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mercoledì 28 ottobre 2009

Che bella giornata per il mondo del lavoro!


Davvero un bella giornata per il mondo del lavoro!!! Dante De Angelis, macchinista di Trenitalia licenziato il 15 agosto 2008 per aver rilasciato denunciato, in qualità di Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, le carenze di manutenzione ed i rischi che questi comportano per lavoratori e passeggeri dei treni italiani (Eurostar in particolare), è stato riassunto. Il tribunale gli ha dato ragione e Trenitalia, che aveva torto, dovrà riammettere Dante De Angelis al lavoro.



Finalmente una notizia che lascia sperare e che dovrebbe invitarci a lottare sempre per l'affermazione diritti del lavoro.

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giovedì 22 ottobre 2009

Contratto metalmeccanici: è vergognoso quello che hanno fatto!!!


A proposito dell'intesa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato da Cisl e Uil con Federmeccanica, pubblico una lettera che mi ha inviato Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
Giovedì 15 Ottobre è stato firmato da Fim-Cisl e Uilm-Uil il rinnovo del CCNL dei metalmeccanici, con un aumento al 5 Livello di 110 euro lordi.
Dovrei essere contento di questo rinnovo, invece manco per idea che lo sono.
Sono tante le cose da dire, tanto per iniziare 110 euro sono al 5 livello, e nell'industria metalmeccanica sono pochissimi i lavoratori che hanno un 5 livello.
La maggior parte ha un 3/4 livello, e già li l'aumento si riduce a 100 euro lorrdi per il 4 livello e a 95 euro lordi per il 3 livello.
Questi aumenti sono per 36 mesi, perchè quegli "strateghi" di Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno pensato bene di andare al rinnovo del contratto con l'accordo quadro del 15 aprile 2009 sulla riforma degli assetti contrattuali.
Questa scadenza riguardava il biennio economico, perchè il contratto nazionale era stato rinnovato il 20 gennaio 2008 (la parte salariale scadeva il 31 dicembre 2009 e quella normativa il 31 dicembre 2011)
Ma Fim-Cisl e Uilm-Uil hanno pensato bene di disdire il contratto nazionale, con ben due anni di anticipo.
E' vergognoso quello che hanno fatto!!!
Nelle loro intenzioni non c'era solo quella di andare al rinnovo della parte salariale, ma anche di quella normativa.
Questa loro disdetta ha creato non pochi problemi, sono stati diversi gli imprenditori che per effetto di questa disdetta avevano minacciato di non dare l'ultima tranche di aumento del biennio salariale (Settembre 2009).
Poi per fortuna l'allarme è rientrato.
Con questo rinnovo, i lavoratori metalmeccanici, dal 2010 riceveranno 28 euro in più al quinto livello (lordi), mentre un lavoratore del terzo livello un aumento di 15-16 euro netti.
Il 20 gennaio 2008 era stato firmato un rinnovo per il biennio salariale (scaduto il 30 giugno del 2007), di 127 euro lordi al 5 livello.
Va ricordato che questi 127 euro erano per 30 mesi, perchè non c'era stato verso di rinnovarlo per 24 mesi.
Fim-Cisl e Uilm-Uil ne hanno firmato uno di 110 euro al 5 Livello per 36 mesi, quindi ancora meno dell'aumento firmato due anni fa.
Ma loro dicono, che nel triennio l'accordo comporta un aumento complessivo di 2678 euro lordi al 5 livello e di 2310 euro lordi al 3 livello.
Sicuramente superiore all'aumento complessivo del precedente contratto.
Peccato che c'è solo una "piccola" differenza, questo dura sei mesi di più: ci mancherebbe che l'aumento complessivo fosse inferiore a quello precedente.
Inoltre, si dimenticano di dire un'altra cosa molto importante, quando questo accordo sarà a regime, ogni metalmeccanico di 5 livello, ci rimetterà rispetto all'accordo precedente, ben 221 euro l'anno, e un metalmeccanico di 3 livello, ben 191 euro l'anno.
Ma di questo meglio non parlare.....
La Federmeccanica non ha accettato di discutere della piattaforma della Fiom-Cgil, perchè 130 euro lorde di aumento al 5 livello sembravano troppe.
La piattaforma della Fiom-Cgil non era assolutamente fuori dalla realtà, sono Fim-Cisl e Uilm-Uil che hanno firmato un accordo al ribasso sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici metalmeccaniche.
Una piattaforma che non è stata neanche validata da tutti i lavoratori, ma solo dai loro iscritti.
Mentre quella della Fiom-Cgil è stata votata, tramite referendum, da tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche.
Vorrei ricordare alla Cisl, che chi vuole il referendum fra tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche, non cerca assolutamente la rissa, ma è la democrazia punto e basta.
Non si può fare un referendum solo fra gli iscritti di Fim-Cisl e Uilm-Uil.
Il CCNL si applica a tutti i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche, non solo ai loro iscritti.
O ve lo siete dimenticati?
Nessuno Vi ha autorizzato a modificare la parte normativa, che è in vigore fino al 31 dicembre 2011.
Per vostra sfortuna, anche la Fiom-Cgil aveva firmato il precedente accordo del 20 gennaio 2008, e la Fiom, che Vi piaccia oppure no, non ha disdetto nessun contratto nazionale.
L'unica scadenza che c'era era quella del biennio economico.
Come metalmeccanico, mi sento scippato del contratto nazionale.
Il contratto nazionale è dei lavoratori e delle lavoratrici metalmeccaniche: non è di proprietà dei sindacati.
Infine, trovo sconcertante il silenzio dei candidati PD su questo accordo separato sul rinnovo del CCNL dei metalmeccanici.
E poi si lamentano perchè sono pochissimi gli operai che votano PD.....

Marco Bazzoni
Operaio metalmeccanico
Firenze.

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venerdì 16 ottobre 2009

Siamo ad un passo dal corporativismo

Sono schifato ma non meravigliato. Perchè l'intesa per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici, firmato ieri da Cisl e Uil con Federmeccanica, non è che l'atto finale della deriva collaborazionista di quei "sindacati gialli". Una deriva che parte da lontano e trova il punto di svolta nel gennaio di quest'anno, con l'accordo separato firmato da Cisl e Uil senza la Cgil.

Contro quell'accordo separato sulla riforma degli assetti contrattuali, la Cgil aveva organizzato, nel marzo scorso un referendum generale dei lavoratori al quale si erano fortemente opposti Cisl e Uil (tanto per capire qual è il livello di democrazia che immaginano Bonanni e Angeletti). Il risultato della consultazione fu straordinario: 3.643.836 di votanti, dei quali 3.464.178 (il 96,27%) si espresse contro quell'accordo separato firmato da Cisl e Uil. Ma è anche utile ricordare che Bonanni, alla luce di quei clamorosi risultati, definì quel referendum "una panzana clamorosa solo per fare propaganda". Così, per avere un'idea della considerazione che il numero uno della Cisl ha dei lavoratori e della democrazia sindacale. Mentre solo due mesi prima, il ministro Sacconi espresse il suo desiderio di "superare tutte le forme di democrazia diretta". Ma guarda un po' che sintonia, tra la Cisl e questo governo tra i peggiori della storia repubblicana.

Si arriva perciò alle trattative separate di luglio. La Cgil chiede 130 euro di aumento per il biennio 2010-2011, il blocco dei licenziamenti per due anni, il raddoppio del periodo di cassa integrazione (da 52 a 104 settimane). Fim e Uilm, invece recepiscono il nuovo modello contrattuale respinto dai lavoratori, su base triennale. I collaborazionisti si accontantano di 113 euro di aumento per il 2010-2012 per il quinto livello, che si traducono in poco più di dieci euro netti per i terzi livelli. Un'elemosina! Questo è ciò che hanno firmato Cisl e Uil, che pure messi insieme rappresentano una minoranza dei lavoratori. Di questo accordo si dicono pienamente soddisfatti.

La strada percorsa dai sindacati firmatari dell'accordo è ormai chiara: stanno tentando il superamento anche della concertazione (già fortemente penalizzante per i lavoratori), per arrivare alla collaborazione con padroni e governo. I sindacati collaborazionisti accettano e siglano accordi che attaccano il contratto nazionale e la rappresentanza sindacale, limitano il diritto di sciopero ed azzerano quei barlumi di democrazia sindacali rimasti. Siamo ad un passo dal corporativismo, di cui Cisl e Uil si stanno redendo colpevolmente e consapevolmente partecipi. Prima che facciano il passo successivo, nefasto per i diritti dei lavoratori, occorrerà dare un segnale forte ai sindacati collaborazionisti: spedite le tessere strappate alle federazioni nazionali di Cisl e Uil, lasciate soli i dirigenti e partecipiamo in massa alle prossime manifestazioni. La prima occasione sarà lo sciopero generale dei sindacati di base indetto per il 23 ottobre.


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martedì 6 ottobre 2009

Quanto vale la vita di un ragazzo di 20 anni? 1725 euro!

Qualche giorno fa, mi sono trovato a commentare un post nel quale l'autore affermava che (riporto testuale) "un'altissima percentuale di quelli conteggiati come morti sul lavoro, da quanto so, non muore in fabbrica o in un cantiere, ma nella strada che porta da casa all'ufficio in un incidente stradale, o di infarto per il troppo stress da lavoro dietro una scrivania". Non commento il sarcasmo sulla seconda ipotesi di morte sul lavoro, quella dell'infarto, perchè mi dilungerei troppo con inutili epiteti. Mi soffermo invece sull'aspetto degli incidenti stradali.

