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mercoledì 8 luglio 2009

Favolose Dolomiti

Arriviamo a Sesto al tramonto, mentre il sole gioca con le cime delle Dolomiti tingendo il paesaggio di una calda luce dorata. L'aria è incredibilmente fresca e pulita e le distese verdi dei campi e dei boschi riempono gli occhi con la loro placida presenza.
Ci sistemiamo in una delle tante pensioni del paese. Muri rivestiti in legno chiaro, un ampio balcone che si apre sulla valle, vasi di splendidi fiori che inondano la stanza con il loro lieve profumo. E il silenzio, quella pace che è impossibile trovare vivendo in città, che ti entra dentro spazzando via qualsiasi pensiero.
Gustiamo una cena leggera nella grande sala dell'albergo, servita dalla Signora Elga, elegantemente fasciata in uno splendido abito tirolese. Non posso fare a meno di pensare ai cartoni della mia infanzia e non mi meraviglierei se a servire il dolce fossero Haidi o Annette.

My creation

La mattina successiva si parte presto per il trekking. La meta saranno le Tre Cime di Lavaredo. Attraversiamo boschi, inerpicandoci su per il fianco della montagna. La vegetazione è rigogliosa, splendidi fiori gialli, rosa e azzurri decorano il paesaggio roccioso, mentre nell'aria si diffonde il fresco e balsamico odore dei pini.

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Il sole scalda la pelle e si riflette abbacinante sui ghiaioni candidi, memoria di una frana di qualche decennio prima.

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La neve non si è ancora sciolta completamente e in alcuni punti disegna meravigliose architetture. Ponti di ghiaccio, gorgoglianti cascate, laghi che mostrano incredibili scale cromatiche. E' affascinante affondare la mano in quella materia bianca e gelata mentre attorno l'estate è esplosa in un tripudio di colori.

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Raggiungiamo il rifugio Comici, lasciandoci alle spalle la parte più impegnativa della passeggiata. Abbiamo coperto un dislivello di circa 800 metri e ci sediamo per qualche minuto godendo della straordinaria vista. Picchi brulli si stagliano contro il cielo. La loro geometria sfiora la perfezione, come se una mano ne avesse smussato le linee, cesellato i contorni. In alcuni punti i depositi ferrosi screzia le cime di un rosa pallido, splendide signore dalle guance imbellettate.

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La seconda tappa è il rifugio Pian di Cengia, incastonato in una forcella riparata dai venti. Bandierine di preghiera buddiste ci danno il benvenuto e il piccolo edificio di legno con gli scuri rossi ci sembra un ottimo posto dove fermarsi a pranzare. Ci sediamo a uno dei tavoli della terrazza e la Frost ghiacciata scivola delicatamente in gola. Una leggera brezza mitiga i raggi del sole, appoggio la testa contro il muro lasciando che un delizioso torpore mi attraversi il corpo. La mente è libera di volteggiare come i gracchi che solcano il cielo, senza soffermarsi su nulla in particolare. Le conversazioni dei miei compagni, le loro risate fanno da perfetta colonna musicale.

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Ci rimettiamo in marcia. Ora la strada è leggermente in discesa e in breve raggiungiamo il rifugio Locatelli.

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Le Tre Cime di Lavaredo sono uno spettacolo straordinario. Tre costoni di roccia grigia e rosa che svettano imponenti, sulle cime la neve non ha ancora ceduto alle lusinghe dell'estate. Si percepisce l'antichità di questo luogo, come la natura nei secoli abbia creato questo scenario, granello dopo granello. Queste montagne c'erano già molto prima che io nascessi e ci saranno ancora dopo la mia morte. sono una parte della nostra memoria, osservano dalla loro altezza noi piccole formiche andare e venire, con i nostri fardelli di gioie e dolori. La natura, la nostra terra è l'anello che ci unisce tutti quanti e davanti a tanta maestosità, a questi leviatani di pietra, sento di dovergli rispetto.

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Attorno a noi si cominciano a radunare gruppi di ragazzi. Domani circa 6000 persone stringeranno in un grande abbraccio queste montagne. Una manifestazione in favore dell'Africa e contro la povertà. mi piacerebbe rimanere ad assistere alla formazione di questo anello, prendere per mano la weazel per urlare ai potenti quanto sia insensato lo sfruttamento sistematico di persone e risorse, ma è tempo di tornare verso casa. Lascio su quelle cime un pezzetto di me e affronto la discesa ringraziando di aver potuto vivere questa esperienza.
Anche il secondo giorno la sveglia suona presto, ma la stanchezza che mi ha attanagliato in questi giorni è sparita. Affittiamo alcune biciclette e da San Candido ci dirigiamo verso Lienz. La ciclabile costeggia il fiume attraversando la val Pusteria. I fiori di cardo spiccano con il loro viola intenso fra il verde dell'erba, e ci divertiamo come bambini ad affrontare alcune discese a tutta velocità. Ripiegati sui manubri, il vento che sibila nelle orecchie ci sentiamo tutti dei provetti Girardengo.

