L'altro giorno, avevo voglia di un fine settimana fuori col marito. Non solo perchè, abituata come sono a vivere con la valigia in mano, accuso peggio di altri una forzata sedentarietà; ma anche perchè sono fermamente convinta che due giorni di stacco più o meno totale, meglio se ad una buona dose di km dai rispettivi luoghi di lavoro, non possano che giovare, al singolo e, a maggior ragione alla coppia. Dipendesse da me, li metterei di diritto nelle promesse sull'altare: una roba tipo "nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, e una volta ogni tot mesi in una spa". Sono sicurissima che non solo ci si sposerebbe più volentieri, ma che si partirebbe col piede giusto. Che poi, per carità, se le coppie non funzionano non c'è week end fuori che tenga: ma, per dirla coi miei amati inglesi, piangere su ricevute degli alberghi è sempre meglio che disperarsi sugli scontrini del supermercato o le fatture della lavanderia.
Tornando a noi, quest'anno accuso il superlavoro che si è concentrato nel mese di luglio: colpa del caldo, anzitutto, e delle ferie nell'aria. Già al mattino, mi sveglio dell'umore con cui di solito vado a dormire, il che, se si considera che di norma un pitbull, al mio confronto, è un agnellino, non è propriamente un toccasana, nè per me, nè per i malcapitati a cui tocca starmi vicino.
E così, l'altra sera ho deciso: chiudo tutto e vado via. E vado sul Lago d'Orta, che mi faccio un'indigestione di cose belle e magari le presento anche al marito, che è di quelli che ha girato tutto il mondo, ma l'Italia gli è sfuggita. E già che ci siamo, prenotiamo pure a Villa Crespi, che è una vita che desidero andarci e il lato buono del riposo forzato è il salvadanaio pieno e sta' a vedere che stavolta, magari, tenendo le dita incrociate...
Ve la faccio breve e vi dico che siamo rimasti a casa: perchè non abbiamo trovato neanche un buchetto dove dormire. A parte la suite imperiale di Villa Crespi, intendo (una sola e solo a Villa Crespi: le altre suite degli altri hotel, che in zona veleggiano tutti grosso modo sulle stesse cifre, erano tutte prenotate): per il resto, o ci arrangiavamo sul Lago Maggiore, oppure restavamo qua.
In compenso, ieri sera siamo andati a cena fuori, a mangiar pesce. Detta così, sembra una banalità, ma nei fatti è una vera eccezione, perchè il pesce lo mangio solo a casa mia: con la fortuna che abbiamo, di poter disporre di un pescato fresco di giornata e selezionato alla fonte (mio papà ci dice anche quando mangiare certi pesci e quando no, a seconda della luna), non vado certo a rovinarmi le serate al ristorante dove, ben che vada, spendo cifre da capogiro per mangiare le stesse cose che di norma mi arrivano gratis. Senza contare, poi, che a me il pesce "cucinato" non piace: mi sembra una barbarie, rovinarlo con intingoli o lunghe cotture. Forno e griglia e, più raramente padella, sono gli unici strumenti che contemplo, quando decidiamo di mangiar pesce-e non c'è seduzione da "ultima caccavella" che tenga.
Se non che, come vi dicevo, sono in mezzo ad un luglio da dimenticare. L'ultima spesa risale alla settimana scorsa e il nuovo magnete sul frigorifero ammonisce a non aprire quella porta. E così, complice l'assenza della creatura, a dormire da un'amica, ieri sera abbiamo infranto la legge domestica e siamo andati al ristorante.
Di mercoledì.
A Boccadasse.
Come dire, minimo minimo 50 euro a persona, ma proprio se vi contenete, nel numero delle portate e nella scelta sul menu.
Abbiamo trovato posto al terzo tentativo e al terzo locale. Un tavolo per due, ritagliato in mezzo ad altri già prenotati e in breve tutti occupati, per una cena iniziata con la focaccia del giorno prima e terminata con un gelato al mohito altrettanto da dimenticare, preso nella gelateria "l'altra"- perchè in quella original c'era la coda fin sulla spiaggia.
E così, stamattina, non so più cosa pensare. Perchè noi, questa crisi, la accusiamo eccome. Pure io che sono a stipendio fisso, ma che non posso chiudere gli occhi di fronte al calo allarmante del lavoro dell'ufficio. E siccome amo chiacchierare con tutti, le sento le persone che si lamentano, che si preoccupano per il futuro dei loro figli e per un presente fatto di cinghie sempre più strette e di contratti sempre meno sicuri. Epperò, se squilla un cellulare, 99 su cento è uno smartphone, se c'è una coda davanti ad un negozio che fa i saldi, quella è davanti a Louis Vuitton e se vado a cena fuori senza aver prenotato, posso sperare in un tavolo in pizzeria, ma nei ristoranti di un certo tono "mi dispiace, siamo al completo".
Me lo spiegate, com'è?