Invece di dire stupidaggini "per quanto se ne sa", sarebbe il caso di leggere e studiare i dati reali, anzichè tentare di abbozzare un qualche ragionamento basato sul sentito dire dalla propaganda di governo e di confindustria, come spesso capita ai teorici delle "morti sul lavoro gonfiate dai dati degli incidenti stradali".
Senza entrare troppo nel dettaglio, preciso solo che le morti su strada non sono nemmeno la metà del totale dei morti sul lavoro (basta guardare anche solo di sfuggita i dati Inail). E preciso che le morti sul lavoro in strada e le morti in itinere (tragitto casa-lavoro e viceversa) sono cose diverse, e che comunque, viste le condizioni di lavoro, i ritmi, le modalità di produzione, ecc., è giusto considerare quelle in itinere delle vere e proprie morti sul lavoro.
Sulla strada muoiono camionisti, autisti, manutentori in autostrada, che hanno nella strada il loro luogo di lavoro. Sono a tutti gli effetti morti sul lavoro. Come sono morti sul lavoro i postini mentre svolgono il proprio lavoro in strada. Morti in strada, sul lavoro.

Un caso me lo segnala l'amico Marco Bazzoni. Si tratta di Roberto Scavo, un postino precario di vent'anni. Roberto è morto (in strada, appunto il suo posto di lavoro) il 10 marzo 2008, mentre sotto la pioggia consegnava la posta con il suo motorino. Incidente sul lavoro, direte voi. Morto sul lavoro, perciò penserete. No! Il suo è stato considerato un incidente stradale e non sul lavoro! Assurdo ed inconcepibile! Risultato? Archiviazione del caso e rimborso Inail di 1725 euro, come assegno funerario.
Roberto è morto sul lavoro, ma non solo per lui non è stato celebrato un funerale di Stato; non solo non ha avuto titoli di giornali a lui dedicati; non solo il suo caso, come altri simili (e ce n'è sono, statene certi) non avrà gli onori della cronoca; la morte di Roberto non serve nemmeno alle statistiche delle morti sul lavoro!
Un paese civile dovrebbe almeno vergognarsi!!!


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giovedì 1 ottobre 2009

Libertà di stampa... ma perchè, intanto, queste cose le sottacete?

«La prima libertà di stampa consiste nel fatto che essa non è un'industria [...] la vera e propria cura radicale della censura sarebbe la sua abolizione». Bella e condivisibile (a mio parere) questa frase del buon vecchio Karl Marx.

Sabato prossimo, a Roma, si manifesterà per la libertà di stampa, un diritto che in uno Stato democratico non dovrebbe essere messo in discussione. Ma qui in Italia, oggi, è in corso la degenerazione dello Stato democratico, per cui la libertà di stampa deve essere difesa attraverso una manifestazione di piazza.
Ma, attenzione, è per la libertà di stampa che si manifesta, non per il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati. E' una difesa dei giornalisti e dei giornali dall'aggressione dell'attuale potere politico, del presente governo e del suo ducetto che si manifesta; non per affermare la necessità di una informazione che eviti autocensure o racconti ad uso e consumo di tale o tal'altro potere. Non è un perciò un errore manifestare il 3 ottobre, ma bisogna essere consapevoli di questo e credere di poter incidere sabato, nel senso di una affermazione di un reale diritto all'informazione, è illusorio. Chi va in piazza deve farlo con la consapevolezza che il giorno dopo il 3 ottobre, gli organi di informazione che sfileranno per le strade di Roma, continueranno a rispondere al loro editore di riferimento, che non è l'operaio di Melfi, nè la disoccupata di Sesto San Giovanni.
Senza tornarci troppo sù, la dimostrazione limpida di questa situazione l'ha data il rinvio della manifestazione a seguito della morte dei sei militari italiani uccisi in Afghanistan. In quell'occasione si poteva affermare una reale volontà di stampa libera dalla propaganda patriottarda e di guerra. Si è preferito invece rispondere ancora una volta alla chiamata alle armi dell'informazione. La manifestazione per la libertà di stampa è stata quindi spostata, al 3 ottobre. Sabato prossimo, quando già era in programma per il corteo dei precari della scuola.

Sabato 3 ottobre, migliaia e migliaia di lavoratori si erano per la maggior parte autorganizzati per protestare contro un governo, che li sta cacciando dal loro posto di lavoro, prendendoli a calci nel culo! Manifesteranno, quei lavoratori, contro i 150 mila licenziamenti previsti per i prossimi due anni e contro una destrutturazione dell'istruzione pubblica condotta a botte di decreti, che snatura il ruolo sociale della scuola. Sabato l'informazione doveva concentrarsi su questa protesta ed invece la stampa ha deciso di fagocitare quella manifestazione. Ha voluto assorbirla, imponendosi con prepotenza. Il risultato? I precari confluiranno (in parte) nella manifestazione della FNSI e sarà concesso loro (ripeto, sarà concesso loro) un intervento dal palco. Tutto qua. Poi, sabato in TV e domenica sui giornali, come giustamente temono i lavoratori della scuola, delle rivendicazioni dei precari quasi certamente non si parlerà, o si parlerà pochissimo.

Ed intanto, un effetto questa situazione l'ha già provocata: ha spaccato l'unità che c'era tra i lavoratori della scuola. Sabato ci saranno due cortei dei precari: da una parte quelli che sperano in almeno un pochino di visibilità confluendo nella manifestazione indetta dalla FNSI; dall'altra chi rivendica la propria autonomia.
Ma tutto questo, la minacciata stampa italiana lo sta sottacendo. Sarà bene ricordarlo, sfilando a Roma sabato prossimo, qualunque strada si pensi di percorrere. Tanto per non rimanere stupiti, poco tempo dopo, del ritorno dei gattopardi.

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lunedì 24 agosto 2009

Lo sfogo di chi ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro

Pubblico questa lettera inviatami da Marco Bazzoni. E' praticamente lo sfogo di un RLS, un lavoratore, una persona, che ogni giorno si batte per avere più sicurezza nei luoghi di lavoro. E' uno sfogo di chi vede che nonostante le tante parole di circostanza quando si verificano incidenti eclatanti; nonostante le battaglie per migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro; nonostante i morti sul lavoro; nonostante i licenziamenti per difendere la salute e la sicurezza sul lavoro; nonostante tutto le condizioni vanno peggiorando. Anche grazie alla complicità di un'informazione silente, su questo tema.
Evidentemente tutti gli infortuni, gli invalidi, le malattie professionali e le morti sul lavoro non sono abbastanza se il Governo Berlusconi ha pensato bene di smantellare il Dlgs 81/08 (testo unico per la sicurezza sul lavoro) con il Dlgs 106/09 (decreto correttivo), piuttosto che renderlo funzionale. E pensare che il Ministro del Lavoro Sacconi dopo la strage sul lavoro al depuratore di Mineo (CT) dell'11 giugno 2008, che costò la vita a sei operai comunali, annunciò un piano straordinario per la sicurezza sul lavoro. Se per piano straordinario intendeva questo decreto, beh, allora stiamo freschi. Per anni è stato chiesto pene più severe per i datori di lavoro che sono responsabili di gravi infortuni e morti sul lavoro e per quelli che non rispettano la sicurezza sul lavoro. Ed il governo che fa, dimezza la maggior parte delle sanzioni ai datori di lavoro, dirigenti e preposti. Non contento, non potenzia neanche i controlli. Dio non voglia che qualche imprenditore becchi qualche multa: con lo scarso personale ispettivo delle Asl è praticamente impossibile ricevere un controllo, in quanto, se va bene un'azienda riceverà uno ogni 33 anni. Ma non è finita qui, onde evitare che qualche imprenditore finisse in galera si è previsto che al posto dell'arresto, possano pagare la multa, e faranno tutti così, statene certi. Inoltre, la salva manager non è stata cancellata, ma semplicemente riscritta, non è spudorata come la precedente, ma da sempre spazio a manovre e cavilli a favore dei manager. Non capisco ancora come Napolitano abbia potuto firmare questo decreto, sapendo che questa norma non era stata cancellata. L'intento di questa norma è evidente, scaricare le responsabilità dei manager su preposti, lavoratori,progettisti, fabbricanti, installatori e medici competenti. Non essendoci certezza della pena, anche se nella remota ipotesi un datore di lavoro venga condannato per la morte di un lavoratore, il carcere "lo vedrà con il binocolo". Quando penso al povero Andrea Gagliardoni, morto il 20 giugno del 2006 a soli 23 anni con la testa schiacciata in una pressa tampografica nella ditta Asoplast di Ortezzano (AP), al povero Matteo Valenti, morto bruciato, dopo 4 giorni di agonia per un gravissimo infortunio sul lavoro (8 novembre 2004) nella ditta Mobiloil di Viareggio, ai quattro operai morti carbonizzati nell'esplosione alla Umbria Olii di Campello sul Clitunno (25 novembre 2006), allo loro famiglie che non avuto neanche giustizia ( 8 mesi con la condizionale per la morte di Andrea Gagliardoni, 1 anno e 4 mesi con la condizionale per la morte di Matteo Valenti, mentre quello per la morte dei 4 operai alla Umbria Olii manco è iniziato, e non sappiamo neanche se inizierà mai), mi domando: ma in che paese viviamo? Ci definiamo una "Repubblica fondata sul lavoro", ma forse sarebbe più corretto dire, una "Repubblica fondata sulle morti sul lavoro". Come si fa a definire civile, un paese dove ogni anno ci sono 1200 morti sul lavoro? Qualcuno adesso dirà che nell'anno 2008 ci sono stati 1120 morti sul lavoro (secondo l'Inail) e che c'è stato anche un calo degli infortuni sul lavoro. Ma andrebbe ricordato a quel qualcuno, che nel 2008 c'è stata la più grossa crisi finanziaria ed economica dal secondo dopoguerra ad oggi, e che quel calo dipende più da questo (cassaintegrazione, mobilità, chiusure di aziende), che a una maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Che poi, se vogliamo proprio dirla tutta, i dati dell'Inail non sono oro colato, ma solo un punto di riferimento. Questi dati non tengono conto degli infortuni denunciati come malattia, che si stima siano intorno a 200 mila ogni ann, se non oltre, di tutti i lavoratori che muoiono in "nero" che vengono abbondonati fuori dai cantieri o dalle fabbriche. Poi ci sono gli Rls che denunciano la scarsa sicurezza in azienda, che vengono minacciati, multati o peggio ancora licenziati, come è successo al povero Dante De Angelis, la cui unica colpa è quella di aver denunciato prima alla sua azienda, e poi ai mezzi d'informazione la scarsa manutenzione e sicurezza sui treni eurostar. E' passato un anno dal suo licenziamento, ma ad oggi non è stato ancora reintegrato, nonostante le migliaia di firme raccolte a suo favore, nonostante che quello che aveva denunciato si sia rivelato tristemente vero, nonostante il 29 giugno 2009, ci sia stato a Viareggio un disastro ferroviario, che ha fatto a tutt'oggi 29 morti. E intanto abbiamo un ex sindacalista a capo di FS, che va dicendo a destra e a manca, che le ferrovie italiane sono le più sicure d'Europa...Vale la pena ricordare, che dal 14 giugno 2009 è stato introdotto il "macchinista unico", e purtroppo, gli incidenti ferroviari, sono destinati tristemente ad aumentare. Ha davvero ancora senso andare avanti con questa "battaglia" per più sicurezza, o tanto varrebbe mollare qui? Perchè è quello che sto pensando di fare.

