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domenica 7 aprile 2024

Rispetto (Inzimino di trippa)

A volte penso che vorrei diventare vegetariana. Talvolta persino vegana. Principalmente per questioni di sostenibilità ambientale. Partendo da questo presupposto posso dire di aver ridotto in modo piuttosto consistente il consumo di carne.  Poi ci sono giorni, invece, in cui la voglia di ciccia è prepotente, quasi una necessità fisica, e allora cedo. Cedo, si, ma con rispetto e umiltà: niente tristi petti di pollo alla griglia o bracioline stracotte e dure come solette per lenire i sensi di colpa da eccesso di calorie. Adesso, quando mangio carne, voglio che sia qualcosa di veramente buono e appagante e goloso. Insomma: questa povera bestia si merita una degna fine! 
Per restare in tema di rispetto è giusto anche non sprecare nulla dell'animale ed ecco allora che entrano in gioco le frattaglie, considerati tagli poco pregiati, se non proprio di scarto, ma che se ben cucinati sono una meraviglia della cucina povera italiana. 
Oggi ho usato la trippa e l'ho cucinata in modo un pò diverso dal solito, come l'abbiamo mangiata in un ristorante di frattaglie che ci piace molto: in inzimino, con gli spinaci. Che dire....una bomba di gusto!




INZIMINO di TRIPPA


Ingredienti (per 4-5 persone):
800 g di trippa precotta
400 g di spinaci freschi
3 spicchi di aglio
1 bicchiere di vino bianco secco
400 ml di pomodori pelati (una lattina)
olio evo
3 bacche di ginepro
peperoncino fresco (facoltativo)
sale

Sciacquare molto bene la trippa sotto acqua corrente, poi asciugarla con carta assorbente e tagliarla a striscioline spesse circa 1 cm. Tagliare via le radici degli spinaci e lavarli accuratamente per eliminare eventuale terra depositata sulle foglie.
In un largo tegame a bordi alti soffriggere a fiamma vivace gli spicchi d'aglio sbucciati e schiacciati insieme alle bacche di ginepro e ad un fondo di olio evo (in quantità tale da coprire appena il fondo del tegame). Prima che l'aglio si scurisca aggiungere la trippa a striscioline e farla rosolare qualche minuto mescolando. Salare leggermente e poi sfumare con il vino. Quando l'alcool sarà evaporato aggiungere anche gli spinaci ben scolati e mescolare. Dopo che gli spinaci saranno ben appassiti versare anche i pomodori pelati schiacciati e il peperoncino (se piace) tagliato a pezzetti e portare a bollore: a questo punto abbassare la fiamma al minimo e incoperchiare. Lasciare cuocere dolcemente per circa un'ora, mescolando di tanto in tanto, in modo che tutti i sapori si amalgamino tra loro. Trascorso questo tempo togliere il coperchio, aggiustare eventualmente di sale e far asciugare un po' il sughetto fino alla consistenza desiderata (a me piace abbastanza brodosa).
Servire calda con tanto tanto pane, meglio se arrostito. In effetti è buonissima anche sopra un bel crostone!
Buon appetito!




mercoledì 31 maggio 2023

Cambiamenti (Salame di cioccolato)

È con molta timidezza che mi riaffaccio sul mio blog: sono cosciente che non mi faccio viva da mesi ma, ehi, sono ancora qui!
Inizialmente ero molto stanca e oberata dalle mille cose da fare, poi, semplicemente, mi sono concessa del tempo per riorganizzare la mia vita. 
Non è successo niente di grave, sia chiaro! Finalmente, dopo anni di stress, pressioni, incazzature folli e varie altre spiacevoli vicissitudini ho cambiato lavoro!
E sono rinata. È  incredibile come non mi fossi resa conto di quanto mi sentivo schiacciata e annientata da un ambiente di lavoro che definirei "tossico".
Sono già 3 mesi che ho cambiato e non mi sembra vero potermi alzare la mattina senza quel senso di indolenza, quel magone alla bocca dello stomaco.  Forse tra un pò le cose peggioreranno ma per il momento me la godo. E festeggio. Con chiunque: familiari, amici, ex-colleghi, nuovi colleghi. Son 3 mesi che è tutto un "magna magna" e "bevi bevi", con buona pace del mio girovita!
Mi mancava da festeggiare qui, sul blog e non sarebbe un festeggiamento senza dolce!
Ecco quindi la mia ricetta per il salame di cioccolato al Bailys, supercollaudata, golosissima e oggetto di continue modifiche apportate nel corso degli anni fino a quella che, secondo me, è la versione perfetta (ecco spiegato perché ancora non l'avevo postata).
Provate: è davvero facile!
E buon lavoro a me!