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Ritorniamo a San Candido nel primo pomeriggio, la giornata è quasi terminata. Una breve passeggiata fra le vie animate da numerose bande locali e poi è il momento di tornare a Bologna.

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Le Dolomiti mi hanno rapito, giganti buoni che conservano un fascino ancestrale e che regalano una tranquillità che profuma di pulito

domenica 27 luglio 2008

Stupore



A volte le parole non sono sufficienti. A volte capita che siano di troppo. La bellezza svuota la mente e mi ritrovo a canticchiare il motivetto di Haidi con un sorriso ebete disegnato sulla faccia. Inciampo nei sassi lungo il sentiero. Non sto guardando dove metto i piedi. Il panorama è troppo bello per distogliere lo sguardo. L'altitudine e la fatica accorciano il fiato. E giunti in cima mi accorgo che sto urlando Sono il re del mondo, come un novello Di Caprio fatto di acido.
Qui le mele sanno di mela e le mucche pascolano libere lungo i crinali. Il loro scampanare ti segue ovunque assieme al rumore incessante dell'acqua che scende dal ghiacciaio.
Gli uomini appaiono rudi, con quel loro marcato accento teutonico. Ma la loro gentilezza sorprende.
E quando lo sguardo abbraccia le vette di quei monti, zanne scure orlate di verde, a quasi tremila metri di altitudine, penso che il paradiso sia stato sparpagliato su questa terra.


Sabato scorso stavo camminando su di un sentiero sulle rive di un lago di montagna. Il sole caldo, l’aria fresca e la luce che penetrava tra le fronde degli alberi trasformavano il bosco in una mutevole tavolozza di colori. Pace assoluta. Ogni tanto gli alberi si diradavano e in lontananza si distinguevano i ghiacciai sulle vette della Val Senales. Era il contesto che avevo immaginato per meditare su me stesso e fare un bilancio di un primo stralcio di esistenza che andava in archivio. Davanti a me camminava veloce e nervosa più di un terzo della mia vita. Ogni tanto si fermava a fare una foto o a guardare ammirata una farfalla. Poi ripartiva. Non riuscivo a concentrarmi su me stesso. Dopo mezz’ora avevo rinunciato al mio “Progetto Nostalgia”. La bellezza della natura era immensa e col suo urlo potente aveva coperto qualsiasi voce interna, lasciando solo serenità. Ho capito che la mia più grande fortuna in questi anni sia stata sentirmi così moltissime volte. Vedere l’Etna innevato la vigilia di Natale dal Teatro Greco di Taormina.
La spiaggia bianca di Tortolì e il mare verde di Sardegna, in una mattina di Aprile con un gregge di pecore e nessun altro.
Il sentiero da Manarola a Monterosso.
Entrare nella Moschea Blu.
Vedere apparire dopo ore di auto la Monument Valley, e non avere più niente da dire.
Una passeggiata con un vento incredibile sulla spiaggia di Hirtshals.
Le Cliffs of Moher battuti dall’oceano in burrasca.
Lo stupore fantastico delle Grotte di Frassassi.
La spiaggia di Ostriconi.
Dormire in una tenda mignon a Land’s end con la propria ragazza e capire che starete insieme per sempre.
Venezia con la nebbia una mattina di Febbraio.
Passare sotto al Duomo di Firenze, che hai già visto decine di volte, dopo tre ore che corri e nonostante tutto stupirsi di quella cupola.
Vedere una partita allo Yankee Stadium, l’anno prossimo non ci sarà più.
Allontanarsi dai genitori e rimanere da solo con i mostri di Bomarzo.
Una messa cantata nella Cattedrale di Siviglia.
Camminare sotto la pioggia e perdersi nell’Alfama.
Il museo Pergamon, nonostante la miriade di turisti.
Fare rafting sul Fiume Colorado.
Una serata molto romantica a Port Isaac in Cornovaglia, uno dei posti più romantici del mondo.
Parigi….tutta.
Camminare sul sentiero alto dei Laghi di Plitvice e credere per un attimo che arriverete a Gran Burrone.
Guardare il sole tuffarsi nel mare dietro ad Alicudi dalle Terme di San Calogero a Lipari. La Corrida nell’Arena di Arles, vista da solo a 14 anni perché i tuoi disapprovavano l’usanza.
Sulla Julia Pfeiffer Beach a Big Sur, dopo aver percorso tutto il giorno la famosa n°1 de “Il Laureato” puoi trovare il paradiso in terra.
Tuffarsi nudo in un lago finlandese col sole di mezzanotte dopo aver fatto la sauna con un branco di omoni pieni di birra.
10 secondi nel Patio de los Arrayanes all’Alhambra in cui non c’era nessun altro turista.
San Luca, tutte le volte che ritorno a casa da qualsiasi direzione. E’ la sicurezza delle cose conosciute dopo aver esplorato il mondo.
Lo scorso week end in montagna mi sono sentito così più di una volta e guardando le foto è facile capire il perché. Nella vita spesso le cose non vanno come ti immagini, ma sono convinto che bisogna lottare e stringere i denti per questi momenti indimenticabili che il mondo lascia su di noi che ci consolano nelle difficoltà e ci spingono ad andare avanti.
la weazel

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