Marco Bazzoni
Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza

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giovedì 13 agosto 2009

Il Quirinale risponde alle critiche di questo blog e di Marco Bazzoni

Sabato 8 agosto, sul quotidiano Liberazione, erano apparse due lettere molto critiche nei confronti del Presidente della Repubblica, per avere emanato il decreto che è definito, in modo eufemistico, "correttivo" al Testo Unico della sicurezza sul lavoro. Una lettera era di Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico e RLS; l'altra era mia, ripresa da questo mio post.
A quelle due lettere il Quirinale ha risposto con una lettera inviata al quotidiano Liberazione e pubblicata sullo stesso quotidiano martedi 11 agosto. Risposta che pubblico qua sotto, ma dopo una piccola premessa, che può aiutare nella lettura. Il decreto "correttivo", che modifica 149 articoli su 306 del Testo Unico della sicurezza sul lavoro emanato dal governo Prodi, è stato approvato dal governo venerdi 31 luglio, ed emanato dal Presidente della Repubblica il lunedi immeditamente successivo. Quelle modifiche sono devastanti. Di alcune di esse ho già scritto, di altre ne scriverò.
Intanto dalla risposta del quirinale, si è capita una cosa: che a quanto pare, l'ostinazione a qualcosa porta. Certo, solo una risposta da parte dell'ufficio stampa della Presidenza della Repubblica. Non è molto ma è qualcosa, credo di significativo. Sicuramente l'attenzione che abbiamo suscitato, io e Marco con quelle due lettere, ci invita a continuare ad informare, nel nostro piccolo, sulla materia sicurezza sul lavoro.
Questa la replica del Quirinale.
Caro direttore,
nella edizione di sabato Liberazione ha pubblicato, sotto il titolo "Sicurezza, un decreto devastante", due lettere critiche nei confronti del Presidente della Repubblica per aver emanato - secondo i suoi lettori, "a occhi chiusi" - il decreto legislativo approvato dal Governo in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Mi permetta innanzitutto di rilevare come i temi affrontati nel decreto stiano particolarmente a cuore al Capo dello Stato: proprio sabato scorso, nel ricordare il sacrificio dei minatori vittime della tragedia di Marcinelle, egli ha sottolineato l'esigenza costante del massimo e coerente impegno delle Istituzioni e di tutte le forze sociali.
E' in questo stesso spirito che il Presidente Napolitano, pur nei limiti delle proprie attribuzioni, ha seguito con grande attenzione l'iter del decreto in questione, iniziato alla fine di marzo 2009, e lo ha emanato, dopo un approfondito esame, in un testo che comprende numerose e significative modifiche rispetto allo schema originario approvato dal Governo.
In particolare, l'attenzione del Presidente della Repubblica, manifestata in diverse occasioni pubbliche - come il 23 aprile scorso a Torino - nell'incontro con i familiari delle vittime del rogo della Thyssen, e allo stesso ministro Sacconi nell'udienza al Quirinale del 2 aprile 2009, si è concentrata sulle norme del decreto che suscitavano particolari preoccupazioni per l'ipotizzata riduzione dei casi e delle forme di responsabilità dei datori di lavoro rischiando, in contrasto con i principi direttivi della legge di delega (n. 123 del 2007) e con consolidati orientamenti della giurisprudenza, di compromettere la tutela di beni primari.
Il Governo è infine pervenuto, il 31 luglio scorso, dopo il confronto con le parti sociali e le Regioni, all'approvazione di un testo definitivo del decreto profondamente diverso dallo schema originario, che recepisce le osservazioni contenute nei pareri delle Commissioni Parlamentari e tiene conto delle perplessità espresse dal Capo dello Stato con riferimento al rispetto dei principi direttivi della legge di delega e dei limiti fissati dalla Corte costituzionale in tema di decreti legislativi correttivi (Corte Cost. n. 206 del 2001). Il Presidente Napolitano ha quindi proceduto alla emanazione del provvedimento, nell'esercizio delle sue prerogative, che ovviamente prescindono da valutazioni sulle scelte di merito che rientrano nella esclusiva responsabilità del Governo.
Cordialmente

Pasquale Cascella Consigliere per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica

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venerdì 7 agosto 2009

Ci hanno fregato di nuovo. Eppure stiamo ancora zitti.

Ieri mi sono sbagliato. Ho scritto un post sulla sicurezza sul lavoro, raccontando una sotoria possibile di infortunio. Ho scritto ciò che verosimilmente potrebbe accadere in quel caso, a seguito di una delle tante aberranti modifiche al Testo Unico della sicurezza sul lavoro, che il governo ha modificato con un decreto. Il post terminava con l'invito a scrivere a Napolitano affinchè non firmasse il decreto, considerando che di motivazioni, sia tecniche che di rapporti istituzionali ce n'erano in abbondanza. Ed ecco il mio sbaglio.

Non nel fatto che invitavo ad aderire ad un appello, pur ragionevolmente convinto che Napolitano avrebbe firmato. Non nel fatto che gli appelli on-line hanno scarsa eco. Non nel fatto che una protesta deve essere di piazza e partecipata, per sperare di essere efficace (anche perchè, con un blog come questo non si organizza una manifestazione). Mi ero sbagliato, perchè in realtà non mi ero accorto che il presidente della Repubblica quel decreto correttivo l'aveva già firmato. Quando? Il 3 agosto, dopo che il governo aveva approvato il provvedimento solo il 31 luglio.

Napolitano, quindi, o a firmato ad occhi chiusi (e mi auguro che non sia così), oppure lo scorso fine settimana, anzichè concedersi un po' di riposo, si è studiato per bene il decreto correttivo (che modifica 147 articoli su 306 del testo unico senza contare tutti gli allegati, che sono diverse decine) e ne ha accettato i contenuti anche più controversi. O forse ancora, Napolitano si è consultato con esperti in materia e, dopo un ragionamento più o meno lungo, ha appoggiato le considerazioni del governo (i cui ministri non si sono mai mostrati paladini della tutela della sicurezza sul lavoro), respingendo le opposizioni al decreto mosse dai sindacati, da alcuni partiti politici, da addetti alla sicurezza sul lavoro, da rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dai lavoratori e dalle lavoratrici stessi.

In silenzio, tra le distrazioni agostane, tra un gossip sui TG ed i soliti inviti a fare partenze intelligenti, è stato quindi approvato il decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106. Ma l'informazione non s'è degnata di darne notizia, impegnata a citare solo la firma da parte di Napolitano del decreto anticrisi, seppure firmato insieme al decreto di modifica al testo unico per la sicurezza. Un decreto che hanno chiamato correttivo, ma che è una vera e propria riscrittura del decreto approvato dal governo Prodi. Il nuovo T.U. riscritto in chiave padronale, sarà in vigore dal prossimo 20 agosto. Da quella data, i lavoratori e le lavoratrici saranno ancora meno sicuri. Dovranno dare un abbraccio più forte ed un bacio in più ai loro figli, quando la mattina usciranno di casa per andare al lavoro. Ed alla prossima tragedia, che certamente ci sarà, proverò ancora più rabbia ed ancora meno fiducia nelle istituzioni, soprattutto quando sentirò le solite ipocrite parole di cordoglio.
Rimane il fatto che ci hanno fregato di nuovo. Eppure non si sentono accenni di protesta.

