strizzano l'occhio addirittura alla fantascienza e alla letteratura orrorifica, altre storie ci mostrano - dallo sguardo animale, senza alcuna forzatura antropocentrica - tutta la capacità distruttrice dell'essere umano. Paradossi e fantasia, ma anche studio della natura realistica e delle sue strategie di sopravvivenza tra gli animali: non è un libro leggero, bensì una raccolta capace di far riflettere e aprire nuovi mondi nell'immaginazione del lettore, soprattutto oggi che vi è una sempre maggiore sensibilità rispetto agli animali. Se siete alla ricerca di un libro originale e denso di contenuti, ve lo consiglio spassionatamente!
Non trovo parole migliori per concludere questa breve recensione che quelle dello stesso Primo Levi: "Se potessi, mi riempirei la casa di tutti gli animali possibili. Farei ogni sforzo non solo per osservarli, ma anche per entrare in comunicazione con loro. Non farei questo in vista di un traguardo scientifico (non ne ho la cultura né la preparazione), ma per simpatia e perché sono sicuro che ne trarrei uno straordinario arricchimento spirituale e una compiuta visione del mondo...".
E tutti noi amanti degli animali non possiamo che confermare.

mercoledì 1 gennaio 2020

La frase del giorno: Neil Gaiman

Spero che in questo nuovo anno voi facciate errori. Perché se state facendo errori, allora state facendo cose nuove, provando cose nuove, imparando, vivendo, spingendo voi stessi, cambiando voi stessi, cambiando il mondo. State facendo cose che non avete mai fatto prima e, ancora più importante, state facendo qualcosa. Questo è il mio augurio per voi e per tutti noi e il mio augurio per me stesso. Fate nuovi errori. Fate gloriosi, stupefacenti errori. Fate errori che nessuno ha fatto prima. Non congelatevi, non fermatevi, non preoccupatevi che non sia “abbastanza buono” o che non sia perfetto, qualunque cosa sia: arte o amore o lavoro o famiglia o vita. 
Qualunque cosa abbiate paura di fare, fatela. 
Fate i vostri errori, il prossimo anno e per sempre. 

Neil Gaiman

BUON 2020, A TUTTI VOI! 

domenica 15 dicembre 2019

"La volpe alla mangiatoia" di Pamela Lyndon Travers

Oggi vi propongo un breve e piacevole racconto natalizio, firmato dalla penna di Pamela Lyndon Travers che - per chi non la conoscesse - fu l'autrice di Mary Poppins
Il racconto è ambientato nel secondo dopoguerra londinese: durante la messa di Natale nella cattedrale di Saint Paul, a cospetto di una folla adulta desiderosa di tornare a dedicarsi alla vita in tempo di pace,  ci sono tre bambini irrequieti e un po' burloni. Non seguono la cerimonia, parlottano a mezza voce interrogandosi sulle grandi questioni dell'infanzia: cosa si vorrebbe ricevere in regalo; cosa potrebbe fare Dio per accontentarli; se sia giusto lasciare i propri giocattoli usati in dono ai bambini più poveri...
Ad un certo punto la messa termina, la folla si disperde al suono delle campane, che finalmente suonano di nuovo a festa, e davanti al presepe con i classici bue, asinello e pecore, il filo del discorso porta i tre bambini ad una domanda che sembra altrettanto fondamentale: "Perchè nel presepe non c'erano animali selvaggi? Non avevano niente da regalare, loro?". 




