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lunedì 15 giugno 2009

Nere o verdi, che differenza fa?

Molto bello l'articolo di Peacereporter sulle costituende "ronde nere". Efficace denuncia di uno scandaloso, ennesimo tentaivo di riorganizzare un partito fascista, con tanto di milizia. E grande merito dell'intervista di Peacereporter a Gaetano Saya, fondatore delle "ronde nere", va dato per avere messo molto accuratamente in risalto il pericolo che sta dietro quell'organizzazione, che vorrebbe girare per le strade con divise e simboli di stampo nazista. Dal giorno dopo, toni allarmistici e giustamente scandalizzati si leggevano su vari giornali. Stranamente (ma nemmeno troppo) meno indignazione hanno creato invece le parole di un ministro della Repubblica italiana.

Maroni, ministro dell'Interno, si è recato nella "sacra" terra di Pontida per partecipare alla venerazione del dio Po, insieme al tribale popolo leghista. L'adorato sacerdote di questo strano popolo arcaico, dopo avere iniziato il suo intervento al grido di «Padania libera, non mollare mai» dichiara che «ebbene sì, vogliamo le ronde ... noi non ci fermeremo ... noi andremo fino in fondo». E tutt'intorno simboli celtici, Alberti da Giussano, bandiere crociate, corna vichinghe. E poi bendiere verdi e cravatte verdi e fazzoletti verdi.

E' ovvio che il richiamo a simboli chiaramenti nazisti delle "ronde nere" desta preoccupazione e giusto scandalo. Ma perchè non scandalizzarsi altrettanto per le "ronde padane" o "ronde verdi"? Al di là del colore, la sostanza cambia davvero poco. Lo spirito che muove gli energumeni padani, è lo stesso che si trova nell'organizzazione di Saya. Ed i simboli, seppure non uguali, sono per entrambe le squadracce di ronde motivo di ostentazione di appartenenza ad un gruppo, un branco, un clan di difensori degli interessi di un'orda xenofoba. Ed il problema di fondo è che queste squadracce trovano appoggio istituzionale in un governo che della xenofobia, della violenza verbale, dell'autoritaismo ha fatto un programma politico.

Davanti a fatti come questi, non si può rimanere indifferenti, che equivarrebbe ad un silenzioso appoggio a quelle squadracce, alle loro logiche, all'odio che le organizza. Bisogna invece reagire. Magari in modo fantasioso. Si potrebbe magari passeggiare in contro ronde, ma anche semplicemente con amici, con il proprio compagno o compagna o con la famiglia, armati di naso da pagliaccio da indossare al loro passaggio, ma senza sorridere. Potrebbe essere un buon modo per far capire quanto essi siano ridicoli, seppure non facciano ridere per niente.

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giovedì 22 gennaio 2009

11° : vietato manifestare ...

... non è scritto sulle tavole della legge che Dio consegnò a Mosè sul Monte Sinai. L'undicesimo comandamento lo sta scrivendo il ministro Maroni, anche se non direttamente sulle tavole. Che ci vorrebbe martello e scalpello, ma non tanto per la durezza delle pietre, quanto per il merito della proposta che ha un sapore del passato, vecchio ... un po' fascista.
Il ministro Maroni sta infatti lavorando ad una direttiva, che sarà inviata ai prefetti nei prossimi giorni e che impedisca di manifestare vicino a luoghi di culto, centri commerciali, monumenti. E lo stesso ministro ad avere motivato la direttiva, dicendo che sarà emessa «affinchè fatti come quelli avvenuti davanti al Duomo di Milano non abbiano a ripetersi». E con questa premessa non credo sia plausibile ipotizzare che tra le intenzioni di Maroni, ci sia quella di vietare una processione del santo patrono nelle vicinanze di una sinagoga, o di una moschea o anche di una chiesa valdese. Ancor meno si riesce ad immaginare che venga impedito il passaggio della via crucis nelle vicinanze del Colosseo.

Ed allora le ipotesi si riducono sostanzialmente a due: la prima è quella che si tratti di un'iniziativa di facciata. La solita per mantenere alto l'animalesco sentimento xenofobo del popolo celodurista. Un'operazione per accontentare elettori, che spesso tengono insieme l'avversione contro ogni diversità (religiosa, culturale, etnica, fino alle differenze di acconciatura) e l'idolatria del libero mercato. Anche perchè quando una manifestazione occupa spazi pubblici, gli organizzatori sono già costretti a richiedere autorizzazione alla Questura. Questa deciderà sull'autorizzazione a manifestare ed anche nel merito del percorso. Pertanto delle limitazioni a manifestare ovunque si ritiene opportuno, a ragione o a torto esistono già.