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giovedì 6 agosto 2009

Tra un mese Giovanni si infortunerà gravemente sul lavoro e...

Giovanni fa l'operaio in una fabbrica metalmeccanica. Lavora come carpentiere e tra un mese, come quasi tutti i giorni, si troverà a tagliare delle barre di ferro alla sega circolare. Tra un mese, quella sega circolare sarà come era il mese scorso e quello prima ancora: senza tutte le protezioni previste dalle norme in materia di sicurezza sul lavoro. Deve stare attento, Giovanni a dove mette le mani, ogni volta che ha davanti quella macchina, perchè una distrazione potrebbe costargli qualche dito, o forse tutta la mano ed addirittura potrebbe perdere un braccio.

Ma tra un mese Giovanni, forse per la stanchezza dovuta ai ritmi di lavoro, forse perchè distratto dalla prossima rata del mutuo, che chissà se riuscirà a pagarla; insomma, per una qualche piccola disattenzione, Giovanni toccherà la lama di quella maledetta sega circolare. Quella lama, che gira a qualche centinaio di giri al minuto, con i suoi denti elicoidali affilatissimi, non si fermerà al contatto con la mano di Giovanni. Quella lama continuerà a girare nonostante le urla di dolore del povero Giovanni. E Giovanni perderà forza in quella mano destra che finirà a contatto con la sega, perchè la lama gli avrà lacerato i tendini ed tra qualche mese, quando sarà guarito, non avrà più la presa che aveva prima.

Quella sega non doveva funzionare in quel modo. Quella sega doveva avere tutte le protezioni. Giovanni stesso lo diceva sempre, e lo diceva anche al titolare, che gli rispondeva che solo un imbecille avrebbe potuto mettere le mani sotto quella lama. Eppure Giovanni non è un imbecille ed è un esperto carpentiere, nonostante i suoi 38 anni. Ma a quell'età, praticamente nel pieno delle forze, Giovanni non avrà la forza nella sua mano destra, necessaria a svolgere il lavoro che faceva da quando aveva 17 anni. Il mestiere di carpentiere non riuscirà più a farlo, perchè non potrà più sollevare pezzi di ferro, non riuscirà a fare abbastanza presa con quella sua mano rimarrà invalida tra un mese. Lo dirà anche il medico di fabbrica, che lo visiterà al rientro dal periodo di convalescenza. Sul giudizio di idoneità del medico, ci sarà scritto "inidoneità permanente ... con le seguenti limitazioni ...".

Perciò il datore di lavoro di Giovanni, dovendo attuare per obbligo di legge le prescrizioni del medico competente, adibirà Giovanni "ad altra mansione compatibile con il suo stato di salute", secondo quanto recita l'art. 42 del T.U. della sicurezza sul lavoro.
E invece no! Il padrone della fabbrica, adibirà Giovanni ad altra mansione, ma può darsi che se ne sbatterà della compatibilità della mansione allo stato di salute di Giovanni. Potrà fottersene dello stato di salute di Giovanni, perchè tra qualche giorno saranno già in vigore le modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro, che questo governo ha approvato lo scorso 31 luglio. A meno che Napolitano si astenga dal firmare il decreto di modifica al T.U.Tra quelle modifiche, quella che dall'art. 42 del T.U. cancella le parole "compatibile con il suo stato di salute".

Giovanni è tanti operai e tante operaie. Giovanni è un lavoratore o una lavoratrice qualunque. Il suo infortunio è uno del milione e passa di infortuni che avvengono ogni anno in Italia, ma potrebbe essere una qualunque invalidità o malattia professionale, già accaduti o che possono accadere. Io potrei essere Giovanni e potresti esserlo tu. E se vuoi puoi aderire a questo appello.

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martedì 4 agosto 2009

Innse: i manganelli a difesa della speculazione.

Quando ad una lotta operia, di lavoratori che pretendono i loro diritti, si risponde con la forza, allora è davvero il tempo di preoccuparsi. Nei rapporti di lavoro alla Innse si è inserito il governo, non con il ministero delle attività produttive, non con il ministero del lavoro. Il governo interviene con il ministero dell'interno, con la polizia schierata in assetto antisommossa, con la forza dei manganelli. Il governo italiano, come nelle peggiori tradizioni dei governi dittatoriali, tra i bisogni dei lavoratori ed il cinismo speculativo padronale, si schiera con quest'ultimo.

Questo sta accadendo alla Innse, dove 50 operai resistono da oltre un anno alla chiusura di un'azienda non in crisi, occupandola e gestendola. Ma con la speculazione aziendale, con la vendita dei macchinari e con i terreni su cui è costruito il capannone che sono una attrazione troppo forte in vista dell'Expo milanese del 2015, si fanno molti soldi e si fanno veloci, pensa Genta, il padrone della Innse. Soprattutto se si tiene conto che lo stesso Genta, il magnaccio di un lavoro considerato prostituzione, ha acquistato pochi anni fa l'azienda a quattro soldi.

Ora quegli operai, trattati come qualsiasi merce usa e getta, non servono più. La fabbrica, dice Genta, deve chiudere per fare spazio alla speculazione e gli operai devono uscire dall'azienda che hanno occupato. Devono uscire anche con la forza, pensano i papponi del lavoro fatto merce. Ma la forza, pensano quelle stesse persone, è bene usarla una domenica mattina di agosto. Quando regna il sonnambulismo dell'Italia in ferie e delle distrazioni vacanziere. Nessuno deve accorgersi dello sgombero forzato di una fabbrica da oltre un anno autogestita dai lavoratori.
I padroni hanno paura di 50 operai uniti nella lotta per il lavoro. Perchè sanno che una vittoria all'Innse, sarebbe una vittoria simbolo della lotta dei lavoratori per i loro diritti e quella vittoria potrebbe stimolare nuove rivendicazioni. Questo è il timore che hanno i padroni. E se questo è l'effetto che fa la lotta di 50 operai, cosa si può ottenere in una lotta unitaria e generalizzata? L'autunno è vicino. Speriamo sia caldo.

Intanto, dopo il fallimento degli incontri istituzionali avvenuti in Regione e Prefettura, continua il presido degli operai in lotta. Quattro di loro sono riusciti a forzare il blocco delle forze dell'ordine e sono entrati all'INNSE di via Rubattino a Milano. Due dei quanttro lavoratori sono saliti su una gru e si rifiutano di scendere. Minacciano di restare su quella gru fino a quando non saranno accolte le richieste dei lavoratori dell'Innse. Hanno bisogno di tutto il sostegno possibile. Chiunque possa, si rechi in Via Rubattino a Milano, per sostenere la lotta degli operai dell'Innse. La loro lotta è la lotta di tutti.

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mercoledì 29 luglio 2009

Lettera di Lorena Coletti. Sorella di uno dei quattro operai assassinati dall'esplosione della Umbria Olii

La lettera che pubblico, e che mi è stata inviata via e-mail, è di Lorena Coletti, sorella di Giuseppe, uno dei quattro operai assassinati dall'esplosione della Umbria Olii.
Questa lettera, come altre da me pubblicate di famigliari di vittime del lavoro, dimostrano un fatto ovvio, ma dimenticato: mentre l'attenzione per l'assenza di misure di sicurezza sul lavoro, dura il tempo di un Tg o della lettura di un articolo nella cronoca locale, il dramma di una vita spezzata non ha fine. E soprattutto, quel dolore, non si allevia con poche parole di circostanza dette sottovoce da personalità politiche, durante i funerali pubblici.
Esiste un solo modo per rendere giustizia ai caduti sul lavoro: rispettare leggi in materia di sicurezza, che siano adeguate a prevenire i rischi ed a proteggere i lavoratori. Esattamente il contrario di quanto questo governo sta facendo.
Sono Lorena Coletti, sorella di una delle vittime della strage della Umbria Olii di Campello sul Clitunno (Pg).
Il 25 novembre 2006, quattro uomini si alzarono e partirono per andare al lavoro, per guadagnarsi da vivere. Era di sabato, il lavoro lo avevano iniziato il martedì: dovevano installare delle passarelle sopra a dei silos. In quei silos c'era un gas, il gas esano, un gas molto infiammabile, questo poiché nessuno aveva fatto una bonifica di questi silos.

Verso le 13 di quel maledetto giorno un enorme esplosione avvenì. Venni a sapere della notizia solamente la sera molto tardi. La moglie che lo aspettava per il pranzo, non vedendolo tornare fece un giro di telefonate ai suoi colleghi, ma fu un vano tentativo, perchè non ottenne nessuna risposta. Fino a che, non telefonò alla moglie del datore di lavoro, che gli diede la notizia. Giuseppe Coletti, mio fratello, Maurizio Manili, datore di lavoro,Vladimir Thode e Tullio Mottini erano morti nell'espolsione. Unico sopravvissuto Claudio Demiri.

Il proprietario della Umbria Olii, fu indagato e rinviato a giudizio con l' accusa di omicidio colposo plurimo e violazione di norme per la sicurezza sul lavoro. Secondo l'accusa, Del Papa avrebbe dovuto avvertire i lavoratori della ditta Manili, della pericolosità delle sostanze contenute nei serbatoi, dove non era mai stata fatta la bonifica. Un omissione, che sarebbe secondo i giudici e i periti dell'accusa, alla base dell'incidente, causato dall'utilizzo di una fiamma ossidrica per terminare i lavori sulla superficie metallica dei silos.

