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29 August 2013
Per gli amanti delle spezie come me, non c'è niente di meglio di uno stufato vegetale alla marocchina. La fragranza pungente dello zenzero, l'aspro cumino, l'acceso peperoncino, la dolcezza dei datteri...hmmm! Un piatto che si mangia caldo o tiepido, con riso basmati o cous cous, o anche con pane tostato o con la classica pita. La lista degli ingredienti é più lunga del tempo che si impiegata a cucinare il piatto intero. Sono tutti ingredienti che più o meno dovreste avere a portata di mano se amate questo tipo di cucina...e buon appetito!
Ingredienti1 butternut squash media1 cipolla media1 scatola di ceci2 spicchi d'aglio1 pezzetto di zenzero fresco tritato1 cucchiaio di curcuma in polvere1 cucchiaino di cumino in polvere1 cucchiaino di coriandolo in polvere1 cucchiaino di cannella in polvere1 cucchiaino di peperoncino in polvere2 tazze di brodo vegetale6 datteri snocciolati1 cucchiaio di miele2 cucchiai di olive nere snocciolate4 cucchiai di succo di limonesale e pepeolio quanto bastacoriandolo fresco per decorareRiscaldate l'olio in una padella capiente. Aggiungete le spezie e tostate per qualche istante. Aggiungete l'aglio, la cipolla, lo zenzero, la zucca e i ceci. Mescolate per qualche istante, poi aggiungete i datteri tagliati a pezzetti, i ceci, le olive e il miele. Versate il brodo vegetale e coprite con un coperchio. Cuocete per circa 15 minuti, il tempo necessario affinché la zucca diventi morbida. Infine versate il succo di limone e il coriandolo fresco. Servite con riso basmati o cous cous.
Butternut Squash and Chickpea Tagine
Ingredients1 medium butternut squas1 medium onion1 can of chickpeas2 garlic cloves1 piece of fresh ginger1 Tbsp ground turmeric1 tsp ground cumin1 tsp ground coriander1 tsp ground cinnamon1 tsp ground chilly powder2 cups vegetable stock6 pitted dates1 Tbsp honey2 Tbsp pitted black olives4 Tbsp lemon juicesalt e pepperolive oilfresh coriander to decorateHeat a couple of Tbsp of oil in a large skillet. Add the spices and sauté for a few moments. Add garlic, onion, ginger, pumpkin and chickpeas. Stir for a few seconds, then add the chopped dates, chickpeas, olives and honey. Pour the vegetable broth and cover with a lid. Cook for about 15 minutes, the time required for the pumpkin to soften. Finally, pour the lemon juice and fresh coriander. Serve with basmati rice or cous cous.
15 March 2013
Ero venuta in visita in Irlanda tanti anni fa, intorno al 2000 credo. In quell'occasione avevo scattato tantissime foto in bianco e nero con la mia vecchia Nikon quando esistevano ancora i rullini. Le stesse foto le avevo poi fatte sviluppare da un fotografo e me le ero stampate in camera oscura. Ovviamente non ve le posso far vedere perché stanno da qualche parte in una cantina in Puglia, ma sono riuscita a recuperarne una dal mio fotoblog: una macchina bruciata, in un posto sperduto del Wicklow, sulla costa sud-est di Dublino.
Soprattutto mi ricordavo benissimo di una trattoria in cui avevo mangiato un fantastico risotto alle pere e gorgonzola. Un posto che mi ha attanagliato per tanti anni e che mi ero promessa di tornare a visitare, qualora fossi tornata da queste parti. E infatti qualche tempo fa ci sono ritornata, ma ho capito che era meglio vivere nel ricordo.
Chiaramente quando visiti un posto per vacanza, tutto ti sembra bellissimo, anche perché del luogo apprezzi quello che di buono ti offre in un tempo molto limitato. Quando invece decidi di viverci (per volontà tua o di qualcun altro), allora il discorso cambia un po'.
L'Irlanda me l'immaginavo un po' come l'Inghilterra, burocraticamente parlando. A parte la moneta diversa, la lingua e l'accento diversi, pensavo che più o meno qui tutto funzionasse come dall'altra parte del mare. E invece no.
Nel cercare casa in fretta e furia, mi sono imbattuta in un posto sperduto a nord di Dublino, chiamato Bettystown. L'annuncio parlava di una casa sul mare, senza troppi fronzoli contrattuali e troppe richieste di referenze. Vista l'urgenza che avevo di traslocare, l'ho subito presa, anche perché pensavo che poi nel caso non mi fossi trovata bene, potevo sempre cambiare un'altra volta... Certo dopo Bournemouth pensavo che continuare a stare sul mare, fosse diventato un po' il mio ambiente naturale anche perché pensavo che raggiungere Dublino o altri posti limitrofi, sarebbe stato un gioco da ragazzi. Non é che mi fossi informata moltissimo su questo posto, sapevo solo che era un posticino tranquillo nel mezzo di niente e con circa 10mila abitanti. Va beh che sarà mai, ho pensato...