A raccogliere il quesito è una donna adulta, la narratrice del racconto, che è al contempo una sorta di tutore o accompagnatrice dei tre bambini, e si prepara a raccontare loro una storia adatta a rispondere alla domanda. 
E così torniamo indietro nel tempo, alla nascita di Gesù, nel miracoloso momento del primo Natale, quando gli animali avevano il dono della parola... e se per gli animali domestici era quasi ovvio rendersi utili al bambinello, donandogli calore, lana o protezione, che dire degli animali non addomesticati? Come reagirono all'arrivo di Gesù? 
I selvatici vengono rappresentati dalla volpe Reynard che, quando si avvicina furtiva alla mangiatoia, genera grande scandalo e allarme tra le altre bestie. Cosa fa un animale selvatico, un aggressivo predatore, nei paraggi del bambino? Cosa mai potrà portare in dono, quali sono le sue intenzioni? 
La volpe viene pesantemente criticata e giudicata dagli animali domestici, che la temono ma ancor più la disprezzano... eppure Reynard ha davvero qualcosa da donare, forse qualcosa di più prezioso di lana, calore o protezione, perfino di più pregiato dei doni umani di oro, incenso e mirra. 
E quando porta il suo dono al Bambino, anche gli altri animali capiscono che nella stalla c'è posto per tutti, domestici e selvatici...  "Così la ruota gira, il cerchio si chiude, e le creature domestiche e selvatiche stanno riunite nel presepe. Il leone insieme alla tortora, animali da cortile accucciati accanto alla volpe. Infatti creature domestiche e creature selvatiche non sono che due metà, e qui, dove tutto finisce e tutto ha principio, ogni cosa dev’essere riunita nel suo intero".
Una gradevole storia a sfondo natalizio, senza la pretesa d'essere un capolavoro, ma solo di allietare un'oretta durante la sua lettura, magari proprio in queste settimane d'attesa o nelle prossime di Natale.

venerdì 22 novembre 2019

La frase del giorno: Eckhart Tolle

"E' così meraviglioso guardare un animale, perché un animale non ha opinioni di se stesso. Lui è!
Questa è la ragione per cui il cane è così felice e il gatto fa le fusa. 
Quando coccoli un cane o ascolti un gatto che fa le fusa, la mente può fermarsi per un istante e uno spazio di calma sorge dentro di te, un passaggio per entrare nell'Essere."

Eckhart Tolle



Che la chiave della felicità sia proprio il non avere opinioni di sè stessi, nè soprattutto pensieri e preoccupazioni, come i nostri amici animali? Vivere solo il momento presente (che, in fondo, è l'unico nel quale siamo davvero...) e concentrarci prevalentemente sul "qui ed ora"?
Possono sembrare domande ormai banali, anche un pochetto trite e ritrite, ma in realtà trovo che sia sempre più difficile tornare e restare al nostro "qui ed ora", soprattutto da quando, grazie alla realtà virtuale, il "qui" vero e proprio non è più limitato solo al luogo fisico nel quale stiamo vivendo, ma si estende ipoteticamente a tutto il mondo con il quale è possibile essere connessi...
Credo sia impossibile, per un essere umano del terzo millennio, riuscire a sospendere in pianta stabile pensieri, opinioni e preoccupazioni riguardanti sè stessi, ma anche il mondo che ci circonda, il futuro che ci attende e il passato che stiamo lasciando... fa parte della natura umana riflettere, ragionare, forse anche rimuginare, e soprattutto pianificare, progettare e quindi preoccuparsi per il futuro. E, obiettivamente, la realtà della nostra epoca ci dà svariati motivi per essere pensierosi...
Eppure è anche vero che, oggi come oggi, non bastassero le "normali" preoccupazioni ed occupazioni quotidiane, ci si aggiunge un bel po' di rumore inutile e dannoso, quello creato soprattutto dagli stimoli virtuali ed estemporanei dei social network, dalle notifiche di email, messaggi e chat di whatsapp, che ci danno modo di commentare, spesso polemizzare, e comunque interagire quasi costantemente con altre persone, idee, opinioni.
E che gran fatica è, spesso una fatica inutile che ti casca tra capo e collo senza che tu abbia davvero scelto di dedicare il tuo tempo e le tue energie proprio a quell'argomento, a quella tematica, a quella discussione specifica. Si dovrebbe interrompere questo circolo vizioso, limitare la nostra ormai costante connessione internet che ci insegue ovunque sul nostro smartphone, e ricordarci che la nostra mente e il nostro equilibrio intero trarrebbero molto più beneficio da una vita più "disconnessa", più concentrata sul concreto qui ed ora, e per "qui" intendo solamente il luogo fisico che si sta occupando.
Per cui ecco una ragione in più per trascorrere del tempo con il nostro gatto o il nostro cane, meglio ancora se all'aperto per una bella passeggiata in natura... ma anche una mezz'ora di coccole sul divano, senza interruzioni o disturbi di sottofondo, è in grado di rasserenarci, rilassarci, riportarci in contatto con la piacevolezza del vivere solo il "qui ed ora", ritrovando una preziosa calma anche grazie all'affetto del nostro animale e alla naturalezza con cui è bello spendere del tempo insieme.
Il vostro cane e il vostro gatto vivono nella dimensione più importante che ci sia: quella del presente, del momento attuale, nella concretezza del luogo che stanno occupando in quel preciso istante. E dimostrano di saperne godere a pieno, come forse noi stiamo dimenticando sempre più, anche a causa dell'iper-connessione.
Certo, come esseri umani siamo chiamati ad avere anche pensieri lungimiranti, fare riflessioni sulla nostra storia e previsioni sul nostro domani, la nostra profonda auto-consapevolezza è un tratto innato della nostra specie... ma allora è davvero stupido, per degli esseri tanto intelligenti quali dovremmo essere, sprecare tanto tempo e tante energie in chiacchiere vuote, distrazioni perenni, stimoli evanescenti, come quelli che ci arrivano dal mondo virtuale (soprattutto) dei social network.
Se il nostro micio o il nostro cane riescono a dare un sano taglio a queste dannose abitudini, che temo un po' tutti rischiamo di assumere... beh allora, passiamo ancora e sempre più tempo in loro compagnia!