Il 24 novembre prossimo, doveva iniziare il processo penale, ma Giorgio Del Papa e la sua difesa impugna il tutto facendo ricorso in Cassazione contro il rinvio a giudizio. Oggi apprendo la notizia dal mio avvocato, che la Cassazione decide a ottobre sul ricorso di Del Papa. Ma per la seconda volta, viene fatta alla mia famiglia un'altra richiesta di risarcimento, che era decaduta con l'annullamento della perizia tecnica, ma che ora Del Papa ripresenta a nome della Gestoil Srl, ex Umbria Olii.

Sono passati quasi tre anni, e l'anno scorso ci fu la prima richiesta: di oltre 35 milioni di euro. Ora mi chiedo, se anche quest'anno la cifra sia sempre quella oppure, se hanno messo a conto anche gli interessi, visto il tempo che è passato. Sottolineo, che a mio fratello Giuseppe Coletti e' stata stroncata la vita, e a Giorgio Del Papa non è stato neanche dato un giorno di carcere e tanto meno gli arresti domiciliari. Questa e' la giustizia Italiana!!!!!

In tre anni mio fratello e' stato ucciso diverse volte, ora dico basta.
Degli operai che partono la mattina per fare il loro dovere, per mantenere la famiglia e fare una vita onesta e dignitosa, non meritano di morire. Come non meritano che la loro dignità' venga calpestata da assurde richieste di risarcimento, mandate da chi li ha uccisi. Non lo permetto!!! Vorrei che Del Papa sapesse, che la vita di quattro persone vale molto più' di qualsiasi cifra che lui chiede. Ma il peggio di tutto è, che è ancora libero, e che lo Stato Italiano gli permette di fare queste cose.

Chiedo inoltre, di poter incontrare il Presidente della Repubblica per poter parlare personalmente con lui.Intanto gli vorrei rivolgere questo appello: "Egregio Presidente della Repubblica, La invito, dopo tutte le parole spese chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a non firmare assolutamente il Dlgs correttivo al Dlgs 81/08.
Se è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare un decreto che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro."


Io non mi arrenderò e non permetterò più che la memoria di mio fratello e delle altre vittime venga calpestata, sono esseri umani morti per lavorare, non per divertimento. Finchè avrò vita li difenderò; di sicuro non mi limiterò a fare fiaccolate, ma cercherò di fermare chi ancora una volta vuole calpestare i lavoratori di Italia. Basta prendersela con Giuseppe Coletti e le altre vittime della Umbria Olii.

Saluti

Lorena Coletti

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martedì 28 luglio 2009

Umbria Olii: chi pagherà per quella strage?

Ci sono notizie che dovrebbero naturalmente essere in evidenza, nei giornali, nei tg, su internet. Ma sappiamo che questo succede di rado. Così, mentre la grande informazione non si perde una parola che sia una di Bossi che finge premura per i soldati italiani in Afghanistan, succede che Giorgio Del Papa, amministratore delegato della Umbria Olii, torna a chiedere un risarcimento milionario alle famiglie delle vittime ed all'unico sopravvissuto dei 5 operai nella nella strage avvenuta nell'azienda da lui amministrata. Tutto nel quasi assoluto silenzio. Per quanto ne so, solo Il Messaggero, nella cronaca locale, ha riportato la notizia, ripresa oggi da Liberazione con un bell'articolo. Notizia che non finisce qui.

Infatti Del Papa, oltre ad avere rilanciato la richiesta di risarcimento danni, ha lasciato la direzione della Umbria Olii ad un suo collaboratore. Nel frattempo la società ha aggiunto al proprio nome la parola international, diventando perciò Umbria Olii International ed è stata posta in liquidazione. L'azione legale contro i familiari delle vittime ed il lavoratore sopravvissuto alla strage, è invece promossa da un'altra società: la Gestoil con a capo lo stesso Del Papa.

Tutte queste manovre, dopo quasi tre anni di rinvii; precedenti richieste di risarcimenti danni da parte di Del Papa sempre alle stesse famiglie, ma cadute nel vuoto; tentativi di ricusazioni del tribunale competente. Il tentativo, ovvio, è il prolungamento dei tempi del procedimento. Ora, finalmente, è stata fissata la data del 24 novembre prossimo per l'apertura del processo. Sperando che effettivamente sia così, perchè ancora una volta Del Papa, ha impugnato la decisione del giudice e chiamato in causa la corte di Cassazione. Questa finora ha respinto i ricorsi della difesa, ma è evidente il tentativo di dilatare ancora i tempi del procedimento penale.

Ma nel frattempo, se viene completata la procedura di messa in liquidazione della Umbria Olii, chi risarcirà i famigliari delle vittime dell'esplosione avvenuta il 25 novembre del 2006, nella quale persero la vita quattro lavoratori di una ditta esterna ed un altro rimase gravemente ferito? Senza un sequestro cautelare della società, chi pagherà dal punto di vista civile, per quella strage? La risposta dagli organi di informazione pare essere: chissenefrega!

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martedì 21 luglio 2009

Oggi i titoli dei giornali sarebbero potuti essere diversi

Le prime pagine dei giornali di oggi, hanno titoli per l'invito del presidente Napolitano al dialogo sulle intercettazioni. Corriere della Sera: "Dialogo sulle intercettazioni"; Repubblica: "Intercettazioni, serve un'intesa"; La Stampa: "Dialogo sulle intercettazioni"; Il Messaggero: "Intercettazioni, regole condivise". Ovviamente si distinguono Il Giornale e Libero, occupati a difendere il loro editore-padrone. Ma i titoli sarebbero potuti essere diversi: "Strage sul lavoro"; "Strage a Piombino"; "Esplosione in acciaieria. Una strage"; "Ancora morti sul lavoro. 6 a Piombino". Mentre si sarebbero ancora distinti Il Giornale e Libero, comunque impegnati a tutelare l'immagine di re Silvio IV da Arcore.

Alle 22.00 di domenica scorsa, quando le redazioni dei giornali erano ormai in chiusura, un grave incidente è avvenuto alla Acciaierie Lucchini di Piombino. Da una paiola è fuoriscito acciaio fuso, che a contatto con l'acqua ha provocato un'esplosione, che ha coinvolto anche diverse abitazioni circostanti. Sono aperte le indagini, per accertare le cause della scampata strage. Ma di certo, come racconta la Fiom-CGIL in un comunicato, la produzione era cresciuta ed il personale impiegato diminuito. In sintesi, ritmi di lavoro elevati mentre si risparmia in sicurezza. Ricorda tanto la tragedia della Thyssen Krupp, anche per il numero di lavoratori coinvolti, ma in questo caso fortunatamente salvi.
E ce lo avrebbero ricordato anche i giornali e le TV, quanto simili sarebbe stato questo incidente con quello della Thyssen, con uguali lacrime di coccodrillo ed uguali accuse. E di nuovo avremmo assistito alla messa in scena del cordoglio politico, alle promesse che mai più una tragedia simile potrà avvenira. E ancora immagini già viste di cariche istituzionali presenti ai funerali, con le loro maschere di partecipato dolore, che sempre tolgono seduti davanti ai tavoli decisionali.

Sei operai sono "solo" rimasti ustionati, gravemente feriti ed intossicati. Così non fanno molta notizia. Fossero morti, bè, un paio di giorni di gloria mediatica l'avrebbero avuta. Sarebbero stati ricordati per un po', fino al prossimo gossip dell'imperatore Berlusconi. Poi di nuovo silenzio. Perchè di sicurezza sul lavoro è bene non parlarne, altrimenti giornali governativi e non, possono anche un po' confondersi; e governo ed opposizione, per certi versi rischiano di mescolarsi un po' davanti alla richieste confindustriali di sconti sui costi del lavoro e sacrifici ai lavoratori.
Nel frattempo, più o meno nell'indifferenza generale, il contatore di Articolo21.info segna 580 morti sul lavoro, dall'inizio dell'anno ad oggi. Mentre, nel quasi assoluto silenzio mediatico, il governo si appresta in questi giorni ad approvare le modifiche al Testo Unico della sicurezza sul lavoro. Uno scempio normativo che metterà ancora di più a rischio la salute e la vita stessa dei lavoratori.

Chi ha a cuore la sicurezza sul lavoro, l'unica cosa che può fare singolarmente in questo momento, è fare appello al Presidente della Repubblica a non firmare le modifiche al T.U. della sicurezza sul lavoro che verranno fuori dal CdM dei prossimi giorni. Spero lo facciano in molti, perchè, a livello istituzionale è l'unica speranza di salvaguardare un strumento normativo per la sicurezza sul lavoro, certamente migliorabile ma valido se fosse applicato. Cosa che questo governo ha finora impedito di fare. Confindustria ringrazia, mentre i famigliari delle vittime del lavoro piangono.

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lunedì 20 luglio 2009

Difendiamo la sicurezza sul lavoro. Contro lo smantellamento del Testo Unico da parte del governo.

Restano pochi giorni di vita al Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro. Infatti nei prossimi giorni il CdM esaminerà ed approverà le modifiche al D.Lgs. 81/08 (il TU sulla sicurezza, appunto). E più che di modifiche, bisognerebbe parlare di riscrittura del decreto, dato che è prevista la modifica di 136 articoli su 306, compresi tutti gli allegati. Un brutto colpo di mano, da parte del governo. Ovviamente eseguito secondo la logica padronale.