giovedì 9 marzo 2017

C'è trippa e trippa (Trippa alla fiorentina)

Inutile negare che negli ultimi mesi l'attività nel mio blog è decisamente aumentata: i post sono più frequenti, i toni più pacati e il ritmo più lento e tranquillo. Qualcuno se ne è accorto? Non è che cucini più di prima, è solo che ho più tempo libero per applicarmi a foto e scrittura. No, non sono stata licenziata: ho ancora il mio lavoro, solo che al momento non posso esercitarlo perché, beh....sono in maternità. Nonostante abbia ormai superato abbondantemente i 7 mesi mi fa ancora strano dirlo. Non che non si veda eh?! Ormai ho una pancia che sembra abbia infilato un cocomero sotto i vestiti  e portarsela appresso non è sempre agevole. Ammetto che non sono affatto pronta per tutto ciò che verrà. E come potrei esserlo? Non ho mai, e dico MAI, avuto a che fare con bambini: figlia unica, senza cugini, prima fra gli amici più stretti a figliare, gli unici bambini che ho frequentato erano coetanei. Da sempre sono considerata, da chi mi conosce bene, una donna anti-bambino: non provo alcun tipo di attrazione verso questi esserini urlanti, non li capisco, non ho voglia di spupazzarli, né di prenderli in braccio. Nella migliore delle ipotesi li ignoro. Confido nel fatto che con il mio piccolo sarà diverso e che quell'istinto materno che aspetto da una vita si faccia finalmente vivo! Ma allora perché decidere di riprodursi? La realtà è che non lo so: da anni sapevo del desiderio paterno del maschio alfa e solo adesso mi sono decisa a capitolare. Strano a dirsi ma, benché non abbia sentito emergere in me questa voglia matta di bebè, ho capito che era il momento di provarci. Detto, fatto: nell'arco di un paio di mesi la frittata era fatta! Lavorando in un laboratorio chimico ciò ha comportato il mio immediato congedo, catapultandomi dall'oggi al domani in un mondo, di cui ignoravo l'esistenza, fatto di corsi pre-parto, liste di nascita, culle e passeggini. Da donna in carriera a donna ripiena: sembro un tacchino farcito!
Dunque l'inverno sta per finire e una nuova stagione sta per iniziare, una nuova stagione della mia vita, per quanto mi riguarda, ma prima di abbandonare il freddo voglio proporre una ricetta calda, corposa e tradizionale che di più non si può. Ovviamente a base di trippa, tanto per restare in tema!
La trippa alla fiorentina, il modo più semplice e classico di cucinare questo taglio di carne, almeno dalle mie parti! Sugosa, saporita e deliziosa, la trippa alla fiorentina è un autentico comfort food, adatto a scaldare le ultime sere invernali.



TRIPPA alla FIORENTINA

Ingredienti (per 3-4 persone):
700-800 g trippa già lessata (per una trippa di buona qualità rivolgersi al proprio macellaio di fiducia)
1 spicchio d'aglio
1 foglia di alloro
1 cipolla rossa
1 carota
1 costola di sedano
3 bacche di ginepro
1 bicchiere di vino bianco secco
400 g pomodori pelati
parmigiano reggiano grattugiato
brodo vegetale o di carne (facoltativo)
olio evo
sale

