Chi è venuto a trovarmi a Bruxelles ha visto troneggiare nella parete della stanza da pranzo un grande dipinto, regalo di matrimonio della nostra famiglia australiana.
È un dipinto che suscita curiosità, che provoca domande.
È un dipinto aborigeno contemporaneo: un'arte estranea, quasi aliena per noi, un'arte che non può lasciare indifferenti.
Gli aborigeni australiani sono un popolo antichissimo, complesso: le loro tradizioni, le loro lingue differiscono molto da un gruppo all'altro e così le loro espressioni artistiche.
Quello che li unifica è il concetto del "Sogno" e del "Tempo dei sogni".
Idee difficili da sintetizzare e di cui si può dire, molto genericamente, che si riferiscono al periodo della genesi del cosmo.
Il sogno rievoca gli esseri mitici e gli antenati che, percorrendo l'universo ancora amorfo, hanno creato tutto quello che ora vi si trova e hanno instaurato le leggi che regolano il mondo.
Il sogno rievoca gli esseri mitici e gli antenati che, percorrendo l'universo ancora amorfo, hanno creato tutto quello che ora vi si trova e hanno instaurato le leggi che regolano il mondo.
L'arte aborigena contemporanea è profondamente legata a quella tradizionale: ne ripete motivi e colori e ne ripropone la mitologia.
Nella zona di Papunya, in pieno deserto, si raccolse intorno agli anni ´70 una comunità di aborigeni di etnia Puintupi che usava, prevalentemente, uno stile nato per i disegni fatti sulla sabbia e connessi alle cerimonie di iniziazione.
È la cosiddetta "dot art", basata sulla tecnica del "poinitillisme", in cui la raffigurazione è realizzata con piccoli punti di diversi colori.
Una pittura astratta che rispecchia una realtà spirituale e modelli legati a leggende e miti ancestrali: ogni dipinto si riferisce a un sogno e rievoca i legami sacri che uniscono gli antenati e l'uomo agli animali e al territorio.
Nel 1971 un professore di disegno introdusse a Papunya l'uso della tela e dei colori acrilici, ma i motivi e i soggetti rimasero quelli tradizionali.
Uno dei maggiori pittori della comunità è Michel Nelson Jagamarra (nato verso il 1949).
M.N.Jagamarra, Cinque sogni, Melbourne coll. PIzzi |
Il dipinto è separato in due parti da cinque cerchi, uniti da una linea che rappresentano i siti legati al sogno delle formiche volanti: le righe sinuose sono le tracce che altri animali hanno lasciato sul terreno.
Il grande serpente, invece, allude al mito dell arcobaleno.
Il soggetto, in realtà, è quasi inesplicabile per chi non conosca tutte le leggende del “Tempo dei sogni”.
Quello che è straordinario è che tutti i motivi tradizionali sono ripresi e armonizzati in una maniera diversa, nuova, creativa, tanto da farne un capolavoro assoluto d'arte contemporanea.
Oggi l'arte aborigena è riconosciuta e apprezzata e raggiunge nelle aste quotazioni da capogiro.
I miti del “Tempo dei sogni”sono ormai raffigurati, con lo stile di Papunya, sugli oggetti più disparati, prodotti industrialmente, magari a Taiwan, e venduti nei centri commerciali e nei negozi di souvenir di tutta l'Australia.
Ma anche l'acquisto di un oggetto-ricordo può essere una porta per entrare nel mondo degli aborigeni e cominciare a conoscerlo: l'essenziale è lasciarsi prendere dal fascino di quella che rappresenta la più antica cultura vivente, totalmente diversa dalla nostra.
È un percorso da fare lentamente, con rispetto, considerando che per questo popolo isolato, senza documenti scritti, nomade, privo di spirito guerresco e quasi distrutto dalla violenza dei bianchi, l'arte rimane il principale mezzo di integrazione e di comunicazione con il nostro mondo.
meraviglia:)
RispondiEliminamt
Soggetto a me totalmente ignoto. Ti ringrazio per questa iniziazione.
RispondiEliminaGuardando il dipinto non posso fare a meno di considerare come certi tratti siano universali se si voglia rappresentare il movimento, il divenire .