Tanto per cominciare qui se non hai il PPS (Personal Public Service Number) non riesci a fare niente. Il PPS é una specie di NIN inglese (che non é l'acronimo di Nine Inch Nails, ma piuttosto National Insurance Number) o del nostro CF italiano. Per ottenerlo bisogna essere residenti, o lavorare in Irlanda. Il che già ti complica la vita se tu non appartieni a nessuna delle sopra citate categorie. In fondo in fondo poi, ti dicono che puoi ottenerlo anche se hai una residenza temporanea, del tipo un B&B or la casa di un parente. Fatto sta che anche per cercare casa te lo chiedono, é un documento da fare subito appena si mette piede qui. Io non ne ho avuto granché bisogno visto che lavoro ancora per il Regno Unito e alla mia padrona di casa qui, non interessava più di tanto, ma le agenzie invece, me lo hanno chiesto.
In Inghilterra il servizio sanitario é gratuito. Qui, no. Mentre una vista medica in UK non la pago, a meno che non decido di andare da uno specialista, qui in Irlanda se hai un reddito superiore a un tot, devi pagare sia la visita medica che le medicine. La visita da un medico generico costa dai 40 ai 60 Euro, una ricetta medica costa sui 25 Euro e persino per ottenere il foglio medico per giustificare un assenza da lavoro, qui lo devi pagare. Le donne incinte hanno un numero limitato di visite gratuite, fino ad un certo periodo anche dopo la nascita, dopodiché devono pagare anche per quello. Mentre in Inghilterra le donne in attesa per esempio, hanno diritto ad assistenza sanitaria gratuita, incluso il dentista. Qui, se non hai la "medical card" vuol dire che non puoi usufruire di questi servizi gratuiti. Non so come funziona in Italia adesso ma io ero rimasta che le visite dal medico non si pagavano a prescindere dal reddito.
Mentre in Inghilterra puoi comprare qualsiasi cosa online, qui no. Anzi, qui si fa fatica ad ordinare anche dall'Inghilterra, molti specificano proprio che non spediscono da queste parti. Anche questa cosa mi fa parecchio girare le scatole perché io sono abituata a comprare quasi tutto online.
Qui a Bettystown, ho a disposizione 3 negozi alimentari. 1 Tesco, 1 Donovan e un Centra. Il primo market noto a molti, gli altri due non li avevo mai sentiti nominare. E io che detesto fare la spesa nei supermercati, non ho molta scelta, se non tra questa minestra o andare a Dublino con il carrello della spesa e scioppare al mercato frutta e verdura all'aperto, oppure andare a Drogheda, che sta a 20 minuti di autobus da qui. I cassieri dei supermercati qui mi odieranno, perché vado sempre a chiedere se hanno cose "strane", del tipo: "ce l'avete il silken tofu? e la crema spalmabile di carrube? e lo yogurt di soya?" Vabbé va, come non detto.
In compenso ho a disposizione due farmacie, un dentista, due ristoranti cinesi, una palestra, una sala giochi e più giù verso Laytown, una chiesa con vista. Pescherie: ZERO. Nonostante il pesce non rientri quasi più nella mia dieta, questa é ancora una di quelle cose che non riuscirò mai a comprendere. Anche a Bournemouth o persino nel Devon, per avere un po' di pesce fresco, l'unica soluzione era andarselo a pescare! Qualche giorno fa, dopo aver visto un video sulla raccolta delle vongole, ho deciso di andare a chiedere in un negozietto qui vicino che vende un po' di tutto, se avessero un affare simile. Lui mi ha guardato e ha risposto: "EH?!"
I mezzi di trasporto da qui sono sporadici. Per esempio, per andare a Dublino, ho a disposizione solo un autobus che parte ogni ora dal lunedì al venerdì, più sporadico durante i weekend e nei bank holidays.
Non essendo riuscita a tornare a casa per recuperare qualche oggetto personale, non posso neanche affittare una macchina. Per farlo serve l'altra metà della patente, che io ho ovviamente, ho lasciato rinchiusa in un cassetto a Londra! Anche perché per affittare una macchina da qui bisogna andare o a Drogheda oppure all'aeroporto di Dublino. Poi però per tornare a casa, se poco poco sgarri l'orario del bus, ti tocca tornare in taxi alla modica cifra di 65 Euro. Per andare in aeroporto tra l'altro, da qui non esiste un autobus diretto. Si deve prima viaggiare a sud verso Dublino e da lì tornare indietro a nord verso l'aereoporto. Oppure andare a nord verso Drogheda, quindi ridiscendere verso sud. Un manicomio insomma.Come se non bastasse se si vuole fare un viaggio a caso, le compagnie aree volano tipo alle 6 del mattino oppure bisogna prenotare di settimana in settimana, precludendosi così la possibilità di quei tanto amati, weekend brevi.