Tagliare la trippa a listarelle e sciacquarla molto bene sotto acqua corrente. Tenere da parte a sgocciolare. Preparare un trito molto fine con lo spicchio d'aglio sbucciato, la cipolla, il sedano e la carota raschiata. In un ampio tegame a bordi alti far soffriggere a fiamma vivace con abbondante olio evo (circa 50-60 ml) il trito preparato insieme alla foglia di alloro e alle bacche di ginepro schiacciate. Lasciare appassire il soffritto per circa 5 minuti facendo attenzione che non bruci. Aggiungere la trippa tagliata a  listarelle e farla rosolare alcuni minuti. Salare e poi sfumare con il vino bianco. Quando l'alcool sarà evaporato aggiungere i pomodori pelati schiacciati, portare a bollore, poi abbassare la fiamma al minimo. Lasciare cuocere almeno 1 ora e mezza. Aggiungere eventualmente qualche mestolo di brodo caldo (o acqua calda) per mantenere sempre bella umida la trippa. Aggiustare eventualmente di sale a fine cottura. Servire ben calda spolverizzata di parmigiano grattugiato e abbondante pane.
Buon appetito!


lunedì 3 ottobre 2016

Ci vuole fegato! (Fegato alla veneziana)

Il calo delle temperature mi ha già portato a modificare le mie consuetudini alimentari stagionali: diradate di molto le insalate, i carpacci e le cruditè mi sono rivolta a piatti più caldi, strutturati e succulenti, soprattutto per la sera, quando le temperature frizzantine invogliano a riempirsi la pancia con qualcosa di più confortevole.
Oggi un piatto della tradizione veneta che non tutti apprezzano ma che a me piace proporre ogni tanto e che merita di essere riscoperto: il fegato alla veneziana. Purtroppo le frattaglie in generale sono carni un po' snobbate perchè hanno gusti e consistenze particolari, che necessitano di una certa educazione alimentare. Le frattaglie (dette anche quinto quarto) fanno parte della cucina tradizionale povera: infatti sono carni molto economiche ma parimenti gustose, se ben trattate e cucinate. Oltre a ciò sono spesso povere di grassi e ricche di sostanze utili all'organismo (tipo l'acido folico, il ferro, molte vitamine e sali minerali) tanto che possono essere consigliate anche nelle diete.
Ammetto che anche io, da piccola, avevo difficoltà a mandare giù trippa&co.: quelle consistenze un po' viscide non mi convincevano proprio! Poi, un giorno, con una consapevolezza più adulta, ho assaggiato la trippa in umido e mi è piaciuta, poi il lampredotto e mi è piaciuto pure quello! Da quel momento è stata una continua riscoperta di queste carni povere: fegato, centopelli, nervetti e quant'altro. E' bello scoprire che tutto ha un buon sapore quando ben cucinato, soprattutto perchè in questo caso è applicabile il detto "minima spesa, massima resa!"
Tornando al nostro fegato in particolare: la preparazione è veramente semplice e veloce e gli ingredienti sono di quelli sempre presenti in dispensa: la dolcezza delle cipolle si accosta gentilmente al sapore del fegato, che viene esaltato dalla punta acidula dell'aceto per rendere tutto ancora più appetitoso. Non tralasciare il prezzemolo: dona una ulteriore nota aromatica al piatto che rinfresca la bocca.




FEGATO alla VENEZIANA

250 g fegato di vitellone in fette
1 cipolla dorata grande
1 foglia di alloro
olio evo
10 g burro
aceto di vino bianco
prezzemolo fresco
sale, pepe nero

Scaldare in un tegame 2-3 cucchiai di olio evo con il burro e la foglia di alloro; quando tutto è caldo e spumeggiante aggiungere la cipolla sbucciata e tagliata a fette (non importa siano sottilissime) e far soffriggere alcuni minuti. Aggiungere anche mezzo bicchiere d'acqua per far si che la cipolla stufi lentamente senza bruciare. Quando la cipolla è morbida, dopo una decina di minuti, sfumare con 2-3 cucchiai di aceto di vino bianco, poi aggiungere anche il fegato tagliato a striscioline e farlo rosolare velocemente su tutti i lati. Lasciare cuocere ancora 5 minuti mescolandolo bene con le cipolle in modo che i sapori si amalgamino bene: non stracuocere il fegato che altrimenti diventa duro. La carne dovrà risultare compatta ma morbida, non asciutta.
A fine cottura aggiustare di sale e pepe e spolverizzare con del prezzemolo fresco tritato prima di servire ben caldo con abbondante pane per fare scarpetta. In alternativa può essere servito anche con della polenta.
Buon appetito!