Buona domenica :-)
Mi ricordo bene il vostro dipinto e soprattutto la particolarissima cornice fatta su misura (e immagino con grande cura e amore).
RispondiEliminaTi confesso che leggere ciò che hai scritto sulla cultura aborigena mi ha commossa, così come mi accade ogni volta che vengo a contatto - anche in modo così mediato - con espressioni di vita, di sentimenti, di appartenenza al mondo che diventano sempre più fragili, che rischiano di scomparire perché svalutate e ignorate o perché, peggio ancora, fagocitate dalla barbara tendenza, tutta occidentale, a trasformare in merce qualunque cosa, anche l'arte, la poesia, lo spirito.
Grazie, cara
Ho letto di Marlo Morgan "E venne chiamata due cuori" un libro criticato per alcune imprecisioni storiche che aveva per tema un affascinante racconto del viaggio nel deserto australiano guidata dagli aborigeni. Molto bello il quadro e interessante l'illustrazione che ci hai regalato con questo post.
RispondiEliminaCiao. Buona domenica, Nou.
P.S. Il dipinto mi ha ricondotta al romanzo di M. Morgan rievocando molti particolari.
RispondiEliminamolto bello. E tanta voglia di saperne di piu'! S.
RispondiEliminaMa è semplicemente una meraviglia..non riesco nemmeno a trovare altre parole per...descriverlo..quando l' arte meraviglia cosi tanto da zittire ongi parola, perchè la bellezza che emana non ha parole umane.
RispondiEliminaBuona domenica.
Lily
Ho in casa "le vie dei canti" di Chatwin , letto molto tempo fa , ricordo però che questa cosa sul tempo del sogno l'avevo capita come riferito ad un mitico e remotissimo passato, ma lui dice che c'è un canto, quelllo delle mosche , che si capisce che riguarda un episodio recente, un test atomico realizzato nel deserto australiano . Un ronzio nell'aria, come di tantissime mosche. Il mito australiano, così mi pare d'aver capito , continua a creare e ad assorbire la realtà, in un processo senza fine , che rende questa cultura ancora viva. Ho visto un documentario sugli aborigeni , sempre RAI3, ovvio, dove si descrivevano le condizioni di vita su un'isola che gli australiani usano come prigione per loro , solo loro, dove succedono le peggiori cose. Questa gente è liobera sul serio, e limitarli , in fondo le loro esigenze sono minime, significa ucciderli , eucciderli è perdere un pezzo di Anima del ianeta. Grazie per aver mostrato questo fascinoso dipinto , e se hai qualche testo da suggerire per conoscere meglio questa cultura, a parte il libro "E venne chiamata due cuori" , tanto carino, che ho letto, che mi sembra più che altro un'operazione commerciale,te ne sarò anche più grata.
RispondiEliminaSono stato l'anno scorso a Roma a vedere la mostra Australia today di arte aborigena contemporanea.Molto bella anche se nessuna delle tele era,secondo me, paragonabile a quella che hai scelto. Certo vederle in Australia con i colori del paesaggio , nel deserto deve essere tutt'altra cosa, veramente una cultura da conoscere.
RispondiEliminaM.
Questo dipinto é bellissimo, come dice Vitamina, sarebbe utile se tu ci potessi suggerire qualche testo per entrare nel mondo della cultura aborigena e della loro arte.
RispondiEliminaSara
Quella aborigena mi appare come un'arte magnifica, non soltanto un documento etnografico, ma arte. Vorrei anch'io conoscere meglio una cultura tanto lontana da noi.
RispondiEliminaAnna
Sì, per quanto me ne possa intendere, si é in piena arte. E grande arte. Ciò non toglie che é giusto conoscere meglio storia e cultura dei nativi dell'Australia.
RispondiEliminasono affascinata dall'arte aborigena... (e commossa come Duck, al pensiero di realtà che diventano sempre più fragili, e arrabbiata quando penso a ciò che abbiamo fatto loro).