Di tutto l'immondezzazio normativo, previsto con la legge delega di modifica del TU sulla sicurezza, forse verranno stralciati solo i due articoli più discussi: l'articolo 2 bis, che prevede che la semplice attuazione delle norme di buona prassi, si presume che l'azienda sia adempiente alle norme di legge sulla sicurezza; e l'articolo 10 bis, cioè la cosiddetta norma salva-menager.
Ma ci sono altri 134 articoli che modificheranno profondamente le norme di tutela della salute dei lavoratori, di cui si parla molto meno, ma che sono comunque molto gravi. Tanto per fare pochi esempi, di questo scempio normativo: grazie a quelle proposte di modifica, ad esempio, le imprese si vedranno ridurre le sanzioni, mentre ai lavoratori saranno aumentate. Si tenta di ripristinare le visite mediche preassuntive, vietate dallo Statuto dei Lavoratori, determinando il rischio di gravi discriminazioni. Alle aziende sarà concesso di valutare i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, fino a 90 giorni dall'inizio delle attività, così che, se un grave rischio è presente, questo non sarà valutato e per tre mesi i lavoratori potranno esservi esposti inconsapevolmente (anche a rischio della loro vita) e perciò assolutamente senza tutele.

Come detto, il provvedimento sarà approvato a breve dal Consiglio dei Ministri, al massimo entro il 31 luglio, visto che il 16 agosto la delega al Governo scadrà ed entro questa data il Presidente della Repubblica dovrà controfirmare il provvedimento. L'eventuale respinta del Capo dello Stato, eviterebbe quindi la distruzione del TU sulla sicurezza sul lavoro, che significherebbe il dissolvimento del diritto reale dei lavoratori alla tutela della loro salute e della loro sicurezza.
Quello che possiamo fare ora, è appellarci al Presidente della Repubblica affinchè non firmi le modifiche al D.Lgs. 81/08. Da qui, compilando il form con nominativo, città, email, ecc., si può scrivere un messaggio al Capo dello Stato. Ad esempio quello qui sotto, proposto da Marco Bazzoni.
Egregio Presidente della Repubblica, La invito, dopo tutte le parole spese chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a non firmare assolutamente il Dlgs correttivo al Dlgs 81/08.
Se è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare un decreto che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.


A questo punto arriverà, dal Segretariato generale della Presidenza della Repubblica, una e-mail di conferma di ricezione del messaggio con un link da cliccare per confermare l'invio del messaggio scritto al Capo dello Stato.
Diffondiamo l'iniziativa. Facciamoci sentire. Facciamo capire che non si possono fare sconti sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.

Chi vuole, può anche prelevare il banner qui sotto.




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lunedì 13 luglio 2009

Siamo arrivati al punto che si punisce chi si infortuna!

Ricevo da Marco Bazzoni questa e-mail che pubblico molto volentieri e che condivido in ogni sua parola.
Io credevo di averle sentite tutte nella mia vita, ma mai avrei immaginato di leggere questa notizia: "Si infortuna sul lavoro, l'azienda gli fa una contestazione disciplinare".
Questa vergognosa vicenda è accaduta, non in un'aziendina, ma alla Sirti, una grande azienda che opera nel settore delle Telecomunicazioni.
In pratica, un operaio dello Stabilimento Sirti di Nardò, mentre prelevava un pacco da un corriere, indietreggiando, inciampava in un gradino, e si provocava un infortunio grave (trauma lombosacrale).
L'azienda gli ha inviato una contestazione disciplinare, invitandolo a discolparsi, altrimenti lo sanzionerà.
Considero il comportamento della Sirti molto grave, adesso siamo arrivati al punto che per fare prevenzione si punisce chi si infortuna, come se le aziende fossero immuni da colpe!
I vertici della Sirti si dovrebbero leggere attentamente le sentenza della Cassazione n 18998 del 6 maggio 2009, che ha stabilito che gli errori commessi dagli operai per gli infortuni sul lavoro, non cancellano la colpa dell'azienda.
Anche se questa contestazione disciplinare è priva di fondamento, questo è quello che purtroppo potrebbe succedere in tutte le imprese dopo l'emanazione del decreto correttivo per il Dlgs 81/08 (testo unico sicurezza sul lavoro).
La Fiom-Cgil ha perfettamente ragione quando dice in una nota sul suo sito web: "La Sirti, la Confindustria, il Governo tentano di intimidire i lavoratori, con il ricatto dei provvedimenti disciplinari, così da non far denunciare gli infortuni, che scompariranno come per incanto, diventando assenze per malattia e così permettendo alle aziende anche di risparmiare sul premio assicurativo dell'Inail"

Come ho detto più volte questo decreto correttivo è una vera e propria controriforma della sicurezza sul lavoro.
Con la scusa di semplificare, il Governo Berlusconi stravolge il Dlgs 81 del 9 Aprile 2008, entrato in vigore il 15 maggio del 2008.
Tra le tante modifiche peggiorative (non dimentichiamoci che questo decreto correttivo modifica 136 articoli sul 306, compresi tutti gli allegati al Dlgs 81/08), l'abrogazione del divieto di visita medica preassuntiva da parte del medico di fiducia dell'azienda (art 41, comma 3, lettera a), che è in contrasto con l'art 5 della L300/70 (Statuto dei lavoratori), il sostanziale svuotamento della cartella sanitaria di rischio del lavoratore (con modifiche e cancellazione di commi dell'articolo 25), tentativo di svuotamento del libretto formativo del lavoratore, eliminazione del riferimento alla direttive europee previsto dall'articolo 41 del Dlgs 81 per quanto riguarda la sorveglianza sanitaria, modiche all'art 42 del Dlgs 81, che riducono le tutele dei lavoratori inidonei alla mansione, la negazione di consegna all'Rls (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza) del Documento di Valutazione dei RIschi (DVR), la redazione del DVR a 90 giorni dall'inizio dell'attività produttiva, quando nelle aziende con significativi livelli di rischio è importante che la valutazione dei rischi preceda l'avvio delle produzioni, l'affidare al datore di lavoro la scelta dei criteri di redazione del DVR, secondo principi di "comprensibilità, semplicità e brevità", l'equiparazione dei volontari (art 3) ai lavoratori autonomi, con la conseguenza della loro sottrazione alla maggior parte delle tutele (i dpi e la sorveglianza sanitaria sarebbe a carico del volontario), si impedisce alle RSU (Rappresentanze sindacali Unitarie) di intervenire per quanto riguarda materie di loro stretta competenza (carichi di lavoro, turni, riposi notturni e settimanali, ferie, ecc), e si demanda tutto ciò ai soli Rls.
In questo modo si nega ai lavoratori e alle loro rappresentanze il diritto di contrattare l'organizzazione del lavoro, determinando nel contempo l'isolamento dell'Rls, si cancella l'obbligo del datore di lavoro (articolo 18, comma 1, lettera aa) a comunicare all'Inail il nominativo (ove presente) dell'Rls interno, prevedendo in mancanza di questa comunicazione, che la rappresentanza sia esercitata dall'RlsT (Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza Territoriale). Il Governo sostituisce tutto ciò, con un meccanismo che prevede che siano i lavoratori a dover comunicare al datore di lavoro di non aver eletto il proprio Rls interno, poi il datore di lavoro comunicherà tutto ciò, non più all'Inail, ma bensì agli Organismi Paritetici, che peraltro non sono ancora costituiti nella maggior parte del territorio nazionale.
Si attribuisce il potere di "assegnazione" dell'RlsT agli Organismi Paritetici, i quali sono per definizione espressione anche della parte datoriale, si sposta la maggioranza della risorse per gli RlsT (costituzione, formazione e attività) agli Organismi Paritetici, eliminando la quota di finanziamento proveniente da parte delle sanzioni.
Anche in questo caso di rischia di ridurre l'incisività degli RlsT e di snaturare il loro ruolo.
Si da il potere agli enti bilaterali (art 2 bis) di certificare la corretta attuazione delle norme tecniche e delle buone prassi, dell'adozione dei modelli di organizzazione e di gestione delle imprese, si deresponsabilizzano di fatto i datori di lavoro o i dirigenti, che non risponderebbero della morte o dell'infortunio se l'evento è ascrivibile al fatto di un preposto, progettista, medico competente, lavoratore, lavoratore autonomo (art 15 bis), si riducono la maggior parte delle sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, mentre le si aumentano per i lavoratori (vedi articolo 59 decreto correttivo).
Anche qui il messaggio è chiaro, il vero responsabile degli incidenti sul lavoro è il lavoratore stesso e non chi organizza la produzione.
Il 24 giugno 2009 le Commissioni di Camera e Senato hanno dato parere positivo (anche se con diversi rilievi) alla schema di decreto correttivo al Dlgs 81/08, che adesso tornerà in CdM, che ne dovrà approvare una seconda versione, tenendo conto dei pareri espressi dal Parlamento e dalle Regioni (parere negativo).
La scadenza della delega rimane fissata al 16 agosto 2009, cioè, se per la mezzanotte di quella data il provvedimento non sarà firmato dal Presidente della Repubblica, la delega decadrà.
Invito il Presidente della Repubblica, dopo tutte le parole spese, chiedendo più sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, a NON FIRMARE ASSOLUTAMENTE QUESTO DECRETO LEGISLATIVO.
Se il Presidente della Repubblica è coerente con le sue dichiarazioni, non può firmare questo Dlgs, che è un colpo fatale alla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
Spero vivamente che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, raccolga questo mio accorato appello.

Marco Bazzoni-Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, Operaio Metalmeccanico.

Mi unisco in maniera convinta all'appello di Marco Bazzoni e spero che lo facciano in molti altri.