lunedì 22 luglio 2019

"I tacchini non ringraziano" di Andrea Camilleri

In memoria del grande Andrea Camilleri, purtroppo scomparso recentemente, vi parlo di uno dei suoi ultimi libri: I tacchini non ringraziano, uscito l'autunno scorso. Certo non sarà il più famoso, niente a che vedere con le vicende dell'intramontabile Montalbano, ma si tratta ugualmente di una lettura interessante che ci restituisce un'altra immagine dello scrittore italiano: un uomo sensibile alle emozioni e all'intelligenza degli animali, che si preoccupa - per quanto gli è possibile - per il loro benessere.


Il libro è una raccolta di brevi e piacevoli racconti autobiografici: vicende, legate agli animali, che lo scrittore ha vissuto in prima persona, tra il pittoresco, il divertente e il sorprendente. Ci sono pappagallini parlanti e cardellini cantanti, presunte vipere e ricci - ancora più presunti - cacciatori di serpi, così come una toccante amicizia tra un cane e una gatta randagia, o rissosi uccelli che difendono strenuamente il loro albero di ciliegie.
Le storie sono semplici, talvolta rimandano al passato di Camilleri adolescente, quando per consuetudine seguiva il padre nelle battute di caccia. Anche in questo caso gli episodi di vita vissuta hanno il sapore autentico di chi ha vissuto esperienze irripetibili, che talvolta segnano la  coscienza: come nel caso di un coniglio selvatico a cui l'autore, da giovane, sparò, ma che segnò anche la fine delle sue battute di caccia.
Camilleri ci lascia in eredità questa raccolta di brevi racconti per due motivi. Il primo è che a fronte della diffusa artificializzazione del mondo e dell'ignoranza sempre più diffusa sugli animali da parte delle nuove generazioni (provate a chiedere a un bambino quante cosce ha un pollo...), ha voluto lasciare una testimonianza di quando gli animali erano normalmente parte della vita famigliare: che si trattasse di cani, gatti, animali da cortile o selvatici, Camilleri ha avuto la fortuna di vivere un'epoca in cui era naturale venire a contatto con il mondo animale.
Il secondo motivo ve lo faccio raccontare direttamente da lui, questo grande scrittore italiano che lascia certamente un enorme vuoto, ma solo dopo averci regalato un mondo letterario per cui gli saremo eternamente grati... e lo salutiamo così, con le sue parole:

"Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant'anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento. 
Io, fortunatamente, non ci sarò. 
Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perchè di me, e di moltissimi altri come me, possano avere un'opinione sia pure leggermente diversa".

E io penso proprio che sarà così.
Buon viaggio Andrea Camilleri e grazie di tutto... ci rivediamo a Vigata.

venerdì 29 marzo 2019

La frase del giorno: Donato Di Poce

Anche gli alberi a primavera scrivono poesie.
E gli stupidi pensano che siano dei fiori.