Insomma, mancando molti servizi che rendono la vita più facile, ho avuto veramente un po' di problemi ad ambientarmi. Le temperature polari e l'inverno in generale poi, non mi hanno per niente facilitata. Per cui ho trascorso questi ultimi mesi, vivendo come una sorta di eremita. Certo, ci sono posti peggiori al mondo in cui vivere, ma dopo un po' anche il più sano di mente uscirebbe un po' pazzo qui!
L'idea di spostarmi a Dublino mi é balenata un paio di volte, ma poi ho desistito per varie ragioni logistiche e pratiche, ma soprattutto perché avevo avuto la vaga illusione che sarei potuta tornare a Londra prima del previsto. Intanto il tempo é passato ed ora che manca poco, mi conviene godermi questa gelida natura a disposizione, finché dura.
Vi faccio vedere alcune misere foto, di cui un paio scattate la settimana scorsa dall'interno della palestra e con il cellulare, quindi non di grande qualità. Vi garantisco che ho fotografato praticamente tutti i punti cruciali del villaggio, non c'è molto altro da vedere insomma. Tutte le "attrazioni" si trovano nel giro di 1km. Cliccate sulle immagini se volete ingrandirle.
Quel giorno il vento era fortissimo ed
il mare agitato. Cosa ci facessero i cavalli nell'acqua gelida, non ne
ho idea.
A destra: il mare in burrasca.
A destra: lo sport preferito da queste parti si chiama "stai al caldo in macchina e guardati il mare, mentre sfrecci con la tua torpedo rossa sulla sabbia".
Qui secondo me il cartellaio non sapeva bene che altro aggiungerci. Gli ha messi un po' tutti.
E i cartelli continuano qua e là per la spiaggia anche andando più giù. Anche se io ho visto ragazzini fare il motocross e addirittura un avventuroso che usava la spiaggia come pista d'atterraggio per un enorme areo telecomandato....boys and toys!
A destra: famoso monumento a non so cosa, poco prima di entrare nella spiaggia.
A destra: la farmacia, una delle due, con tanto di nome dedicato al villaggio, hai visto mai che uno avesse un'amnesia e non si ricordasse più dov'è.
Il ristorante cinese, nonché il palazzo dove vivo, per fortuna non direttamente sopra né direttamente accanto altrimenti a quest'ora avrei imparato il cinese anch'io. Il menù non é malvagio, per Betty, direi che é più che dignitoso, con veri cinesi all'interno che non parlano una parola di inglese, men che meno di Irish.
A destra: la palestra, con vista mare. Fiore all'occhiello di questo posto. Vedi il mare da quando corri sul tapirulan a quando sei comodamente spaparanzato nella vasca Jacuzzi. Sono soddisfazioni.
Infine, la chiesa di zona, che io trovo piuttosto inquietante con quel robo in mezzo che sembra più il monumento ai seguaci di satana che altro, situata nel villaggio a fianco che si chiama Laytown. (Bettystown, Laytown, Julianstown...grande fantasia). Anche questa, neanche a dirlo, con vista mare.
Cosa c'entrano le falafel al forno? Niente, ma proprio niente. Forse solo l'inconscio, ma anche conscio, desiderio di un posto al caldo! Nel frattempo mi preparo per il Bank Holiday weekend e per la festa di San Patrizio, sempre che non piova...
Ingredienti
- 2 confezioni di ceci in scatola, o precotti a casa
- 2 fette di pane integrale raffermo o tostato, oppure pan grattato
- 1 piccola cipolla rossa
- 1 spicchio d'aglio
- 1 cucchiaino di coriandolo in polvere
- 1 cucchiaino di cumino in polvere
- 1 cucchiaino di pepe di cayenne
- 1 cucchiaino di bicarbonato
- il succo di 1 limone
- 1 cucchiaio di olio
- sale
Mettete tutti gli ingredienti nel mixer finché non avrete ottenuto un composto facilmente malleabile. Formate delle palline piccole che andrete ad appiattire un po', se invece decidete di friggere, allora potete dargli una forma tondeggiante. Infornate a 180C per 15 minuti, poi girate e lasciate dorare per altri 10 o 15 minuti. Servite con una salsa composta da yogurt di soia o al naturale, un cucchiaio di succo di limone, pepe di cayenne, olio di oliva e sale.
English translation - Baked Falafel with yogurt sauce
Ingredients
- 2 cans of chickpeas, or cooked by yourself
- 2 slices of whole bread or bread crumbs
- 1 small red onion
- 1 clove of garlic
- 1 tsp of coriander powder
- 1 tsp ground cumin
- 1 tsp cayenne pepper
- 1 tsp baking soda
- the juice of 1 lemon
- 1 Tbsp of olive oil
- salt
Put all the ingredients in a blender until all combined and smooth enough to shape. Shape into small balls and flatten them a bit on parchment paper, if you decide to fry them, then is fine to shape them into small balls. Bake at 180C for 15 minutes, then turn and let brown for another 10 or 15 minutes. Serve with a sauce made of soya yogurt or natural yogurt, a Tbsp of lemon juice, cayenne pepper, olive oil and salt to taste.