La seconda ipotesi è che l'annunciata direttiva di Maroni, volendo impedire manifestazioni nei pressi di luoghi di culto, monumenti e centri commerciali, sia un impedimento di fatto ad esprimere un dissenso, visto che di chiese sono disseminate tutte le italiche città, dal centro storico fino alla periferia. Così come di monumenti che, seppure nelle periferie non pullulino, ci sono i centri commerciali a fare da altare innalzato ad un dio commercio, anche questo, a detta di Maroni, inviolabile.
Un divieto a dissentire verso determinati gruppi. Infatti, come se non bastasse, Maroni ha in mente di fare pagare agli organizzatori una cauzione come garanzia per eventuali danni. Con molta probabilità family-day e simili non avranno bisogno di fornire garanzie. E comunque è facile pensare che queste manifestazioni non abbiano problemi finanziari.
Insomma, i luoghi preposti alle manifestazioni contro le politiche autoritarie, per l'integrazione, per il lavoro e contro la precarietà, ecc., si riducono alle paludi metropolitane, dove l'unica risposta alle rivendicazioni che può essere percepita è l'eco degli slogan.
Ma a conti fatti, quelle due ipotesi sono possibili entrambi. Anzi credo che l'una alimenti l'altra, in un gioco perverso in cui a rimetterci è la democrazia italiana.

Si sta per chiudere il cerchio che questo prepotente governo sta tracciando. Prima scelte autoritarie contro intere cittadinanze; poi l'esercito nelle strade ed i manganelli a garantire le imposizioni del regime; pochi giorni fa l'abrogazione di norme che garantiscono i cittadini contro i soprusi delle forze dell'ordine, ed anche la reintroduzione del reato penale di oltraggio a pubblico ufficiale. Fino a oggi, con il divieto di fatto a manifestare.
Ormai solo l'imbecillità può fare non temere per la democrazia in questo Paese.

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giovedì 6 novembre 2008

Il ministero dell'interno costringe Medici Senza Frontiere a lasciare Lampedusa

Avete presente quei luoghi del Pianeta, dove alle organizzazioni umanitarie è impedito di fatto di lavorare? Sapete di quei territori, dove quelle organizzazioni tentano di garantire un minimo di dignità umana a poveri disperati, ma i governi mettono loro il bastone tra le ruote? Immaginate quei luoghi dove un governo dice di non avere bisogno di certe organizzazioni, fatte di persone che gratuitamente prestano un indispensabile servizio? Non c'è bisogno che vi sforziate con la memoria o l'immaginazione. Uno di quei posti è qui. In Italia. Nel nostro meridione. Uno di quei posti è Lampedusa.
Il Ministero dell'Interno, infatti, si è rifiutato di firmare un nuovo protocollo d'intesa con Medici Senza Frontiere e di rilasciare, alla stessa organizzazione umanitaria, le autorizzazioni necessarie ad operare a Lampedusa.

Per quanto il governo si sforzi di mostrarsi cattivo e per quanti accordi faccia con la Libia, gli sbarchi di migranti sulle nostre coste continuano. Evidentemente la fame e le guerre, rimangono buoni motivi per fuggire da un territorio. Sembra ovvio, ma provatelo a spiegare a Maroni.
Nel corso dei primi nove mesi del 2008, gli sbarchi sono stati 23mila. Solo a Lampedusa, Linosa e Lampione ce ne sono stati 325. E qui Medici Senza Frontiere, tra gennaio e ottobre di quest'anno, ha prestato le proprie cure a quasi 1500 migranti. Dal 2005 ad oggi, sono stati visitati a Lampedusa oltre 4500 persone che sbarcavano dopo lunghe traversate in mare, in condizioni al limite della sopravvivenza. In un territorio che non sarebbe in grado, con le sole strutture sanitarie regionali e per il numero di prestazioni da eseguire, di prestare un servizio adeguato di assistenza medica.
La considerazione che questo governo xenofobo ha della tutela della dignità umana, è tanto bassa che con questa decisione negherà di fatto cure adeguate a centinaia di persone in fuga da guerre e miseria, che sbarcano in Italia dopo viaggi in condizioni disumane. Tanto più che c'è da aspettarsi che molti migranti rifiuteranno le cure, se dovesse passare l'emendamento leghista al DdL 733 (pensato apposta per i migranti), che nega nei fatti l'universalità del diritto alla salute.