Donato Di Poce 






Questa volta la primavera, arrivata con prepotenza già a fine febbraio e poi "rimbeccata" indietro da tante giornate caratterizzate da un vento continuo, freddo e stizzoso, mi sta stupendo piacevolmente. Tutto dipende dai miei orari di lavoro, quest'anno particolarmente "felici", che mi consentono di apprezzare il lato migliore del ritorno della bella stagione: poter passare di nuovo ore all'aperto, per sistemare il giardino e predisporre l'orto. Ed è un vero piacere occuparsi di nuovo delle piante, dei fiori, degli alberi da frutto, osservando di giorno in giorno i cambiamenti, i bulbi interrati in autunno che finalmente spuntano... insomma, c'è aria di novità e per una volta ho modo di apprezzarla bene. In queste prime settimane di primavera, lo spettacolo maggiore l'hanno dato gli alberi fioriti, dai frutteti agli arbusti ornamentali... ogni anno un quadro mozzafiato, davvero poetico ed emozionante.




Unica preoccupazione: la siccità, tremenda e sempre più grave qui al nord Italia. Il fiume Po sta toccando dei livelli che non si vedevano dal 2006, da novembre scorso i giorni di pioggia "seria" qui a Ferrara si contano sulle dita di una mano, neve non pervenuta. Segno del clima che cambia irreparabilmente, presagio di un futuro sempre più incerto, soprattutto per chi ha un'azienda agricola e deve provvedere ad irrigare già ora le colture, perfino i campi di grano... forse, nei prossimi decenni, dovremo sostituire tutte le coltivazioni tradizionali anche nella nostra pianura, introducendo varietà più adatte ad un clima estremamente siccitoso. Che ne sarà di questi filari?





Nel mio giardino sto annaffiando a giorni alterni i rododendri, le azalee, le camelie, le ortensie... presto anche i gerani richiederanno la loro dose d'acqua giornaliera. Pensate che ho dovuto annaffiare perfino i poveri narcisi, qui abitualmente rustici e indifferenti alle bizze del clima... che dire? Mi auguro solo nei prossimi tempi il caldo non diventi eccessivo e soprattutto che arrivino giornate di pioggia continua e regolare, senza perturbazioni troppo violente. E voi come state vivendo questo cambio di stagione?  Intanto vi auguro un buon weekend di primavera!

domenica 17 febbraio 2019

La frase del giorno: Torquato Tasso

In questa sorte avversa io mi affido a te, 
o bel gatto, alle tue pupille sacre; mi sembra
di avere davanti a me due stelle e di ritrovare
la tramontana in mezzo alla tempesta.
Torquato Tasso 
 
 
 
Una citazione di rara bellezza e sensibilità, per festeggiare oggi la "giornata nazionale" dedicata al nostro amato felino domestico! Questa parafrasi del Tasso è tratta da un sonetto dedicato alle gatte dell'Ospedale Sant'Anna, l'ospedale della mia città Ferrara, dove il poeta venne rinchiuso per sette anni, per "curare" la sua "follia". In questo periodo di sofferenza e prigionia, a consolarlo vi erano proprio delle gatte, a cui Tasso dedica il sonetto e a loro si affida per poter continuare a scrivere le sue opere:

Come nell’Ocean, s’oscura e ‘nfesta,
procella il rende torbido, e sonante,
alle stelle, onde il polo è fiammeggiante,
stanco nocchier di notte alza la testa;
così io mi volgo, o bella gatta, in questa
fortuna avversa alle tue luci sante,
e mi sembra due stelle aver davante,
che tramontana sia nella tempesta.
Veggio un’altra gattina, e veder parmi
l’Orsa maggior colla minore: o gatte,
lucerne del mio studio, o gatte amate,
se Dio vi guardi dalle bastonate,
se ‘l Ciel vi pasca di carme e di latte,
fatemi luce a scriver questi carmi.

Quanto è vero che, seppur in mezzo alle tempeste della vita e alla sorte avversa, incrociare lo sguardo del nostro gatto riesce sempre a portare un po' di sereno nel nostro cuore. Impossibile restare indifferenti, o arrabbiati, o preoccupati: negli occhi del gatto a cui vogliamo bene troviamo complicità, affetto e conforto... ed è per questo che, dopo una giornata piena di problemi, non vediamo l'ora di tornare a casa per incontrare il nostro micio, che ci aspetta con la solita calma e fiducia, con quello sguardo saggio e al tempo stesso partecipe. E in quelle "pupille sacre", che sembrano capaci di guardare oltre il nostro presente, troviamo una specie di forza inspiegabile, un magnetismo ancestrale, una calma serafica che ci affascina e ci consola. Il gatto è già di per sè un animale obiettivamente bello, elegante, intelligente, ma probabilmente oggi il pregio che più lo rende un compagno insostituibile è proprio questo: l'essere per noi una piccola stella, affettuoso e discreto, che ci rende la vita migliore e ci illumina il cammino, anche in mezzo alla buia tempesta. Buona festa del gatto a tutti!