venerdì 6 novembre 2015

Tradizione pistoiese (Carcerato)

Nata a Prato ma ormai pistoiese d'adozione, ho imparato che esistono deliziosi piatti tipici pistoiesi che nessuno conosce al di fuori della provincia, segreti ben custoditi dalle massaie e dai ristoratori locali.
Dato che il mantenimento della memoria di antiche ricette è una ricchezza che non deve andare persa e che sento, nel mio piccolo, di voler portare avanti, ecco la mia proposta di oggi: il carcerato. Personalmente non ne avevo mai nemmeno sentito parlare e anche i miei amici fiorentini, che vantano una secolare cultura culinaria inerente le frattaglie, erano all'oscuro dell'esistenza di tale prelibatezza. Un piatto povero, anzi, poverissimo. Il pasto dei carcerati. Una zuppa. Pane secco e frattaglie varie, retaggio di un passato in cui i macelli si trovavano accanto al carcere di Santa Caterina in Brana. Si dice che i detenuti, vedendo passare nel fiumiciattolo, la Brana appunto, gli scarti della lavorazione della carne, avessero chiesto di potersene appropriare, per arricchire il loro pasto a base di pane e acqua. Così nacque il carcerato ed è anche facile capire perchè sia stato chiamato così.
Oggi, arricchito da pancetta e verdure, è diventato un piatto di una bontà disarmante, uno di quei comfort-food perfetti quando fuori fa freddo, nonostante la povera semplicità degli ingredienti.
Astenersi detrattori di trippa e affini!



CARCERATO

Ingredienti (per 3-4 persone):
250 g trippa
250 g lampredotto
250 centopelli
300 g pane raffermo
1,5 l circa brodo misto di carne e verdure
1 porro
1 scalogno
1 carota
1 costola di sedano
20 g pancetta tesa
3 bacche di ginepro
pepe nero in grani
1 foglia di alloro
olio evo
sale

Bollire in acqua per 5-10 minuti le frattaglie (trippa, lampredotto e centopelli), scolare e lasciare raffreddare a temperatura ambiente prima di tagliare tutto a listarelle. Preparare un trito con carota, sedano, scalogno e pancetta e far soffriggere insieme a 3-4 cucchiai di olio evo, la foglia d'alloro e le bacche di ginepro appena schiacciate a fuoco basso in una grossa pentola. Aggiungere anche il porro tagliato a rondelle. Quando le verdure si sono appassite aggiungere anche le frattaglie e lasciare insaporire alcuni minuti. Iniziare ad aggiungere il brodo caldo e il pane secco tagliato a tocchetti. Far prendere il bollore, incoperchiare e abbassare la fiamma al minimo. Lasciare cuocere molto lentamente per un paio d'ore, mescolando ogni tanto in modo che la zuppa non si attacchi al fondo. Il pane assorbirà molto brodo, perciò aggiungerne gradualmente, sempre caldo: la zuppa deve essere sempre umida. A fine cottura aggiustare di sale e servire calda.
Buon appetito!