Ma di questo il ministero dell'Interno se ne sbatte. Come se ne sbattuto lo stesso ministero nel 2004. Quando il predecessore di Maroni, Scajola negò anche allora a MSF di proseguire con la propria attività umanitaria, dopo che la stessa organizzazione aveva pubblicato un rapporto sulle condizioni sanitarie dei migranti detenuti nei CPT. Era un rapporto scomodo.
Come è scomoda, per i piani del governo, l'opera di MSF, visto che tenta di riportare un minimo di umanità, laddove la xenofobia governativa si accanisce sulla dignità umana delle persone più deboli.

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giovedì 16 ottobre 2008

Maroni: il primo candidato all'iscrizione nelle "classi di inserimento"?

Se c'è una cosa che non sopporto è la presunzione. "Ho ragione io"; "Sono tutti certamente d'accordo con me"; "Ho fatto tutto bene"; "Non ho contraddetto nessuna regola" ... Quando poi in casi come questo, viene sbattuta in faccia la smentita a certe pretestuose argomentazioni, una maliziosa contentezza mi prende.
Peccato non potere vedere la faccia del presuntuoso, proprio mentre viene smentito in maniera plateale. Coda tra le gambe, testa china, il collo che scompare dietro le guance poggiate sulle spalle, braccia pesantemente distese lungo i fianchi e sguardo amareggiato. Così immagino il ministro Maroni, mentre si dirige verso l'uscita della sala nella quale ha sostenuto un esamino di diritto comunitario in materia di immigrazione, dopo essere stato gravemente bocciato.
Forse il ministro, essendo dell'Interno, non ha ritenuto di doversi applicare su materie che hanno valenza oltre i confini nazionali. Lui, che vorrebbe realizzare il Regno Padano, è già restio a studiare cose italiane. Figuriamoci l'insofferenza nell'applicarsi su materie che trattano di immigrati e di Europa.
E così il ministro, davanti al Comitato Schengen, ha ripetuto le sue convinzioni: i cittadini comunitari senza reddito devono essere esplusi e chi è senza permesso di soggiorno deve andare in carcere. Ma è stato bocciato. Il Comitato Schengen ha detto che la norma sull'espulsione dei cittadini comunitari senza casa e reddito è «eccessiva» e per chi è senza permesso di soggiorno, non si può andare oltre una multa.
Anzichè istituire "classi di inserimento" per alunni stranieri, si farebbe meglio (parafrasando la stessa mozione del deputato leghista Cota) a «rivedere il sistema di accesso dei ministri italiani nelle sedi comunitarie di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso, previo superamento di test e specifiche prove di valutazione». In caso di bocciatura nei test, i ministri italiani dovrebbero applicarsi in "classi di inserimento" per «frequentare corsi di apprendimento della legislazione comunitaria».
Di classi di questo tipo credo ne avremmo davvero bisogno. Immagino già la numerosità degli iscritti. In attesa dell'apertura di classi di inserimento per ministri delle quali Maroni sarebbe il primo candidato all'iscrizione, lo stesso ministro dell'Interno è pregato di stare in punizione, all'angoletto, con lo sguardo rivolto verso il muro ed un cappello con due grosse finte orecchie sulla testa.

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giovedì 17 luglio 2008

Impronte digitali. C'è già chi dice: "chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere" ... perciò ho paura!

So bene di essere costantemente osservato. Sono cosciente che mille occhi guardano ogni giorno ogni mio movimento. Un Grande Fratello con gli occhi di una mosca che non mi perde mai di vista.
La carta di credito, il bancomat, il web, la posta elettronica, la scheda dei punti della spesa, gli sms, le conversazioni telefoniche, eccetera, eccetera, eccetera. Ogni passaggio della mia vita quotidiana lascia una traccia, da qualche parte.
Se solo qualcuno un giorno si prendesse la briga di incrociare i dati che quotidianamente raccolgono su di me, potrebbe arrivare a sapere quanti strappi di carta igienica utilizzo nel nettarmi il deretano quando libero l'intestino.

