Nere o verdi, che differenza fa?
Maroni, ministro dell'Interno, si è recato nella "sacra" terra di Pontida per partecipare alla venerazione del dio Po, insieme al tribale popolo leghista. L'adorato sacerdote di questo strano popolo arcaico, dopo avere iniziato il suo intervento al grido di «Padania libera, non mollare mai» dichiara che «ebbene sì, vogliamo le ronde ... noi non ci fermeremo ... noi andremo fino in fondo». E tutt'intorno simboli celtici, Alberti da Giussano, bandiere crociate, corna vichinghe. E poi bendiere verdi e cravatte verdi e fazzoletti verdi.
E' ovvio che il richiamo a simboli chiaramenti nazisti delle "ronde nere" desta preoccupazione e giusto scandalo. Ma perchè non scandalizzarsi altrettanto per le "ronde padane" o "ronde verdi"? Al di là del colore, la sostanza cambia davvero poco. Lo spirito che muove gli energumeni padani, è lo stesso che si trova nell'organizzazione di Saya. Ed i simboli, seppure non uguali, sono per entrambe le squadracce di ronde motivo di ostentazione di appartenenza ad un gruppo, un branco, un clan di difensori degli interessi di un'orda xenofoba. Ed il problema di fondo è che queste squadracce trovano appoggio istituzionale in un governo che della xenofobia, della violenza verbale, dell'autoritaismo ha fatto un programma politico.
Davanti a fatti come questi, non si può rimanere indifferenti, che equivarrebbe ad un silenzioso appoggio a quelle squadracce, alle loro logiche, all'odio che le organizza. Bisogna invece reagire. Magari in modo fantasioso. Si potrebbe magari passeggiare in contro ronde, ma anche semplicemente con amici, con il proprio compagno o compagna o con la famiglia, armati di naso da pagliaccio da indossare al loro passaggio, ma senza sorridere. Potrebbe essere un buon modo per far capire quanto essi siano ridicoli, seppure non facciano ridere per niente.