martedì 1 gennaio 2019

La frase del giorno: Jeanette Winterson

"Siamo esseri umani, non macchine. Abbiamo le nostre brutte giornate. Abbiamo problemi psicologici. Siamo ispirati, eppure sbagliamo. Non siamo lineari. Abbiamo cuori che si spezzano e anime di cui non sappiamo bene cosa fare. Uccidiamo e distruggiamo, ma al tempo stesso siamo capaci di costruire nuovi mondi e di renderli possibili. Siamo stati sulla Luna e abbiamo inventato i computer. Ormai appaltiamo tutto, eppure dobbiamo vivere con noi stessi. Siamo dei pessimisti, convinti che sia sempre troppo tardi, dunque perchè dannarsi? Siamo dei redivivi, innamorati di una seconda possibilità. Ogni nuovo anno ci offre una nuova possibilità". 
Jeanette Winterson

Un fiore di chaenomeles japonica, sbocciato anzitempo...

Un nuovo anno che inizia è una pura formalità umana: nessuna differenza particolare corre dall'ultimo minuto del 2018 al primo del 2019. Eppure, psicologicamente, cambiare calendario e ricominciare da gennaio è un inevitabile passaggio di cui approfittare, o a cui affidare particolari propositi e speranze. Per quanto mi riguarda, spero di saper cogliere le seconde, le terze e le molteplici possibilità che ogni nuova giornata potrà offrirmi, senza stancarmi e senza soccombere sotto le preoccupazioni e i problemi della vita adulta. A voi i miei migliori auguri perchè possiate sempre trarre il meglio dal tempo che passa, sopportando le cose peggiori e facendo tesoro anche delle brutte giornate, nella speranza che, ad un certo punto, ogni cosa vada a posto. Auguri per un buon 2019 a voi e a tutti i vostri cari!

venerdì 28 dicembre 2018

Atmosfere d'inverno: nebbioso Natale (2018 - 2)

È stato un Natale nebbioso e grigio, qui nella pianura ferrarese... e i giorni di foschia continuano, uno dopo l'altro. Illusa da una meravigliosa galaverna all'inizio dell'ultima settimana lavorativa prima delle ferie (di cui ovviamente non ho potuto godere, impegnata com'ero con il lavoro), ero convinta che avrei passato le giornate festive tra sole, aria tagliente e limpida, brina e ghiaccio. Invece no: solo giornate grigie e bigie, un'eterna alba mesta che non sboccia mai e si tuffa direttamente nella penombra della sera, a metà pomeriggio. Il sole sono giorni che non si fa vedere, l'aria umida non si riscalda neppure nelle ore centrali, il termometro esterno al massimo tocca i 3°C, ma difficilmente scende sotto zero... nè caldo, nè abbastanza freddo per apprezzare davvero quest'inizio d'inverno, mentre l'umidità entra nelle ossa.




In queste giornate il mio umore non è dei migliori e abbraccio volentieri la citazione di Victor Hugo sull'inverno, o per lo meno su questa parte di stagione: "D’inverno, né calore, né luce, né pien meriggio; la sera e il mattino si confondono, tutto è nebbia e crepuscolo, la finestra è appannata e non ci si vede bene. Il cielo è uno spiraglio, come l’intera giornata è una cantina: il sole ha l’aria d’un povero. Stagione spaventosa! L’inverno muta in pietra l’acqua del cielo ed il cuore dell’uomo".


Il sole è un'ombra, appena accennata, oltre i rami e la nebbia...



Perfino gli uccellini del mio giardino, quest'anno, sembrano meno numerosi e attivi rispetto al passato: l'immancabile pettirosso spilucca qualche seme, le cince fanno le preziose e raramente si affollano tra i rami, dei fringuelli non v'è proprio traccia. Grigio, nero e bianco: sono i colori predominanti. L'unica tonalità che spicca è il verde dei campi di grano, già folti ma immobili nell'aria umida e inospitale. Passando per le strade che attraversano la campagna, ammiro enormi aironi bianchi che svettano come sculture di marmo nel grigiore diffuso... e mi rattrista vedere che si alzano in volo risentiti, non appena avvertono la mia presenza in bici, mentre non fanno una piega se passo accanto a loro con la mia ben più rumorosa auto. Si sono abituati, a loro modo, alle storture del mondo umano... ma riuscire a fotografarli a queste condizioni, è un'impresa impossibile.