8 March 2010
Pensavate che fossi stata rapita nel deserto o scambiata per un centinaio di cammelli? No, purtroppo sono tornata. Purtroppo si, perché passare da 26 gradi di Marrakech ad una manciata di gradi di Londra, è un trauma non indifferente. Traumatico è stato il ritorno, come non mai. Di posti ne ho visti, visitati, e di vacanze ne ho fatte, ma questa è stata un'immersione senza fiato in un mondo totalmente diverso, mai esplorato prima e neanche immaginabile nonostante le foto o i video o di come ce lo raccontano i film.
Trascorsa la notte in bianco in aeroporto, grazie a Santa Ryanair che fa partire i suoi fantastici voli low cost, non tanto low cost ormai, alle 6 del mattino. Una famiglia di rumeni mi ha tenuto compagnia per tutta la notte, le signore non riuscivano a smettere di parlare, sembravano mitragliette impazzite, bevevano caffè nero bollente e si tenevano svegli fino al collasso totale proprio quando io avevo deciso che ormai di dormire non se ne parlava più.
L'aeroporto di Luton è minuscolo, i passeggeri in attesa del proprio volo stazionano in una saletta aperta tutti assieme. C'è chi cammina avanti e indietro, chi russa beatamente, chi dorme a terra e chi continua a guardare giornali a scrocco nell'edicola all'angolo della piazzetta.
Il volo è in orario. E vorrei vedere se alle 6 si permettono anche di ritardare. Superato brillantemente il check in e l'ansia di trasportare più del peso consentito, si sale a bordo e finalmente crollo in un sonno altalenante, interrotto più volte dalla voce assordante della hostess che cerca di vendermi patatine, caffè, gratta e vinci e popcorn. La ignoro infilandomi due auricolari nelle orecchie, ascoltando Tchaikovsky nella speranza che almeno lui mi addormenti per le prossime 3 ore e 20 di volo.
Eh si, il Marocco sta proprio giù giù, guardo la mappa sulla rivista di fronte a me, mi ricordo di quando ho volato più o meno alla stessa altezza per andare a Lanzarote, anni fa.
Il capitano dice che a Marrakech è nuvoloso e che pioviggina. Impreco in arabo ma poi mi dico "Seeee, figurati se in Marocco piove".
Come spesso accade, negli ultimi attimi di volo, socializzo con i miei vicini. Con gli inglesi si fa fatica a socializzare anche se stai in una camera di un metro quadrato per ore ed ore. Se non gli parli tu, loro ti ignorano allegramente. E' una coppia che sta andando in Marocco per una mini vacanza di golf. In realtà il marito golfeggia, la moglie prenderà il sole o raccatterà le palle.
Tiriamo tutti un bel sospiro di sollievo toccando terra. Nessun aereo dirottato, nessuna bomba, nessun pazzo a bordo, tutto regolare.
L'asfalto è umido e qualche nuvola in effetti c'è, ma il sole sta proprio dietro l'angolo e spunta. Alè, certo non ci sono 40 gradi ma l'aria si sente, è diversa.
Il primo impatto è stato immediato. Si percepisce esattamente di essere atterrati in un posto nuovo, diverso. Il controllo passaporti dura una vita, poi per fortuna nessuna valigia da ritirare e subito mi attende all'uscita, un poliziotto con un mitra e un mucchio di uomini vestiti di scuro tutti ad attendere qualcuno, molti di loro con dei cartelli in mano.
Dall'alto si nota subito, sembra una piazza di un piccolo centro, abitato solo da uomini. Le poche donne che circolano sono accompagnate da altri uomini o coperte. Gli uomini si baciano sulla guancia per salutarsi, le donne in alcuni casi stringono la mano ma niente più.
L'aereoporto Menara mi sembra bellissimo. I vetri sembrano ricamati a mano come i tatuaggi all'henna che le ragazze fanno in piazza, sulle mani dei turisti. Oltre alle sedioline di plastica su un lato, ci sono anche dei divanetti coloratissimi e una musica arabeggiante proveniente da un angolo dello stesso aeroporto che di per sé già sembra un mercatino.
Vengo trasportata in macchina dall'aereoporto al Riad Karim. Una tipica casa marocchina con sole 4 camere da letto, nel cuore della Medina, il centro storico di Marrakech. L'enorme macchina che mi trasporta, attraversa stradine piccolissime, piene di persone, di motorini, di frutta e verdura e di carne appesa.
I negozi a Marrakech sono "da fuori per fuori", ovvero non ci si entra come nei nostri tipici negozio di alimentari o macellerie, ma la merce è esposta e il compratore sta al di fuori.
Nonostante la notte trascorsa in bianco, arrivo al Riad, e, giusto il tempo di guardarmi in torno e una doccia, mi tuffo subito nelle vie colorate e l'avventura ha inizio.