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giovedì 9 luglio 2009

Una storia di ordinaria, meschina, padronanza

Qualche tempo fa, ho ricevuto una accorata e-mail, di un lavoratore che nel 2003 subì un brutto infortunio: investito da un carrello elevatore, ha riportato un trauma cranico commotivo con frattura del cranio. Di questa storia di "ordinaria padronanza", se ne è occupata anche Liberazione con un piccolo articolo nell'edizione di ieri.
Gennaro è ora un ex operaio perchè, come mi racconta nella sua mail "Per tale infortunio si è aperto un procedimento penale a carico del azienda. Nel frattempo l'azienda, mi voleva far firmare in sede sindacale un verbale che recita che il lavoratore rinunzia a qualsiasivoglia fatto omissibile e/o commissibile del datore di lavoro anche in via transattivi". Gennaro mi racconta di essersi ovviamente rifiutato di firmare quel documento e che per questo è stato fatto fuori.
Alla sua mail ho risposto chiedendo qualche spiegazione in più, con la promessa di pubblicazione su questo blog, che lui ha accettato. Anche perchè, Gennaro racconta nella sua mail di esersi "rivolto al capo dello stato, sindacati. Trasmissioni come Mi manda rai tre, Annozero, Ballarò, nessuno mi ha dato la possibilità di raccontare il mio caso, perchè non interessa a nessuno. Se chi legge questa mail, vuole contattarmi per darmi un contributo su come posso farmi sentire da altri operai? Intervenite scrivetemi e lasciate un recapito telefonico che posso contattarvi".
Ecco quello che mi ha specificato Gennaro Papa nella sua successiva e-mail:
Il sottoscritto, Gennaro Papa dichiara di essere stato investito da un carrello elevatore condotto da un operaio all’interno dello Stabilimento della Silia spa durante un turno di lavoro 14.00-22.00, in via del conte a Pignataro Maggiore ( ce ), in data 04.03.2003, quando si trovava alle dipendenze della Silia S.p.a.. Per tale infortunio l’inail gli aveva riconosciuto una invalidità del 24%, dopo una temporanea di 283 giorni, per tale infortunio la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ha aperto un procedimento Penale.

Successivamente la società datrice di lavoro veniva ammessa alla procedura di Amministrazione Straordinaria in data 06.06.2006, ed i Commissari Straordinari nominati deliberavano di cedere l’azienda alla società Siltal S.p.a.
Il giorno 24.07.2007 il sottoscritto, veniva convocato per la seconda volta (la prima convocazione era il 06/07/07) dai rappresentati della società cessionaria per firmare il Verbale di Conciliazione in sede sindacale nonché il passaggio alle dipendenze della società SILTAL S.pa.
Nel verbale di conciliazione da sottoscrivere vi era la rinuncia a qualsivoglia risarcimento del danno, e per qualsivoglia comportamento omissivo e/o commissivo della datrice di lavoro ed anche in via transattiva, ad ogni azione promossa e promuovendola per i titolo indicati e/o comunque connessi.

Il sottoscritto rifiutava di firmare il passaggio alle dipendenze della società cessionaria, in quanto non era mia intenzione rinunciare al risarcimento del danno subito in conseguenza del infortunio del 04.03.2003, ed in quanto il giorno 06/07/07, facendo riferimento ai rappresentanti Sindacali che c’e un Procedimento penale in corso presso la Procura della Repubblica di S.Maria capua vetere N.950/06 R.G mod.16 e N.305/06 R.G mod.21, e un Procedimento civile al passivo pendente davanti al Tribunale di Casal Monferrato, i Rappresentanti Sindacali della FIM CISL Nazionale, mi dicevano di restare tranquillo, perchè parlando con i Commissari, il problema veniva risolto, e che il giorno 05/07/07 l’ufficio legale della CISL tramide fax mandò, la clausola che i Commissari dovevano inserire nel Verbale, quanto segue, per i lavoratori iscritti alla Fim Cisl:
"Viene fatto salvo ogni diritto anche di natura risarcitoria derivante da fatto lecito e/o illecito, e per responsabilità della Cedente in favore del lavoratore anche in capo alla società cessionaria in favore del lavoratore Papa Gennaro, in particolare il Procedimento penale N.950/06 R.G.mod 16 e N.950/06 R.G 21".

Tutto questo non è avvenuto, i Commissari non hanno modificato nulla, cosi il sottoscritto si è visto costretto dietro le forzature (o prendi o lasci, cosa fare?) a non firmare il passaggio alle dipendenze della CESSIONARIA, cosi mi hanno fatto firmare la collegazione in cassa integrazione straordinaria da parte della procedura al termine della quale verrò collogato in mobilità cioè disoccupato.

Ogni giorno ci sono dei nuovi caduti per la mancanza di norme di sicurezza, è una vera e propria guerra di morti che nessuno vuole fermare, perche non si può lavorare seguendo la sicurezza, altrimenti non fai numero, non produci abbastanza, nelle fabbriche conta solo produzione, e noi operai siamo solo delle pedine, veniamo spostati ogni volta che occorre, non è giusto.

Lo Stato deve intervenire con l’inasprimento delle Sanzioni, con un servizio di Ispezione reale ed efficace e non sulla carta come avviene spesso oggi, che prima dell’ispezione fanno rimuovere tutto ciò che da fastidio, oppure fanno indossare gli indumenti di sicurezza che di solito danno fastidio per svolgere l’attività lavorativa sempre perche si produce di meno.

Storie di ordinaria, meschina, padronanza!

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giovedì 25 giugno 2009

Omicidi sul lavoro: dati Inail incoraggianti? Macchè...

Quanto entusiasmo, forse troppo per i dati forniti dall'INAIL sull'andamento infortunistico relativo al 2008. Entusiasmo eccessivo per la solita superficialità nella lettura dei dati. Certo, gli infortuni sono in calo ed i morti per infortunio sul lavoro anche. L'INAIL ha contato 1120 morti ammazzati sul lavoro e così il presidente dell'Istituto, Sartori si dice soddisfatto dell'andamento infortunistico, insieme al ministro del lavoro, Sacconi. Ma per esprimere tanta positività ed ottimismo, i dati si sono dovuti leggere per come conviene. Ed allora qualche precisazione è bene farla.

Innanzitutto occorre dire che i dati del rapporto INAIL non sono ancora definitivi. Seppure si riferiscono al 2008, bisogna aspettare ancora qualche mese per avere dei numeri consolidati. Il numero di decessi per infortunio che viene diffuso (1120) è un dato stimato utile per fare un raffronto con gli anni precedenti, ma non è un dato reale. Infatti, dovendo considerare nella statistica infortunistica anche i decessi avvenuti entro 180 giorni dall’evento e tenendo conto dei tempi tecnici necessari per la trattazione di questa tipologia di eventi, il dato definitivo 2008 sarà disponibile con la rilevazione al 31 ottobre 2009. E verosimilmente, i dati dovranno essere ritoccati in eccesso, considerando che ciò è avvenuto anche per tutti gli anni passati. Certo è difficile immaginare un dato definitivo superiore a 1200 omicidi sul lavoro, ma questa precisazione è doverosa visti gli eccessi di entusiasmo profusi.

Nel leggere i dati ad oggi disponibili, ci si affretta a precisare che le morti in fabbrica sono state 509. Meno della metà del totale. Il giochetto è il solito: si sottraggono dal totale dei morti sul lavoro, i decessi avvenuti in strada. Ed in questo caso, si scalano dal totale non solo gli incidenti mortali avvenuti in itinere (cioè nel tragitto casa-lavoro, causati anche dalle indegne condizioni di lavoro e dai ritmi imposti ai lavoratori e di cui perciò è giusto tenere conto), ma anche gli infortuni mortali sulla strada che hanno coinvolto autisti e camionisti che hanno nel mezzo di trasporto il loro luogo di lavoro. E si sottraggono dal conteggio in questo modo, i carpentieri, muratori, gruisti, manutentori morti in cantieri stradali. Si ottiene così l'artificioso dato (ma ad effetto per le prime pagine dei giornali), di un numero di morti sul lavoro in discesa verticale.

Quel dato così ottenuto è buono per propagandare un raffronto con l'andamento infortunistico negli Stati membri dell'Unione Europea. Certo che i dati sono corretti nella formulazione del cosiddetto "tasso di incidenza standardizzato" e cioè il rapporto tra infortuni denunciati su 100mila occupati. Quel dato è però scorporato degli infortuni sulle strade, perchè non tutti i Paesi europei conteggiano tali eventi. In questo modo l'Italia si porrebbe per così dire, in buona posizione: meglio della Francia ed in linea con la Germania, per fare due esempi. Ma se considerassimo gli infortuni in strada (e pure escludendo quelli itinere), la situazione sarebbe diversa. Per poter fare questo raffronto, è sufficiente non fermarsi ai dati forniti da Eurostat come avviene nel rapporto annuale dell'INAIL, visto che l'istituto statistico europeo non tiene in considerazione, oltre che gli infortuni su strada, nemmeno quelli per importanti settori di attività quali sono l’estrazione di minerali e parti del settore trasporti, magazzinaggio, comunicazioni. Ed allora sarebbe il caso di andarsi a cercare i dati infortunistici elaborati dai ministeri del lavoro degli Stati membri. Personalmente l'ho fatto per Francia e Germania, verificando i dati occupazionali forniti dall'OCSE.