Cinciarella
Pettirosso

Che dirvi? Spero, prima della fine delle festività natalizie, di riuscire a passare almeno qualche giornata invernale nella sua forma migliore: un'altra galaverna, aria limpida e pulita, un cielo azzurro e magari i colori di un tramonto come si deve. Nel frattempo, ovunque voi siate e qualsiasi faccia l'inverno vi stia mostrando, ne approfitto per augurarvi... buona fine e buon inizio, sperando nel meglio per questo prossimo 2019!

venerdì 21 dicembre 2018

"Il pastore d'Islanda" di Gunnar Gunnarsson

Un racconto semplice, essenziale, dal sapore di storia autentica o quanto meno molto credibile: Il pastore d'Islanda è una lettura tipicamente invernale e natalizia, dello scrittore islandese Gunnar Gunnarsson, di cui tanto avevo sentito parlare e che quest'anno finalmente sono riuscita a leggere. 
Atmosfere rigidamente invernali, come la stagione che proprio oggi comincia, montagne ghiacciate e aspre tormente di neve sono lo scenario in cui si svolge la particolare missione di cui si fa carico il pastore Benedikt: rintracciare sui monti islandesi le pecore disperse, sfuggite ai raduni autunnali, prima che l'inverno nordico le uccida. Come ogni anno allora, Benedikt si mette in cammino nella prima domenica d'Avvento, convinto di farcela a riportarle a casa, sane e salve, entro Natale. 
L'unica compagnia del pastore è data dal fedele cane Leò e dal montone Roccia: insieme i tre si avviano nella neve, nelle lande solitarie, gelide e inospitali, alla ricerca di pecore da riportare a casa, creature considerate sacrificabili anche dai loro stessi pastori, che non sarebbero mai tornati a cercarle. Ma per Benedikt è invece una missione: non meritavano forse anche loro l'opportunità di salvarsi? Forse valevano meno delle loro compagne che erano state regolarmente radunate in autunno? E inizia il cammino, lo stesso che Benedikt ripete ogni anno da 27 anni... anche se quell'anno, lo sente, sarà particolarmente difficile: lui è vecchio, la stagione avversa, gli imprevisti dietro l'angolo. Eppure ha bisogno di quella solitudine umana e insieme di quella compagnia e solidarietà animale, con Leò e Roccia, così come ha bisogno di dare un senso, con quella missione di recupero, alle settimane che preparano al Natale.


Come va a finire la storia non ve lo rivelo, vi invito piuttosto a tuffarvi in queste pagine piene d'inverno, di solitudine ma anche di fede incrollabile nel fare del proprio meglio, con i propri mezzi. Ormai famoso racconto natalizio, spesso interpretato in chiave prettamente religiosa, devo dire che in realtà a me è parsa una lettura più che altro invernale e di grande bellezza descrittiva, così come è meravigliosa l'empatia uomo-animale che emerge dal rapporto tra Benedikt, Leò e Roccia: "Da anni i tre erano inseparabili quando c'era da fare quella gita, e ormai si conoscevano a fondo, con quella dimestichezza che forse è possibile solo tra specie animali molto diverse, e che nessuna ombra del proprio io o del proprio sangue, nessun desiderio o passione personale può confondere o oscurare".
Vi consiglio davvero di leggere questo breve racconto, apprezzabile durante le prossime festività ma indipendentemente dal vostro credo, perchè pur essendoci riferimenti cristiani, più che una storia religiosa mi sembra convincente l'interpretazione del poeta Matthìas Johannessen: è la narrazione di come gli uomini possono porsi di fronte alla vita, "essere responsabili, cercare la verità e il nocciolo dell'esistenza, tentare di capire il posto che ci spetta".
E con questo, che mi sembra un buon proposito sia per Natale che per ogni giorno e ogni stagione della vita, auguro a voi miei lettori di trascorrere serene festività natalizie! Auguri di vero cuore a tutti voi e ai vostri cari, compresi naturalmente i vostri animali!