Di nuovo, l'impressione è quella di essere circondata da tanti uomini, ogni tanto qualche donna con la busta in mano si intravede, coperte alcune, meno coperte le altre ma pur sempre con un vestire rigorosamente casto. Nonostante il mio aspetto tipicamente terronico, vengo notata come una turista e a turno i commercianti ad ogni angolo di strada, cercano di vendermi qualsisi cosa: dai tappeti all'olio per i massaggi, dalle spezie alle ciabatte.
Aihmè incappo subito in un "vicino di casa" il quale con un inglese quasi perfetto cerca di rifilarmi spezie che probabilmente stazionano nel suo negozio dai tempi del dopoguerra. Un po' stizzita io gli dico che ora me ne vorrei andare un po' a zonzo, che sono appena arrivata e non mi va di fare già shopping. Lui mi fa promettere, con tanto di stretta di mano, che tornerò a comprare le sue fantastiche spezie e che il prezzo sarà sicuramente vantaggioso, non come quelle che vendono laggiù. Ho fatto una cosa che non avrei mai dovuto fare. Promettere. Una promessa è una promessa ovunque, ma a Marrakech lo è in maniera particolare.
I commercianti si ricordano di te, se gli dici "torno dopo", loro ti fermano ogni volta che passi, e ti chiedono se il "dopo" è finalmente arrivato e tu continui a dire, "torno dopo" e loro imprecano qualcosa in arabo e anche a questo giro te li sei levati dai piedi.
Mi ero messa in testa ad un certo punto di fare l'affare del secolo e comprare un tappeto. Ma non un tappetino piccolo, una roba enooooorme. Sicchè sono entrata in uno dei tanti negozi di tappeti, del resto anche un po' guidata dai commercianti stessi, e sono entrata nel paradiso del tappeto per eccellenza. Tappeti ovunque. Gialli, rossi, gialli e rossi, verde, scurino, scuretto, carino, bello, enorme, caro. Quello che piaceva a me costava tipo duemilaecinquecento euri. Gli ho detto che era fuori dal mio budget, ma proprio di brutto. Sicchè è iniziata una trattativa divertente ma anche senza nessun tipo di esito positivo, ed ho imparato che per togliersi dai piedi un commerciante insistente, è necessario fargli un offerta che non scorderà mai più in vita sua. Gli ho detto che potevo dargli massimo centicinquantaeuri. Lui si è veramente risentito di questa offerta indecente, ha chiuso tutti i tappeti che fino ad allora mi aveva mostrato, in un battibaleno ha riposto tutto in ordine e a mala pena mi ha salutata verso l'uscita. Insomma l'ha presa proprio male eh! Però ho capito che l'unico sistema per sfuggire all'assalto di chi voleva vendermi qualcosa era quello di 1. non fare promesse 2. dire che avevo già comprato 3. fare un offerta bassissima 4. dire no in maniera definitiva, senza "torno dopo" e senza "si forse". Adottare insomma la stessa fermezza che adottano loro nello stressarti al contrario.
Dopo un giorno e mezzo di cammino tra mercatini, bancarelle, scimmie e serpenti, ho provato l'esperienza unica ed indimenticabile dell'hammam. Anche in questo caso, ci sono tanti ragazzi che volantinano svariati hammam nella piazza centrale di Djemma el Fna. Ne ho trovato uno sperduto in una viuzza della piazza, indicatomi il giorno precedente da un volantino con una offerta speciale. Qualche scalino per arrivare in cima alla reception dove mi ha accolto una ragazza dal capo scoperto. Ci siamo accordate sul prezzo e sul trattamento, mi ha fatto visitare il piccolo centro, ho pagato e finalmente mi ha fatto salire qualche altro scalino per accedere in un'altra stanza. Una piccola tende divideva lo spogliatoio dal piccolo salottino d'attesa. L'accappatoio, un paio di ciabatte ed un perizoma di carta riciclata sono forniti direttamente dal centro. Una ragazza mi accompagna in una stanzetta piena di vapore, gli occhiali mi si appannano. Chissà dove pensavo di andare che me li sono portati appresso! Vedo una figura vaga di donna, mi toglie gli occhiali e mi guida verso un tavolino di pietra coperto da un tappetino di spugna. Cerchiamo di capire che lingua parlare, ma lei non parla inglese e il mio francese è simile al mio arabo, quindi comunichiamo brevemente a gesti quando mi dice come mettermi e come girarmi. Il resto è fatto in silenzio. Distesa vedo due finestre quadrate sul soffitto bassissimo, è l'unica luce che illumina la stanza annebbiata. Mi lava con acqua tiepida e con il savon noir, un sapone dall'odore particolarissimo, fatto di olio e di olive nere. Dopo il primo lavaggio la signorina mi fa uno scrubbing di quelli mai visti in vita mia. Mi striglia come se fossi un cavallo, dalla testa ai piedi, e siccome non posso neanche parlare lascio che faccia tutto quello che deve fare, anche se vorrei poterle farle notare che sto dimagrendo di qualche etto con tutto quello scrubbing. Lei continua imperterrita. Mi risciacqua. Io sono stordita non capisco più niente. Mi fa una maschera al viso all'argilla, profumata di rose. Poi mi riscqua un'altra volta. Mi mette seduta e ricomincia a lavarmi con una spugna e con un altro sapone, questa volta mi lava dalla testa ai piedi e persino i capelli. Oddio i capelli noooooooo!!! Niente, non ho neanche il tempo di pensare, ormai sono sotto il suo controllo. Come una centrifuga, mi risciacqua per l'ennesima volta e poi mi butta fuori dalla stanza annebbiata. Infreddolita, nonostante l'enorme accappatoio addosso, resto seduta nel salottino d'attesa nella speranza che qualcuno venga a recuperarmi presto. Nel frattempo la signorina di prima mi porta un tè alla menta. L'ennesimo. Poi mi fa sciacquare la faccia con acqua di rosa, come se non bastasse.