Perchè mai allora dovrebbe infastidirmi l'idea delle impronte digitali sulla carta d'identità dal 1° gennaio 2010? Beh, diciamo innanzitutto che mi irrita il voler fare passare questa norma, come la dimostrazione che il provvedimento che prevede la schedatura dei rom, non ha valenza razzista. Questa norma «disinnesca la questione Rom. - dice Antonio Misiani del PD - Ora le impronte saranno prese a tutti». Contento lui. Peraltro subito smentito da Maroni, che dice che la norma che prevede le impronte digitali per tutti «non supera l'ordinanza sul censimento nei campi nomadi». Appunto. Si erano illusi solo dalle parti del PD.

E comunque non sopporto l'idea di mettermi in fila e consentire ad un funzionario pubblico di avviare una mia schedatura. Ecco la differenza che passa con la giornaliera, disordinata raccolta dati, a cui facevo riferimento prima. Con l'introduzione delle impronte digitali nelle carte d'identità, si avvia quel complesso di operazioni sistematiche, attraverso le quali si raccolgono e si ordinano in via preventiva una serie di informazioni, in nome di una "sicurezza pubblica" sempre più sinonimo di "stato di polizia".
Vorrei mi fosse spiegato il motivo per il quale lo Stato si premura di tenere sotto controllo un cittadino incensurato. Certo, qualche rappresentante del Governo in carica (e forse non solo)mi verrà a dire che "chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere". Ma il sentire quella frase, non mi rassicura affatto. Anzi, tremo. Un brivido mi corre lungo la schiena, pensando che la pronunciò, nel lontano 1936, un certo Adolf Hitler.

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martedì 13 maggio 2008

Non vogliono i clandestini e vogliono costringerli a rimanere

I reati in Italia sono diminuiti. La paura di essere vittima di reato, è in genere di gran lunga superiore alla possibilità concreta di diventare vittima. Dagli ambienti della sinistra, dell'associazionismo, della solidarietà, è argomento conosciuto e divulgato. Qualche giorno fa, anche il neoministro della difesa La Russa (non proprio di sinistra, nè samaritano), spinto da un raptus di onestà politica (scomparso quasi immediatamente), ha detto sostanzialemnte che la paura percepita è esagerata rispetto alla realtà. Però, come al solito, si torna a parlare, demagogicamente di paura giustificata se si parla di immigrati, specie se clandestini.
E allora? Che fare? Come al solito la soluzione proposta dalla destra leghista e post-fascista è come sempre semplice semplice, quanto inutile e populista. Cosa si stanno inventando questa volta? Il reato penale di clandestinità, che ad oggi è una violazione amministrativa. Lo propone il leghista Maroni, ministro degli Interni e lo sostengono gli alleati post-fascisti.
Lasciando perdere la questione - pure importantissima - della reclusione in CPT (praticamente centri di detenzione), per un reato amministrativo. Facciamo finta che non sia in vigore la Legge Bossi-Fini, che non limita l'ingresso di clandestini, bensì produce condizioni di clandestinità. Tralasciamo la solidarietà e l'umanità, che dovrebbero essere riservate a quanti fuggono da condizioni di fame, guerra, persecuzioni. Spegnamo il cervello per un poco e fingiamoci leghisti e/o post-fascisti: può starci bene perseguire penalmente un clandestino, condannarlo, incarcerarlo e pretendere la certezza della pena? Beh ... se nonostante la disattivazione celebrale, un paio di neuroni continuassero pure stancamente a lavorare, dovremmo dire di no. Perchè trasformare la clandestinità in reato penale, significa che una volta che ad un immigrato è stato contestato il reato, si dovrà procedere ad un processo, che prevede tre gradi di giudizio. Tale immigrato clandestino, avrà diritto a restare in Italia per subire il processo, che sarà presumibilmente molto lungo, visti i tempi della giustizia italiana. Al termine del processo, subirà una condanna che si vuole esemplare e certa. Ciò significa che lo stesso immigrato clandestino, sarà costretto a rimanere in Italia per tutti gli anni previsti dalla pena, riempiendo le già affollate carceri italiane.
Quindi, siccome non si vogliono immigrati clandestini entro i confini italiani, si propone un decreto che li costringe a rimanere in Italia.
Bene, ora potere riaccendere il cervello e dirvi preoccupati per la svolta autoritaria della nostra Repubblica.

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