Velodicovelodicovelodico??? Mai preparata una cheesecake cotta, in vita mia. Sempre e solo crude- e meno tempo impiego a prepararle e meglio è. In più, se devo dirla tutta, non ho questa grande passione per le torte di formaggio che son passate nel forno, mentre sarei capacissima di mangiarmene una intera, direttamente dal frigo. In più, da quando ho scoperto la versione col latte condensato, (qui e qui), niente mi può fermare: in dieci minuti è bella che pronta e, altro particolare che non guasta, sporcando un'unica terrina. La mia versione proviene da un libro bellissimo che ho prestato e che non ho sottomano, ma più di tanto non mi preoccupo: in primis, perchè ormai la preparo così spesso che so gli ingredienti a memoria; in secondo luogo, perchè l'ho talmente modificata, in intinere (in origine, era una cheese cake al limone e al lime) che una tantum posso saltare la citazione.
Eccovi gli ingredienti
per uno stampo da 22-24 cm di diametro
125 g di biscotti Digestive
70 g di burro salato fuso
per il ripieno
una lattina di latte condensato zuccherato
200 g di formaggio molle tipo Philadelphia
200 ml di panna liquida
succo e scorza di tre lime
mezzo bicchierino di tequila
10 g di colla di pesce
per la base
Imburrare bene uno stampo a cerniera- fondo e bordi- e foderarne il fondo con della carta da forno.
Tritare finemente i biscotti, versarvi sopra il burro salato, amalgamare e foderare con questo composto il fondo dello stampo, premendo bene con le mani in modo da renderlo compatto. Mettere in frigo per circa mezz'ora.
per la crema
ammollare la colla di pesce in acqua fredda. Strizzarla e farla sciogliere in poca panna liquida, calda ma non bollente.
Nel frattempo, versare tutti gli ingredienti in una terrina e amalgamarli con l'aiuto di fruste elettriche. Aggiungere la colla di pesce, versare il composto sulla base della cheese cake e mettere in frigo per sei ore o fino a quando si sarà sufficientemente addensata.
Servire decorata con fettine di lime e foglioline di menta
note mie
- la base per la cheese cake, ormai è cosa nota, è preparata con i biscotti Digestive. Un tempo, c'erano solo quelli di importazione, che si trovavano solo in determinati negozi e costavano l'iradiddio, mentre oggi si può disporre di una scelta più ampia. Personalmente, certe variazioni sul tema non incontrano i miei gusti (tipo i Grancereali, non mi fanno impazzire), mentre trovo che non siano male i prodotti dei discount, meglio se stranieri. La Lidl, purtroppo, ha in commercio solo la versione col cioccolato, che non è adatta a questa preparazione: ma se mai decidesse di mettere sul mercato anche la versione "nature", sono sicura che si tratterebbe di un ottimo prodotto.
- In ogni caso, quello che è importante sapere è che non bisogna mai abbondare col burro. Anche se sembra che il composto di biscotti non stia insieme, non fatevi prendere dalla tentazione di aggiungere altro grasso. Una volta solidificato, infatti, vi sarà impossibile tagliare la base. Di solito, se ne dovrebbe usare circa la metà della dose dei biscotti. Io qui ho abbondato, ma oltre questa quantità non andrei.
- Burro salato, ma solo per questa ricetta, perchè sul bordo del bicchiere del margarita ci va il sale, ma qui non aveva molto senso metterlo sul bordo della teglia. Nelle altre ricette, di solito si usa il burro normale e, in qualcuna, il burro di arachidi.
- Il latte condensato è quello in lattina della Nestlè. Che poi potete benissimo comprare un'altra marca, sia chiaro- ma io trovo solo quella e quella finisce nel carrello. L'importante è che sia zuccherato
- Tutto insieme e senza montare: non dovete montare la panna, non dovete montare il composto. Ovvio, con le fruste elettriche fate prima ad amalgamarlo bene e, per esperienza, una mescolata di più non ha mai fatto male a nessuno (a parte i muffins, ora che ci penso, ma questa è un'altra storia): comunque, non dovete montare assolutamente nulla
- Invece, è importantissimo che uniate la colla di pesce a poco a poco, mettendo un cucchiaio di composto freddo in quello caldo. In altre parole, quello che non si deve mai fare è versare la colla di pesce sciolta in un liquido caldo direttamente nel composto freddo: si provocherebbe uno choc termico che farebbe rapprendere la gelatina in tanti grumi. Invece, se procedete al contrario, un po' per volta, vedrete che non succederà nulla. Un cucchiaio di composto freddo nel pentolino dove avete sciolto la colla di pesce- e mescolare; poi un altro cucchiaio di composto freddo- e mescolare di nuovo e così via, fino a quando la differenza di temperatura fra i due composti si sarà attenuata e potrete unirli senza timore.
- Altra cosa: non lo troverete mai scritto da nessuna parte nelle cheese cake, però io filtro sempre il ripieno. Son 30 secondi di più, ma almeno ho la sicurezza di avere una crema perfettamente liscia. In questo caso, considerato che avrete le zeste di lime, prima passate al colino la crema e poi aggiungete la scorza del lime, grattugiata fine
In foto, ci sono delle monoporzioni, preparate con dei coppapasta, messi su una teglia da biscotti. Va da sè che l'esecuzione non cambi (e nemmeno il gusto): son solo più noiosa da preparare, ma più facili da servire.
Ciao
ale