Pochi istanti dopo mi fa cenno di scendere e mi accomodo in una stanzetta con le pareti nere e dei lettini con asciugamani rossi, una musica arabeggiante in sottofondo ed un profumo di olio di argan. L'argan pare essere un albero molto diffuso in Marocco, del quale non avevo mai sentito nominare. Da questo albero crescono bacche di colore verde dalle quale viene prodotto un olio utilizzato sia in cucina che in cosmesi.
La signorina mi massaggia per mezz'ora, dalla testa ai piedi. Vorrei che non finisse mai e invece proprio sul più bello mi dice che è ora di rivestirmi e di togliere le tende. L'esperienza però è davvero esaltante, rigenerante e anche un po' primitiva. E' come tornare bambini, quando la mamma ti faceva il bagno la domenica.
Ho mangiato un cous cous finissimo accompagnato da verdure saporitissime. Faccio fatica a guardare il cous cous confezionato che trovo qui adesso, mi sembra tutta un'altra storia. Infatti è proprio un'altra storia, così come lo è la vita in questo posto magico e colorato, fatto di gente che dalla mattina alla sera non fa altro che cercare il modo per guadagnare due soldi per poter mangiare, sempre con il sorriso ed un occhio di riguardo particolare per l'accoglienza degli stranieri. Si è vero, sono molto insistenti a volte, ma basta imparare a saper dire di no con garbo e tutto il resto è una passeggiata tra colori sgargianti, cieli azzurri (quando non piove), profumi di spezie, puzza di smog, le montagne innevate dell'Atlas, scimmie, serpenti e un sacco di tè alla menta.
Ho impiegato parecchi giorni prima di riprendermi da questo viaggio e la valigia è rimasta intatta nel salotto di casa per qualche giorno prima di disfarla. La sensazione è quella di volerci ritornare, presto, di visitare paesi limitrofi, il deserto e sentire nuovamente il sole caldo addosso, ed il calore umano che forse da queste parti manca un po'.
Speriamo che i marocchini mi perdonino per questa versione delle babouches sperimentale, dovrò sicuramente approfondire. Nell'attesa, se vi va di guardare qualche foto di Marrakech cliccate qui o sulla foto in basso, sottolineando che mai come in questo caso, le foto non rendono le stesse emozioni vissute e provate nei giorni trascorsi. Benritrovati.
Trascorsa la notte in bianco in aeroporto, grazie a Santa Ryanair che fa partire i suoi fantastici voli low cost, non tanto low cost ormai, alle 6 del mattino. Una famiglia di rumeni mi ha tenuto compagnia per tutta la notte, le signore non riuscivano a smettere di parlare, sembravano mitragliette impazzite, bevevano caffè nero bollente e si tenevano svegli fino al collasso totale proprio quando io avevo deciso che ormai di dormire non se ne parlava più.
L'aeroporto di Luton è minuscolo, i passeggeri in attesa del proprio volo stazionano in una saletta aperta tutti assieme. C'è chi cammina avanti e indietro, chi russa beatamente, chi dorme a terra e chi continua a guardare giornali a scrocco nell'edicola all'angolo della piazzetta.
Il volo è in orario. E vorrei vedere se alle 6 si permettono anche di ritardare. Superato brillantemente il check in e l'ansia di trasportare più del peso consentito, si sale a bordo e finalmente crollo in un sonno altalenante, interrotto più volte dalla voce assordante della hostess che cerca di vendermi patatine, caffè, gratta e vinci e popcorn. La ignoro infilandomi due auricolari nelle orecchie, ascoltando Tchaikovsky nella speranza che almeno lui mi addormenti per le prossime 3 ore e 20 di volo.
Eh si, il Marocco sta proprio giù giù, guardo la mappa sulla rivista di fronte a me, mi ricordo di quando ho volato più o meno alla stessa altezza per andare a Lanzarote, anni fa.