giovedì 27 dicembre 2012

Nelle terre selvagge

Tra frizzi e lazzi anche quest'anno Natale, con i suoi pasti pantagruelici, è passato. Ho cucinato parecchio ma non ho avuto il tempo per fotografare praticamente nulla. Pazienza: vorrà dire che replicherò le mie ricette in momenti meno indaffarati! Continuo quindi con il mio resoconto americano.
Nello scorso post ho anticipato che non ci siamo mai azzardati a fare il bagno nell'oceano sebbene l'acqua fosse deliziosamente tiepida sia a Miami che alle Keys. E allora perchè rinunciare? Beh, ho scoperto che le acque della Florida, sia dolci che salate, sono infestate da un sacco di bestiacce non sempre raccomandabili. Prima di partire, con un tempismo perfetto, avevo appunto visionato un simpatico documentario sugli attacchi degli squali lungo le coste della Florida che non mi ha molto rassicurato. Oltre a ciò quando ci si trova davanti cartelli tipo questo:
la voglia di fare il bagno scende ai minimi storici! L'unica volta che ho osato immergere i piedi nelle acque cristalline delle Florida Keys dopo pochi minuti ho avvistato, a un paio di metri dai miei piedi, una macchia scura che si avvicinava: non sono stata curiosa, ho girato i tacchi e sono tornata a riva. Meglio non rischiare! E questo è niente rispetto a quello che mi aspettava! Infatti, dopo le isole, siamo tornati sulla terraferma con destinazione il parco Everglades. In pratica tutta la parte sud della Florida è una riserva naturale occupata da stagni, acquitrini, una vegetazione tropicale lussureggiante e una fauna a dir poco variegata: aironi, aquile, fenicotteri ma anche tartarughe e strani pesci tropicali. Sapevamo della possibilità di incontrare alligatori, coccodrilli e pantere della Florida ma immaginavamo fosse un po' come per i cinghiali sul nostro Appennino: tutti sanno che ci sono ma non è poi così semplice avvistarne. Non potevamo essere più lontani dalla realtà.
Anche se a un primo sguardo possono sembrare tronchi galleggianti, no, non lo sono! Sebbene questo fosse una sorta di allevamento ci siamo presto resi conto di quanto l'incontro con un alligatore non sia affatto inusuale: durante il giro in airboat (una figata incredibile!) svariati esemplari di ragguardevoli dimensioni nuotavano tranquillamente a meno di un metro dalla nostra barchetta dai bordi inquietantemente bassi (solo dopo ci hanno detto che possono fare dei "salti" per agguantare la preda. E solo dopo ho capito perchè ci avevano consigliato di non sporgere le braccia!), per non parlare poi di tutti quelli che abbiamo avvistato negli stagni e addirittura nei fossi a bordo strada durante il nostro giro nel parco!!!
Giunti nella parte più a sud del parco, dove le acque salmastre dell'oceano si mescolano a quelle dolci dei fiumi, ci siamo un po' rilassati dato che gli alligatori vivono solo nei fiumi d'acqua dolce. Infatti, in questo tipo di acque più salate, vivono niente meno che i coccodrilli! Ma sono molto più rari.... o forse no??
Per aumentare le probabilità di avvistarne qualcuno abbiamo optato per un tour in battello fra le mangrovie. Quindi, staccato l'ormeggio, percorsi 5 metri dal molo d'imbarco e il capitano richiama la nostra attenzione sulla rampa di ingresso in acqua per le barche:


Si, è proprio lui! Un coccodrillo che si sta placidamente incamminando verso il parcheggio auto! O_O
Forse non sono così rari come credevamo dato che poi ne abbiamo visti altri fra le mangrovie, che, tra l'altro, si sono rivelate uno spettacolo mozzafiato! Sembrava di essere al Jurassic Park: mancavano solo i tirannosauri che spuntavano dalla vegetazione!

Al rientro ormai il sole stava calando regalandoci un tramonto infuocato in perfetto stile "Via col vento" e una temparatura "frizzantina".

Appena scesi dal battello abbiamo avuto un altro incontro molto ravvicinato con un'altra specie autoctona e decisamente aggressiva: le zanzare. A sciami interi. Non riuscivamo quasi a parlare perchè ci entravano in bocca nonostante lo spray repellente. Siamo dovuti scappare di corsa verso le auto (facendo comunque attenzione al coccodrillo di cui sopra)! Alla fine di questa esperienza avventurosa e molto "wild" ci siamo diretti verso luoghi più civilizzati e meno infestati!
Nota culturale: la Florida è l'unica zona al mondo dove possiamo incontrare sia alligatori che coccodrilli!
Che dire: se in Italia abbiamo lucertole e ramarri, in Florida hanno gli alligatori e i coccodrilli.
Se qualcuno si sta ancora chiedendo "il coccodrillo come fa?", beh, adesso io lo so come fa: un sonoro "Stack" quando chiude di scatto le fauci e una specie di sibilo quando si sente minacciato e chiede rinforzi ai compagni (meglio sorvolare su come lo abbiamo scoperto).

