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giovedì 10 marzo 2011

Invito al viaggio




Può essere di pochi chilometri o in capo al mondo, può essere all'interno di se stessi, solitario o in comitiva, niente equivale all'attesa, all'incanto, alla scoperta di un viaggio.
E ora che sto per partire per un viaggio vero, mi vengono alla mente due poesie: "Itaca" di Kavafis (l'ho trascritta qui) e "Invito al viaggio" di Charles Baudelaire.
Sono viaggi speciali, viaggi sentimentali, viaggi dell'anima, in cui la meta non conta, non importa.
Quello che vale, come sempre, è il cammino.


H. Matisse, Luxe, calme et volupté, Parigi, Musée d'Orsay


C. Baudelaire, Invito al viaggio, da "I fiori de male "


Sorella mia, mio bene,
che dolce noi due insieme,
pensa, vivere là!
Amare a sazietà,
amare e morire
nel paese che tanto ti somiglia!
I soli infradiciati
di quei cieli imbronciati
hanno per il mio cuore
il misterioso incanto
dei tuoi occhi insidiosi
che brillano nel pianto.

Là non c'é nulla che non sia beltà,
ordine e lusso, calma e voluttà.

Mobili luccicanti
che gli anni han levigato
orneranno la stanza;
i più rari tra i fiori
che ai sentori dell'ambra
mischiano i loro odori,
i soffitti sontuosi,
le profonde specchiere, l'orientale
splendore, tutto là
con segreta dolcezza
al cuore parlerà
la sua lingua natale.


Là non c'é nulla che non sia beltà,
ordine e lusso, calma e voluttà.


Vedi, su quei canali
dormire bastimenti
d'animo vagabondo,
qui a soddisfare i minimi
tuoi desideri accorsi
dai confini del mondo.
Nel giacinto e nell'oro
avvolgono i calanti
soli canali e campi
e l'intera città;
il mondo trova pace
in una calda luce.


Là, tout n'est qu'ordre et beuté,
luxe, calme et volupté


 



martedì 14 dicembre 2010

Pascoli


.

Le poesie imparate a memoria  spesso riaffiorano  in maniera inaspettata. 
Ci sono momenti in cui sentiamo di non avere le parole per dire o per comunicare una sensazione e allora, misteriosamente, riemergono, di colpo - chiari alla mente - i versi faticosamente imparati alle elementari, alle medie o al liceo. 
E ci si scopre a sussurrare parole che credevamo dimenticate, rime di poeti che  non leggiamo più, ma che sono legate, dentro di noi, all'emozione di un momento.

Mi è capitato negli ultimi tempi con Pascoli, in una giornata di fine novembre, così silenziosa da percepire "il cader fragile delle foglie" e così tersa e limpida da evocare "gli albicocchi in fiore" della primavera.

E mi è successo, durante un temporale notturno, quando, all'improvviso, un lampo ha illuminato l'edificio di fronte alle mie finestre che a quel bagliore, d'un bianco abbagliante, mi è sembrato estraneo e pauroso. 
E subito mi è ritornata in mente un'immagine, quella della poesia di Pascoli, come se un occhio "largo, esterrefatto" si fosse, davvero, improvvisamente aperto e chiuso, davanti a me, nel buio della notte.

Chi l' avrebbe mai detto? Pascoli!


Gémmea l’aria, il sole così chiaro
Che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore.
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
Di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.
È l’estate fredda, dei morti.
(Novembre)


E cielo e terra si mostrò qual era :
la terra ansante, livida, in sussulto,
il cielo ingombro, tragico disfatto
bianca, bianca nel tacito tumulto
una casa apparì, sparì d'un tratto
come un occhio che, largo, esterrefatto,
s'aprì e si chiuse nella notte nera.
(Il lampo)



 
G.Pascoli, Il lampo e  Il tuono :

giovedì 2 dicembre 2010

Neve: haiku




Ho una grande fortuna con gli amici. 
Ho amici straordinari e tutti mi dannno qualcosa. 
Non solo affetto, lo scambio prezioso di confidenze, il ridere insieme, ma anche letture che non avevo fatto, il piacere di scrivere e di inventare storie, musica che non conoscevo, ricette di cucina, poesie che ignoravo. 
Un'amica mi ha regalato gli haiku.

Dalla terrazza
Haiku è una parola per definire un componimento poetico nato in Giappone, composto da tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora cinque sillabe: 
direbbero i dizionari.

Haiku è una poesia che esprime stati d'animo in maniera fulminante, intensa:  la brevità, la sintesi, l'assenza di nessi, di legami tra i versi lasciano spazio ai propri sentimenti, alle proprie emozioni.

Stamani mi sono svegliata per il silenzio e l'improvviso chiarore dalle finestre che accompagna le nevicate notturne. 
Sono andata a vedere: sì, c'era la neve e tanta. 
La prima sensazione è stata di gioia allo stato puro.
Poi sarebbe venuto il fastidio, la fatica di uscire, il traffico rallentato, i marciapiedi scivolosi, le piante del giardino bruciate dal gelo.