martedì 27 novembre 2018

"Cuore di riccio" di Massimo Vacchetta

Sono passati due anni dall'uscita di "25 grammi di felicità", manca di nuovo poco meno di un mese a Natale e io volentieri torno a parlarvi di ricci e del veterinario a cui hanno cambiato la vita, Massimo Vacchetta. Sapevo già che era in cantiere un secondo libro, sempre con l'obiettivo di raccogliere fondi per il suo Centro di Recupero Ricci "La Ninna" e non vedevo l'ora di leggerlo, così appena pubblicato non ho esitato ad acquistarne una copia. "Cuore di riccio" è il titolo accattivante e insospettabilmente allusivo non solo alle tante, piccole e meravigliose creature puntute in difficoltà, a cui Massimo offre ogni possibile cura, ma anche specchio del cuore umano, che talvolta sa essere un po' spinoso, come quello di un riccio, prima di aprirsi al perdono, alla comprensione umana, all'amore.
Se "25 grammi di felicità" mi aveva conquistata perchè raccontava l'avventura coraggiosa di un uomo che decide di cambiare vita, credevo che questo secondo romanzo sarebbe stato un po' ripetitivo nelle situazioni raccontate, nella routine di chi si occupa di salvare e curare ricci in difficoltà, nelle emergenze e nelle soddisfazioni. E invece... Massimo Vacchetta si ripete forse solo nella sua grande sensibilità, nell'emozione che riesce a comunicarci quando ci racconta dei riccetti che salva, nell'onestà con cui ci confessa, paradossalmente, quanto possa essere complicato prenderci cura delle persone care.



"Cuore di riccio" è un romanzo ancora più necessario per Massimo, ancora più del primo, perchè è in queste pagine così speciali che mette a nudo le sue motivazioni e le sue fragilità, come veterinario, come uomo e come figlio. Impossibile non commuoversi leggendo le sue vicende per salvare riccetti, riccini e ricci disabili, in un'eterna lotta contro il tempo, il freddo, l'indifferenza generale, le malattie e la sorte avversa. Impossibile non emozionarsi di fronte alle conquiste e ai piccoli miracoli che sanno compiere questi animali spinosi e discreti, che fanno sempre più fatica a ritagliarsi uno spazio per vivere, nei nostri giardini. Impossibile, infine, non comprendere e partecipare al dolore e alla tenerezza che accompagneranno Massimo negli ultimi mesi a fianco della sua mamma, la sua adorata Franchina. 
Se "25 grammi di felicità" è un bellissimo libro sulla passione di un veterinario per la sua vera vocazione, sull'entusiasmo e sulle difficoltà di lanciarsi in una nuova avventura professionale, infine un inno alla libertà come più alta forma d'amore... questo "Cuore di riccio" è il racconto di un bravo veterinario, innamorato del suo lavoro e delle creature che sa di poter salvare, anche in un momento umanamente difficile della sua vita personale, dovendo affrontare la malattia e la morte della madre. 
Una bella citazione di Mark Rowlands, dedicata al suo lupo Brenin, recita così: "Il modo più importante di ricordare qualcuno è essere la persona che quel qualcuno ci ha reso, almeno in parte, e vivere la vita che quel qualcuno ha contribuito a plasmare. A volte il qualcuno in questione non è degno di essere ricordato. (...) Ma quando è degno di essere ricordato, allora essere la persona che lui ha contribuito a formare e vivere la vita che lui ha contribuito a modellare, non sono solo il modo in cui lo ricordiamo: sono il modo in cui lo onoriamo".
Leggere e regalare "Cuore di riccio" sarà un bel dono di Natale, per chi lo riceverà e anche per Massimo, che potrà meglio occuparsi delle mille emergenze al suo Centro di Recupero Ricci. E, sono sicura, sarà un bel regalo anche per mamma Franchina, che tutti noi affezionati lettori abbiamo imparato a conoscere e ricorderemo insieme a Massimo, che nel suo impegno quotidiano ne onora ogni giorno la memoria.

sabato 17 novembre 2018

La frase del giorno: Théophile Gautier

A occhi inesperti, tre gatti neri sono tre gatti neri; ma gli osservatori più acuti non commettono un simile errore. La fisionomia felina è altrettanto varia di quella umana.
Théophile Gautier

Touka, panterina di "A Coda Alta" che presto sarà adottata!