Per la ricetta da abbinare alle Everglades ho pensato a qualcosa di molto rustico e corposo. Ho immaginato alcune tende in una radura vicino alle mangrovie (c'erano veramente dei coraggiosi campeggiatori), magari tra le palme, un falò acceso, per tenere lontane le fiere e difendersi dal freddo e dall'umidità della notte, e un pentolone sopra la brace ardente che sobbolle lentamente...



TRIPPA con PATATE e CIPOLLE

Ingredienti (per 3 persone):
800 g trippa bollita
500 g di patate sbucciate
3 cipolle bianche
50 g pancetta tesa a dadini
2 spicchi d'aglio
1 bicchiere e 1/2 di vino rosso
3 cucchiai di farina
120 g strutto
brodo di carne
1 ciuffo di prezzemolo
2-3 bacche di ginepro
sale, pepe nero

Sbollentare per alcuni minuti la trippa in acqua bollente, poi scolarla bene e tagliarla a striscioline quando è fredda.
In un largo tegame far sciogliere lo strutto a fuoco basso e quando è ben caldo aggiungere gli spicchi d'aglio sbucciati e schiacciati e le striscioline di trippa. Rosolare alcuni minuti, poi eliminare l'aglio. Quando la carne sarà ben colorita, condire con sale e pepe, aggiungere le bacche di ginepro e spolverare con la farina rimescolando perchè venga assorbita, poi bagnare con il vino e, quando questo sarà sfumato, con un bicchiere di brodo caldo.
Dopo circa 15 minuti di cottura aggiungere anche la pancetta e le cipolle sbucciate e tagliate a grosse fette. Continuare la cottura a fuoco lento per altri 10 minuti, poi aggiungere le patate tagliate a tocchetti. Bagnare ancora con altro brodo (circa mezzo bicchiere) e lasciare cuocere fino a che le patate non sono cotte (almeno mezz'ora). Servire calda abbondantemente cosparsa di prezzemolo tritato.
Buon appetito!



Con questa ricetta partecipo alla raccolta di Sapori in valigia

martedì 25 settembre 2012

Elaborazione di fine dell'estate

E' arrivato così, all'improvviso, senza che me ne rendessi conto. Me ne stavo tranquilla a chiaccherare, ignara di tutto, finchè un'amica ha detto "E' il primo giorno di autunno!". Grande è stato il mio stupore per un fatto tanto ovvio e innegabilmente vero. Per la prima volta ho sperimentato le 5 fasi del lutto.
1. Il rifiuto: "Che diavolo dici? Non è possibile che sia già autunno mentre io me ne sto qui, a tarda sera, con indosso solo un leggero vestitino coi laccini. L'estate non può essere già finita!"
2. La rabbia: "Mi prenderei a calci per non essere tornata al mare prima della fine della stagione"
3. Il patteggiamento:"Vabbè, dai, il tempo è ancora bello e soleggiato...è come se fosse ancora estate."
4. La depressione: "Oddio, le giornate si stanno già accorciando. Il sole tramonta e fa buio troppo presto...voglio solo starmene sul mio divano con una copertina a guardare la televisione e mangiare pop-corn."
5. L'accettazione: Girando fra i banchi del mercato mi rendo conto che fanno bella mostra di sè zucche, castagne e funghi. L'estate ci ha lasciati e l'autunno è arrivato per davvero.