RispondiEliminatempo fa, vidi un documentario sull'arte aborigena, in cui venivano ripresi proprio gli artisti al lavoro.
donne anziane, persone estremamente semplici, che a contatto di tele e colori si astraevano completamente dal mondo circostante per "ricordare" la loro arte.
ero rimasta anche colpita dal fatto che, i bambini aborigeni, sono gli unici al mondo che quando iniziano a disegnare, lo fanno come se stessero guardando dall'alto, come disegnassero un mondo visto in volo.
detto questo, mi piacerebbe davvero tantissimo avere un dipinto di arte aborigena...
un caro saluto!
Ogni volta che sento parlare degli aborigeni australiani mi riviene in mente il libro "e venne chiamata due cuori" di Marlo Morgan.
RispondiEliminaMi commuove il pensiero di loro, del loro stile di vita così fortemente legato alla natura..ed ora grazie a te posso ammirarne anche una tela! Grazie mille cara, è davvero bellissimo. :)
un forte abbraccio
Grazie a tutti per i commenti.
RispondiEliminaPer chi mi chiede testi sulla cultura aborigena preferirei anzichè suggerire dei libri (a parte quello imperdibile di Bruce Chatwin Le vie dei canti, che mi ha fatto da manuale per il mio primo viaggii australiano) parlare di tre film. Tut'e tre - anche quelli più vecchi si possono trovare in DVD) . Due sono del più grande regista australiano , Peter Weir e parlano del rapporto degli aborigeni con il"sacro"e con la cultura bianca :
- Pic Nic a Hanging Rock, del 1975
- L'ultima onda del 1977
Il terzo ,più recente, del 2002 l'ho visto insieme alla mia famiglia australiana ed è
un film straordinario per verità e commozione.
Si chiama in italiano "La generazione rubata",in inglese Rabbit Proof Fence ed è di P.Noyce.
Il libro di M.Morgan non l'ho ancora letto ma sará la prima cosa che faccio al mio ritorno in Italia.
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Grazie per aver scritto su questo affascinante argomento.
RispondiEliminaConosco due delle cose che consigli: il libro di Chatwin, imprendibile per i viaggiatori (come tutti i suoi, del resto) e Pick Nic a Hanging Rock, la cui musica esprimeva molto bene il senso di mistero che permeava tutto il film. Quanto a queste pitture, mi ricordano i mandala.
Fortunatamente, però, quelli aborigeni non vengono distrutti, così da lasciarci grandi opere come quella postata da te.
Bye&besos
Ciao Grazia. Diversi anni fa, in occasione di un soggiorno linguistico di mia figlia in Australia, avevo letto alcuni libri, in particolare libri che parlavano degli Aborigeni. Ho scoperto allora le grandi sofferenze a cui erano stati ( eforse sono ancora) sottoposti, storie atroci davvero. Ho scoperto un po' la loro cultura così speciale e magica in cui mi sono subito "ritrovata". Ricordo anche di aver letto la spiegazione della loro tecnica di dipingere a "puntini" ma purtroppo non ne ricordo più il significato.
RispondiEliminaA presto
Cinzia
Lo stile del dipinto di Jagamarra è molto simile al disegno stampato su una mia maglietta sotto il titolo "Australian Aboriginal Art". E' una vecchia maglietta ma mi piace sempre sentirmela addosso, come fosse qualcosa di magico: gli aborigeni mi hanno sempre ispirato fascino, rispetto e simpatia.
RispondiEliminaCiao! :D
@ Nela San : c'è qualcosa - é vero- che unisce l'arte aborigena a quelle di altri luoghi e di altre culture non europee. E' come un sottofondo magico, primordiale,sacro che stia nel profondo dentro tutto noi.
RispondiElimina@Cinzia : quello aborigeno rimane per l'Australia un probema e una ferita ancora aperta 5per i più sensibili°. I i diritti dei nativi sono stati riconosciuti con una legge del 1977. Ma a volte la legge, come ben si sa, non basta.
@ zio Scriba :anch'io ho comprato in Australia quelle Tshirt ,i cui proventi - si dice- vadano al popolo aborigeno. Di questo non sono sicura ; Di certo so - come dici tu- che mi piace sentirmala addosso.