Ho avuto, nel corso della mia adolescenza, ben quattro gatti neri, tutti con il loro specifico temperamento, il loro modo di porsi, le loro abitudini inconfondibili. Qualche volta sì, mi sono chiesta se, vedendoli tutti insieme (in realtà solo due di loro hanno convissuto), sarei riuscita a distinguerli... ma la risposta è ovvia: certo che sì! Ciascuno di loro aveva un modo particolare di guardarmi, una luce speciale nello sguardo verso il mondo, un modo peculiare di acciambellarsi o di camminare, un miagolio dal timbro così personale che mai avrei potuto confonderli. Erano due fratellini, Mina e Pride, e poi la micetta Buffy e Nico, il fratello di Paciocca. Oggi li ricordo tutti, con un misto di affetto e nostalgia, e condivido con voi questa bella citazione adatta per festeggiare tutti i mici neri, di cui ogni 17 novembre ricorre la "giornata ufficiale"!

venerdì 2 novembre 2018

La frase del giorno: Sigmund Freud

Il tempo passato con i gatti non è mai tempo perso.
Sigmund Freud 





Tanti scatti di Paciocca tra la fine dell'estate, ormai lontana, e questa prima parte di autunno, nelle belle giornate, propizie per allegre scorribande in giardino, tra arrampicate sugli alberi, giri maestosi nel suo regno campestre e il mite sole, placidamente distesa sul campo...


 

A causa dei vari impegni quotidiani (che quest'anno sono però, miracolosamente, distribuiti al meglio, nella mia settimana), trovare un momento da condividere con Paciocca non è sempre scontato. Eppure sono così vere le parole di Freud: il tempo passato in compagnia dei nostri animali non è mai perso, anche se talvolta sembra rallentarci nella nostra frenetica tabella di marcia, tra lavoro e incombenze domestiche. Oltre ad essere un piacere, passare del tempo con la mia gatta è un'attività preziosa e rigenerante, perchè riesce a sospendere per qualche momento il fluire dei pensieri più noiosi e logoranti... e torno un po' bambina, nel giocare con lei tra le piante del giardino, divertendomi un mondo nel vederla arrampicarsi sugli alberi, spiritata, perchè so che è un gioco che riserva solo e unicamente a me. Si lancia sul tronco come una furia, fingendo una fuga improvvisa, e quando è sui rami è tutto un farsi le unghie, fuseggiare sonoramente e cercare di catturare le mie mani o i ramoscelli con cui la stuzzico.






Altrettanto Paciocca sembra fare tesoro di quei momenti che riusciamo ancora a ritargliarci, magari per una breve incursione nel campo di mais mietuto (e ormai anche già arato). Non facciamo niente di speciale, un po' ci seguiamo a vicenda, sulla terra sconnessa e irregolare... dove vado io, viene lei, poi sono io a seguire la sua coda alta, finchè non ci sediamo e restiamo in silenzio, ciascuna con i suoi pensieri, in una compagnia reciprocamente solitaria, o in una solitudine reciprocamente condivisa. Eppure siamo insieme, e io non sarei lì se non fosse per lei, e forse viceversa. Guardiamo il cielo, il frutteto, le nuvole e, qualche volta, il sole che scende. Sono sempre io a interrompere l'idillio: decido che è ora di andare in casa, la prendo in braccio e la porto dentro, dai miei genitori. Paciocca spesso contesta, ma si consola facilmente se ad attenderla c'è un piatto di tonno o di pollo.




Ora che l'autunno si fa uggioso ed il freddo incipiente, Paciocca apprezza ovviamente molto i confort di casa... anche se è sempre ben felice, nonostante il maltempo e il vento bizzoso di questi giorni, di monitorare le nostre attività di giardinaggio... recentemente ho piantato alcuni bulbi in giardino e la presenza della mia gatta nei paraggi è stata costante. Un vero peccato è doversi salutare sul fare della sera, quando ciascuna deve tornare alla propria abitazione. Del resto, Paciocca non si è mai abituata (anche se ormai lo accetta) al fatto che io sia andata ad abitare nella casa accanto e trova inconcepibile abbandonare le sue abitudini e la sua originaria dimora...



...in fondo, come biasimarla? Tra poltrone foderate di morbidi plaid, divani pieni di cuscini, scrivanie zeppe di pile di giornali su cui acciambellarsi, e ogni cantuccio a lei disponibile, è di certo la regina della sua casa! E voi, cosa mi raccontate sul tempo che trascorrete con il vostro micio? Quali sono i vostri passatempi migliori?