Ne segue che si tratta, in ogni caso, di un momento di transizione che ho riportato in cucina usando tutte le verdure crude tipiche dell'estate e un ingrediente più prettamente invernale, la trippa, che io adoro.
Questa insalata è un must delle mie estati fin da quando ero una ragazzina: la preparava prima il macellaio di fiducia, poi mio babbo (lo specialista delle frattaglie di casa).
Al contrario di quanto si può pensare, la trippa è un tipo di carne poco calorico che, anzi, è consigliata anche nelle diete e comunque, anche se facesse ingrassare solo a guardarla, ne mangerei fino a scoppiare tanto è buona e fresca!
Un unico accorgimento: è consigliabile acquistare la trippa già bollita (che deve avere un bel colore bianco, non giallognolo!) dal macellaio di fiducia, dato che si tratta di un prodotto deperibile soggetto a emanare cattivo odore se non correttamente trattato e conservato.





 INSALATA di TRIPPA

Ingredienti (per 3-4 persone):
1 kg trippa bollita
1 costola di sedano
1 pomodoro maturo
1/2 peperone verde
1 peperoncino fresco
1 cipolla fresca di Tropea
2 spicchi di aglio
1 carota
alcune foglie di radicchio rosso
prezzemolo
olio evo
aceto di vino
sale

Scottare per appena 5 minuti la trippa in acqua bollente. Scolare e lasciare raffreddare,poi tagliare la trippa a listarelle di circa 1/2 centimetro. Tagliare la cipolla e il radicchio a fettine sottilissime e grattgiare la carota raschiata sulla grattugia a fori larghi. Fare una dadolata di tutte le altre verdure crude. In una terrina riunire le verdure e la trippa a striscioline. Condire con l'aglio sbucciato e tagliato a pezzi grossi, il prezzemolo precedentemente tritato fine, olio evo, sale e qualche goccia di aceto. Per chi non ha problemi di commensali di gusti difficili aggiungere anche qualche oliva nera. Lasciare insaporire in frigorifero almeno mezz'ora (ma è ottima anche preparata la sera per il giorno successivo) e poi servire.
Buon appetito!


Con questa ricetta partecipo al contest di Archcook


e al contest di Anto-nella-cucina

martedì 31 maggio 2011

Come un pesce all'amo

Da dove viene questa mia smisurata passione per la buona tavola? La risposta è quasi banale. Sono nata e cresciuta in una casa di mangiatori professionisti e cucinatori accaniti (si, ho detto proprio cucinatori: gente che cucina pur non essendo un vero e proprio cuoco!). In casa mia la qualità del cibo è sempre stata di fondamentale importanza: meglio un piatto di pasta con l'olio buono che quei tremendi piatti pronti surgelati; meglio pane e prosciutto a merenda che le pastine confezionate che tanto piacciono ai bambini (ma non a me: le volevo solo per il regalino che c'era all'interno!). La logica conseguenza di ciò è stata che ci siamo abituati tutti a prepararci i pasti con le nostre mani.... e che pasti!
Certo è che pur molto attenti alla qualità, non si è mai rinunciato alla quantità! In casa mia, un pasto che si possa dire tale, deve essere composto da almeno 3 portate e guai a non finire tutto quello che mi veniva messo nel piatto o venivo accusata di voler diventare anoressica! Sfido chiunque a rimanere in forma in questo modo...altro che sport: praticamente avrei dovuto vivere sul tapis-roulant!
Da circa un anno ho una casa mia (licenza poetica: veramente la casa è dell'uomo che mi porto appresso :-P) e mi sono potuta dedicare con continuità al mio modo di cucinare: decisamente più leggero e meno abbondante. Eppure ci sono giorni in cui guardo le mie belle ciotole piene di insalata e penso che avrei tanta voglia dei crostini neri che prepara mio papà: i migliori, i più buoni che abbia mai assaggiato... assolutamente deliziosi. Il problema è che lui e mia mamma sanno bene quanto sia sensibile al richiamo dei loro manicaretti e ne approfittano per attirarmi più spesso possibile verso di loro!
Così qualunque pretesto (del tipo "Domenica hanno detto che piove...Vieni a pranzo?") è buono per propormi pranzi e cene luculliani e io, debole, cedo sempre!
La scorsa settimana è stata la volta del lampredotto: come diavolo facevo a dire di no????
Rigorosamente preparato da mio papà, che ha le mani d'oro per tutto ciò che riguarda carne e pesce: è lui il prescelto da amici e parenti per la cucina delle ricorrenze e per attirarmi nella sua rete fa sfoggio di tutto il suo sapere culinario!
So che a un sacco di persone le frattaglie non piacciono a causa della loro consistenza callosa e molliccia e, in effetti, anche a me fino a qualche anno fa non piacevano poi, però, azzardi un assaggio e scopri che il sapore è talmente paradisiaco da non poterne più fare a meno. Tra l'altro mio papa ormai può fare concorrenza ai trippai fiorentini!
Ho deciso di postare la sua ricetta perchè mi sembra ottima per partecipare al contest del Blog di Max Oggi cucina lui...per lei e poi perchè veramente merita di essere provata: se ho imparato a mangiare bene è merito dei miei genitori!