Dai dati così raccolti, il confronto sarebbe molto più sfavorevole per l'Italia, con un tasso di incidenza degli infortuni mortali per il 2006 (anno di riferimento anche per il rapporto INAIL) su 100mila occupati, pari a 4,5, contro il 3,1 tedesco ed il 2,5 della Francia. Significa che in Italia, ogni 100mila occupati muoiono sul lavoro (esclusi gli incidenti in itinere) più di quattro persone, contro le 3 in Germania e poco meno di 3 in Francia. Ma queste considerazioni non sono utili per le necessità di governo e Confindustria, così impegnate nel rendere inoperativo, distruggendolo pezzo per pezzo, il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro.

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lunedì 18 maggio 2009

Stiamo perdendo!


Stiamo perdendo! Come lavoratori, stiamo subendo una pesante sconfitta. Non è che si potessero nutrire grandi speranze di radicali cambiamenti, prima di sabato scorso, ma ora si rischia di lasciare mano libera ai padroni, mentre tra noi lavoratori ci impegnamo in una guerra fraticida. Con quel sindacato che rappresenta i suoi lavoratori e quell'altro che ne rappresenta altri, e l'uno contro l'altro un giorno sì e l'altro forse no, a seconda del che si tratti di un accordo con Confindustria o un palco del 1° maggio. Con un punto in comune: la pretesa di rappresentare i lavoratori. Una rappresentanza spesso arrogante, che spende parole che non sempre sono quelle dei lavoratori, ai quali la parola non viene mai concessa e che se provano a prenderla, diventano pericolosi brigatisti.

Non ho approvato quanto è successo sabato a Torino sul finire della manifestazione dei lavoratori della Fiat, indetta dai sindati confederali, alla fine della quale alcune decine di aderenti allo Slai-Cobas hanno cercato di prendere parola contro il rifiuto degli organizzatori. Ne contesto l'inopportunità del gesto. Un gesto che è stato un errore e che dal giorno dopo è stato fortemente strumentalizzato, ma contro il quale tutti si sono accaniti senza però quell'onestà intellettuale che richiederebbe di verificare quanto realmente accaduto (qui e qui).

La contestazione dei Cobas era rivolta contro un sindacato che si arroga un diritto di rappresentanza, che negli ultimi quindici anni è costato ai lavoratori una diminuzione del salario reale. Che è costato ai lavoratori di Pomigliano d'Arco, il confino nello stabilimento di Nola. Che sta costando la riduzione dei tempi di vita in nome della produttività; la precarietà del lavoro; i morti di lavoro. Questo ed altro finora è costato ai lavoratori l'attività sindacale concertativa, condotta secondo un presunto principio d'autorità. Questa e non solo è ad oggi la rappresentazione reale di una arrogante rappresentanza formale. Mentre gli operai dello Slai Cobas volevano parlare ad altri operai.

Ed invece c'è stata di nuovo una chiusura, di nuovo uno scontro, di nuovo divisioni tra lavoratori e di nuovo unanime condanne contro inventati "violenti" e "potenziali brigatisti". Di nuovo si è data occasione per strumentalizzare le richieste dei lavoratori, le ragioni di una lotta che dovrebbe essere unitaria e generalizzata. Così tutto rischia di tornare alla normalità: con i padroni che lasciano cadere qualche briciola dei loro lauti pasti, per osservare divertiti come si sbranano tra loro i lavoratori nel tentativo di raccoglierle.

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mercoledì 29 aprile 2009

1140 morti sul lavoro, incoraggiano il ministro Sacconi

L'Inail ha stimato che il numero degli infortuni mortali nel 2008, sia sceso sotto 1200. E' una stima per la cui conferma o meno, si dovrà attendere ancora un po' di tempo. Basti pensare che il rapporto annuale sull'andamento infortunistico per il 2007, è stato pubblicato dall'Inail nel luglio 2008. E' già capitato che previsioni ottimistiche siano state smentite dai dati reali. Ma quel dato provvisorio basta per rallegrare il ministro Sacconi, che considera «incoraggiante» una stima di 1140 morti sul lavoro denunciati, che ovviamente non può tenere conto degli infortuni che avvengono nella penombra di quel lavoro nero che tanto piace al ministro Brunetta.

Ma i "soli" 1140 morti, che significano 1140 famiglie che piangono loro cari, tanti genitori che piangono figli e migliaia di bimbi che potranno solo ricordare un loro genitore, quei morti incoraggiano Sacconi ad utilizzare quel dato per fare ancora una volta le veci dei padroni. Non tarda infatti il ministro del lavoro, a chiarire che il merito di quella stimata diminuzione dei morti sul lavoro, non deve essere attribuita al Testo unico sulla sicurezza emanato dal governo Prodi. Ed ha ragione!

Come può essere merito del Testo unico, se il governo Berlusconi, prima ancora di insediarsi parlava di modificarlo e se da quando ha preso il potere si è accanito contro quel decreto? Infatti, molta parte del Testo unico sulla sicurezza, attende una serie di decreti attuativi senza i quali rimane inattuabile, mentre in altre parti è stata prorogata la sua applicazione. Una serie di deroghe, proroghe ed inattività legislative, in attesa di decretare modifiche importanti che svuoteranno di significato e di efficacia le norme sulla sicurezza sul lavoro. Tra queste la riduzione delle sanzioni per le aziende ed il loro aumento per i lavoratori, oltre che l'indecente proposta "salva-manager" di cui si attende la riscrittura.

In realtà, però, quello che il ministro Sacconi sa ma non dice, è che già nel 2007 era stata introdotta dal precedente governo la Legge 123, che conteneva una serie di prime importanti misure, tra le quali: la sospensione dell’attività nel caso di presenza di lavoratori al nero superiore al 20%; l'ntroduzione del tesserino di riconoscimento nei cantieri e l’obbligo di comunicazione dell’assunzione del lavoratore il giorno precedente l’inizio del lavoro. Ma anche su questo il governo dei padroni ha poi posato la sua pesante mano disfattrice, mentre ha ridotto per quest'anno il numero di verifiche presso le aziende da parte degli organi ispettivi.

Lo sa il ministro Sacconi, ma non lo dice, che rendere inapplicabile il Testo unico sulla sicurezza sul lavoro, come il suo governo sta facendo, incoraggerà a ridurre le misure di prevenzione contro gli infortuni. Lo sa il ministro Sacconi, ma non lo dice, perchè ha bisogno di silenzio intorno a lui, mentre il suo governo continua a porre gli artigli sulle norme sulla sicurezza. Lo sa il ministro Sacconi, ma non lo dice, che lo stupro che il suo governo sta facendo sul Testo unico per la sicurezza sul lavoro, provocherà ancora morti sul lavoro ed invalidi, e che i lavoratori continueranno ad essere le vittime sacrificate sull'altare del profitto, con le quali la politica rende onore alla dea impresa.

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martedì 21 aprile 2009

Lodo Sacconi ... di cacca, per i lavoratori!

Chi ancora non si rende conto di quali interessi questo governo difenda, è ufficialmente un cretino! Questa la premessa. Doverosa, dopo l'ennesimo tentativo del governo, di tutelare chi sta più alto nella gerarchia sociale. Il tentativo si chiama art. 10 bis, e si prefigge di modificare tutto l'impianto sanzionatorio del testo unico in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. L'hanno ribattezzato "lodo Sacconi" e "salva manager", perchè si prefigge di esonerare i più alti gradi aziendali, dalle responsabilità per infortuni anche gravi sul lavoro, laddove si ravvisino responsabilità di preposti, progettisti, fabbricanti o lavoratori.

In pratica, se dovesse venire accertata una responsabilità di una di quelle figure, non si potrebbero ricercare responsabilità più alto. Le indagini ed i processi si bloccherebbero su una data linea dell'organigramma aziendale, più su della quale non si potrebbe andare. E la norma troverebbe una applicazione retroattiva. I vertici Thyssenkrupp? Non saranno giudicabili. Così come quelli della Umbria Olii o della Truck Center.

Dopo le proposte di riduzione delle sanzioni a carico dei datori di lavoro e il contemporaneo aumento delle sanzioni a carico dei lavoratori; dopo le modifiche al testo unico sulla sicurezza, nascoste in vari decreti e le varie deroghe alla completa applicazione delle norme; questa modifica darebbe il colpo di grazia alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Perchè è difficile immaginare un padrone (chi vuole, lo chiami pure imprenditore) che spende soldi per la sicurezza dei lavoratori, senza che sia obbligato a farlo. Solo l'ipocrisia, o bene che vada una fanciullesca ingenuità, potrebbe fare dire il contrario, osservando che oltre il 60% delle aziende è risultata irregolare ai controlli nel corso del 2008. Ma soprattutto basta leggere i dati sugli infortuni e sui morti sul lavoro, per rendersi conto che la cultura della sicurezza non appartiene alla classe padronale.

Se fino ad oggi poco si fatto per tutelare l'incolumità dei lavoratori, da domani, se dovesse essere approvato il "lodo Sacconi (di cacca, per i lavoratori)", i padroni non spenderebbero più un centesimo per la sicurezza. Perchè tanto, un capo cantiere o un lavoratore su cui far ricadere una qualche responsabilità, anche piccola, lo si troverebbe sempre. E così, i già deprimenti livelli di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, sarebbero praticamente azzerati. Ai lavoratori non rimarrebbe che confidare nella buona sorte, per sperare di tornare a casa sani e salvi, la sera dopo il lavoro.
Ed allora, dobbiamo augurarci buona fortuna? No. Cominciamo ad augurarci una "buona lotta" per i diritti sul lavoro!

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