Il capitano dice che a Marrakech è nuvoloso e che pioviggina. Impreco in arabo ma poi mi dico "Seeee, figurati se in Marocco piove".
Come spesso accade, negli ultimi attimi di volo, socializzo con i miei vicini. Con gli inglesi si fa fatica a socializzare anche se stai in una camera di un metro quadrato per ore ed ore. Se non gli parli tu, loro ti ignorano allegramente. E' una coppia che sta andando in Marocco per una mini vacanza di golf. In realtà il marito golfeggia, la moglie prenderà il sole o raccatterà le palle.
Tiriamo tutti un bel sospiro di sollievo toccando terra. Nessun aereo dirottato, nessuna bomba, nessun pazzo a bordo, tutto regolare.
L'asfalto è umido e qualche nuvola in effetti c'è, ma il sole sta proprio dietro l'angolo e spunta. Alè, certo non ci sono 40 gradi ma l'aria si sente, è diversa.
Il primo impatto è stato immediato. Si percepisce esattamente di essere atterrati in un posto nuovo, diverso. Il controllo passaporti dura una vita, poi per fortuna nessuna valigia da ritirare e subito mi attende all'uscita, un poliziotto con un mitra e un mucchio di uomini vestiti di scuro tutti ad attendere qualcuno, molti di loro con dei cartelli in mano.
Dall'alto si nota subito, sembra una piazza di un piccolo centro, abitato solo da uomini. Le poche donne che circolano sono accompagnate da altri uomini o coperte. Gli uomini si baciano sulla guancia per salutarsi, le donne in alcuni casi stringono la mano ma niente più.
L'aereoporto Menara mi sembra bellissimo. I vetri sembrano ricamati a mano come i tatuaggi all'henna che le ragazze fanno in piazza, sulle mani dei turisti. Oltre alle sedioline di plastica su un lato, ci sono anche dei divanetti coloratissimi e una musica arabeggiante proveniente da un angolo dello stesso aeroporto che di per sé già sembra un mercatino.
Vengo trasportata in macchina dall'aereoporto al Riad Karim. Una tipica casa marocchina con sole 4 camere da letto, nel cuore della Medina, il centro storico di Marrakech. L'enorme macchina che mi trasporta, attraversa stradine piccolissime, piene di persone, di motorini, di frutta e verdura e di carne appesa.
I negozi a Marrakech sono "da fuori per fuori", ovvero non ci si entra come nei nostri tipici negozio di alimentari o macellerie, ma la merce è esposta e il compratore sta al di fuori.
Nonostante la notte trascorsa in bianco, arrivo al Riad, e, giusto il tempo di guardarmi in torno e una doccia, mi tuffo subito nelle vie colorate e l'avventura ha inizio.
Di nuovo, l'impressione è quella di essere circondata da tanti uomini, ogni tanto qualche donna con la busta in mano si intravede, coperte alcune, meno coperte le altre ma pur sempre con un vestire rigorosamente casto. Nonostante il mio aspetto tipicamente terronico, vengo notata come una turista e a turno i commercianti ad ogni angolo di strada, cercano di vendermi qualsisi cosa: dai tappeti all'olio per i massaggi, dalle spezie alle ciabatte.
Aihmè incappo subito in un "vicino di casa" il quale con un inglese quasi perfetto cerca di rifilarmi spezie che probabilmente stazionano nel suo negozio dai tempi del dopoguerra. Un po' stizzita io gli dico che ora me ne vorrei andare un po' a zonzo, che sono appena arrivata e non mi va di fare già shopping. Lui mi fa promettere, con tanto di stretta di mano, che tornerò a comprare le sue fantastiche spezie e che il prezzo sarà sicuramente vantaggioso, non come quelle che vendono laggiù. Ho fatto una cosa che non avrei mai dovuto fare. Promettere. Una promessa è una promessa ovunque, ma a Marrakech lo è in maniera particolare.
I commercianti si ricordano di te, se gli dici "torno dopo", loro ti fermano ogni volta che passi, e ti chiedono se il "dopo" è finalmente arrivato e tu continui a dire, "torno dopo" e loro imprecano qualcosa in arabo e anche a questo giro te li sei levati dai piedi.
Mi ero messa in testa ad un certo punto di fare l'affare del secolo e comprare un tappeto. Ma non un tappetino piccolo, una roba enooooorme. Sicchè sono entrata in uno dei tanti negozi di tappeti, del resto anche un po' guidata dai commercianti stessi, e sono entrata nel paradiso del tappeto per eccellenza. Tappeti ovunque. Gialli, rossi, gialli e rossi, verde, scurino, scuretto, carino, bello, enorme, caro. Quello che piaceva a me costava tipo duemilaecinquecento euri. Gli ho detto che era fuori dal mio budget, ma proprio di brutto. Sicchè è iniziata una trattativa divertente ma anche senza nessun tipo di esito positivo, ed ho imparato che per togliersi dai piedi un commerciante insistente, è necessario fargli un offerta che non scorderà mai più in vita sua. Gli ho detto che potevo dargli massimo centicinquantaeuri. Lui si è veramente risentito di questa offerta indecente, ha chiuso tutti i tappeti che fino ad allora mi aveva mostrato, in un battibaleno ha riposto tutto in ordine e a mala pena mi ha salutata verso l'uscita. Insomma l'ha presa proprio male eh! Però ho capito che l'unico sistema per sfuggire all'assalto di chi voleva vendermi qualcosa era quello di 1. non fare promesse 2. dire che avevo già comprato 3. fare un offerta bassissima 4. dire no in maniera definitiva, senza "torno dopo" e senza "si forse". Adottare insomma la stessa fermezza che adottano loro nello stressarti al contrario.