PASTA AL LAMPREDOTTO

Ingredienti:
Lampredotto già pulito e sbollentato (reperibile solo dai macellai di fiducia)
2 cipolle
4 costole di sedano
4 carote
2 pomodori maturi
3 spicchi aglio
1 foglia alloro
2 peperoncino essiccato
pomodori pelati
prezzemolo
basilico
timo essiccato
erba cipollina (fresca o secca secondo la disponibilita)
olio evo
pasta corta (penne rigate o rigatoni)

Le dosi sono praticamente a occhio, anche se con quello che aveva preparato mio papà avremmo sfamato un esercito (come al solito!).
Riempire una pentola con acqua fredda e mettere il lampredotto, una cipolla, due costole di sedano, due carote, un pomodoro, uno spicchio di aglio, qualche foglia di basilico, un ciuffetto di prezzemolo, mezzo cucchiaino di timo e di erba cipollina. Portare a bollore e lasciar cuocere circa 20 minuti. Scolare il lampredotto e lavarlo sotto acqua corrente. Buttare l'acqua di cottura e le verdure. Queste operazioni sono importantissime per evitare che la carne emani un odore sgradevole (stiamo pur sempre parlando di una parte dello stomaco di una mucca!).
Tagliare la carne a losanghe larghe circa 3 cm. Far bollire l'acqua (o del brodo) in un'altra pentola, poi aggiungere di nuovo il lampredotto, una cipolla, due costole di sedano, un pomodoro, due carote, basilico, prezzemolo, erba cipollina, timo, la foglia di alloro e il peperoncino spezzettato. Lasciare cuocere a fuoco basso per 60/90 minuti. A questo punto il lampredotto puo essere servito tal quale, accompagnato dal suo brodo di cottura, le verdure lesse, delle fette di pane tostato e soprattutto salsa verde (prezzemolo, aglio, capperi, olive verdi, olio evo) e salsa piccante (pomodoro, peperoncino, cipolla, olio evo, basilico).

Lampredotto bollito

Oppure si puo preparare la pasta con il lampredotto! (tanto per stare leggeri)
Tritare grossolanamente il lampredotto e le verdure lesse con  una mezzaluna. Preparare un trito con aglio, prezzemolo, basilico e peperoncino e farlo soffriggere bene con olio evo: quando inizia a imbiondire aggiungere il lampredotto con le verdure tritate e far insaporire qualche minuto. Salare e aggiungere pochi pomodori pelati (il sugo deve essere rosè) schiacciati. Dopo che il sugo si è ritirato, allungare  con un bicchiere di brodo di bollitura del lampredotto e lasciare cuocere a fuoco basso per circa 15 minuti.
Nel frattempo cuocere la pasta in abbondante acqua salata. Scolarla al dente e aggiungerla al sugo caldissimo in modo da finire la cottura. Se risultasse troppo asciutta aggiungere ancora del brodo di bollitura.
Servire calda...una meraviglia!

Non so se avrò mai il coraggio di preparare questo piatto: onestamente temo il confronto!
Buon appetito!

Pasta con il lampredotto