Ma all'inizio ho pensato: qui ci vorrebbe un haiku per fermare questo momento, questo istante di puro piacere.
La mia amica ne avrebbe scritto uno, subito, di getto.
Io li sono andata a cercare:

Ero soltanto
ero.
Cadeva la neve.
(Kubayoshi Issa)

Non c'è nulla.
I campi e i monti
rubati dalla neve
(Joso Naito)

Inverno desolato
nel mondo di un solo colore
il suono del vento
(Chiyo- jo)




sabato 13 novembre 2010

Itaca



Giornata grigia di pioggia e di vento. 
Cosa c'è di meglio che rileggere Kavafis?




Quando ti metterai in viaggio per Itaca
devi augurarti che la strada sia lunga,
fertile in avventure e in esperienze.
I Lestrigoni e i Ciclopi
o la furia di Nettuno non temere,
non sarà questo il genere di incontri
se il pensiero resta alto e un sentimento
fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo.
In Ciclopi e Lestrigoni, no certo,
né nell'irato Nettuno incapperai
se non li porti dentro
se l'anima non te li mette contro.

Devi augurarti che la strada sia lunga.
Che i mattini d'estate siano tanti
quando nei porti - finalmente e con che gioia -
toccherai terra tu per la prima volta:
negli empori fenici indugia e acquista
madreperle coralli ebano e ambre
tutta merce fina, anche profumi
penetranti d'ogni sorta; piu' profumi inebrianti che puoi,
va in molte città egizie
impara una quantità di cose dai dotti.

Sempre devi avere in mente Itaca -
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa' che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti messo
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?

E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso.
Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso
già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.

(C.Kavafis)

http://www.youtube.com/watch?v=EQsy1BIoyrg&feature=related





mercoledì 3 novembre 2010

I vecchi



Quando lessi questa poesia di Leonardo Sinisgalli ero alle medie e la vecchiaia era lontana, ma, in qualche modo, più presente di adesso. 
Passavo, per andare a scuola, dalla piazza del paese, dove i vecchi stavano seduti al sole sulle panchine. 
Mi ricordo che mi commossi, pensando a mio nonno Pietro, un vecchio contadino taciturno, che si aggirava per casa e sul terrazzo, cercando di coltivare  pomodori come quelli della campagna. 

Oggi nemmeno i vecchi ci sono più. 
Li chiamano "anziani", come se vecchi fosse una brutta parola.
Le donne, ai tavolini dei bar o dei centri sociali, sfoggiano capelli dai colori improbabili e gli uomini se ne stanno attaccati al telefonino, in attesa di una parola che, forse, li consolerà.


Pianto antico


I vecchi hanno il pianto facile.
In pieno meriggio
in un nascondiglio della casa vuota
scoppiano in lacrime seduti.
Li coglie di sorpresa
una disperazione infinita.
Portano alle labbra uno spicchio
secco di pera, la polpa
di un fico cotto sulle tegole.
Anche un sorso d'acqua
può spegnere una crisi
e la visita di una lumachina.




E un ricordo per mio nonno Pietro :


L'uomo che torna solo


L’uomo che torna solo
A tarda sera dalla vigna
Scuote le rape nella vasca
Sbuca dal viottolo con la paglia
Macchiata di verderame.
L’uomo che porta così fresco
Terriccio sulle scarpe, odore
Di fresca sera nei vestiti
Si ferma a una fonte, parla
Con un ortolano che sradica i finocchi.
È un uomo, un piccolo uomo
Ch’io guardo di lontano.
È un punto vivo all’orizzonte.
Forse la sua pupilla
Si accende questa sera
Accanto alla peschiera
Dove si asciuga la fronte







Leonardo Sinisgalli, un grande poeta :
http://www.poesieracconti.it/poesie-autore/leonardo-sinisgalli

mercoledì 6 ottobre 2010

...dirti l'ebbrezza del mio cor segreto



G.Bezzuoli, Ermengarda,GDS Uffizi



....  Amor tremendo è il mio.


Tu nol conosci ancora; oh! tutto ancora
Non tel mostrai; tu eri mio: secura
Nel mio gaudio io tacea; né tutta mai
Questo labbro pudico osato avria
Dirti l'ebbrezza del mio cor segreto.

(A.Manzoni, Adelchi, atto IV, scena I)



Eravamo in terza liceo quando, nell'intento di indurci ad amare l'Adelchi di Manzoni, il professore d’italiano ebbe l'idea di farcelo recitare. 
Non in un teatro, ovviamente, ma in classe, seduti nei malinconici  banchi di fòrmica verde che allora usavano nelle scuole. 
Aveva assegnata una parte a ognuno di noi: a me toccava la timida Ermengarda, la sposa ripudiata di Carlo Magno e poi monacata a forza.
È stato così che li ho scoperti.

La confessione dell'amore di Ermengarda, fino ad allora inespresso, il modo riservato e trattenuto di dar voce a un sentimento mi sembrarono emozionanti e struggenti. 
Era  un un periodo, in cui le sensazioni più intime cominciavano– in maniera provocatoriamente liberatoria- ad essere non solo dette, ma affermate, se non addirittura gridate, fin troppo esplicitamente.
Questi pochi versi, pudichi ed erotici insieme, recitati in maniera monocorde ed esitante in un'aula di liceo, mi sembrano ancora una delle dichiarazioni d’amore più sensuali che siano state scritte.





Verdi, La forza del destino, ouverture :
http://www.youtube.com/watch?v=zYc9RvIouPQ
Adelchi :
http://www.classicitaliani.it/manzoni/manzoni_adelchi.htm