Dopo un giorno e mezzo di cammino tra mercatini, bancarelle, scimmie e serpenti, ho provato l'esperienza unica ed indimenticabile dell'hammam. Anche in questo caso, ci sono tanti ragazzi che volantinano svariati hammam nella piazza centrale di Djemma el Fna. Ne ho trovato uno sperduto in una viuzza della piazza, indicatomi il giorno precedente da un volantino con una offerta speciale. Qualche scalino per arrivare in cima alla reception dove mi ha accolto una ragazza dal capo scoperto. Ci siamo accordate sul prezzo e sul trattamento, mi ha fatto visitare il piccolo centro, ho pagato e finalmente mi ha fatto salire qualche altro scalino per accedere in un'altra stanza. Una piccola tende divideva lo spogliatoio dal piccolo salottino d'attesa. L'accappatoio, un paio di ciabatte ed un perizoma di carta riciclata sono forniti direttamente dal centro. Una ragazza mi accompagna in una stanzetta piena di vapore, gli occhiali mi si appannano. Chissà dove pensavo di andare che me li sono portati appresso! Vedo una figura vaga di donna, mi toglie gli occhiali e mi guida verso un tavolino di pietra coperto da un tappetino di spugna. Cerchiamo di capire che lingua parlare, ma lei non parla inglese e il mio francese è simile al mio arabo, quindi comunichiamo brevemente a gesti quando mi dice come mettermi e come girarmi. Il resto è fatto in silenzio. Distesa vedo due finestre quadrate sul soffitto bassissimo, è l'unica luce che illumina la stanza annebbiata. Mi lava con acqua tiepida e con il savon noir, un sapone dall'odore particolarissimo, fatto di olio e di olive nere. Dopo il primo lavaggio la signorina mi fa uno scrubbing di quelli mai visti in vita mia. Mi striglia come se fossi un cavallo, dalla testa ai piedi, e siccome non posso neanche parlare lascio che faccia tutto quello che deve fare, anche se vorrei poterle farle notare che sto dimagrendo di qualche etto con tutto quello scrubbing. Lei continua imperterrita. Mi risciacqua. Io sono stordita non capisco più niente. Mi fa una maschera al viso all'argilla, profumata di rose. Poi mi riscqua un'altra volta. Mi mette seduta e ricomincia a lavarmi con una spugna e con un altro sapone, questa volta mi lava dalla testa ai piedi e persino i capelli. Oddio i capelli noooooooo!!! Niente, non ho neanche il tempo di pensare, ormai sono sotto il suo controllo. Come una centrifuga, mi risciacqua per l'ennesima volta e poi mi butta fuori dalla stanza annebbiata. Infreddolita, nonostante l'enorme accappatoio addosso, resto seduta nel salottino d'attesa nella speranza che qualcuno venga a recuperarmi presto. Nel frattempo la signorina di prima mi porta un tè alla menta. L'ennesimo. Poi mi fa sciacquare la faccia con acqua di rosa, come se non bastasse.
Pochi istanti dopo mi fa cenno di scendere e mi accomodo in una stanzetta con le pareti nere e dei lettini con asciugamani rossi, una musica arabeggiante in sottofondo ed un profumo di olio di argan. L'argan pare essere un albero molto diffuso in Marocco, del quale non avevo mai sentito nominare. Da questo albero crescono bacche di colore verde dalle quale viene prodotto un olio utilizzato sia in cucina che in cosmesi.
La signorina mi massaggia per mezz'ora, dalla testa ai piedi. Vorrei che non finisse mai e invece proprio sul più bello mi dice che è ora di rivestirmi e di togliere le tende. L'esperienza però è davvero esaltante, rigenerante e anche un po' primitiva. E' come tornare bambini, quando la mamma ti faceva il bagno la domenica.
Ho mangiato un cous cous finissimo accompagnato da verdure saporitissime. Faccio fatica a guardare il cous cous confezionato che trovo qui adesso, mi sembra tutta un'altra storia. Infatti è proprio un'altra storia, così come lo è la vita in questo posto magico e colorato, fatto di gente che dalla mattina alla sera non fa altro che cercare il modo per guadagnare due soldi per poter mangiare, sempre con il sorriso ed un occhio di riguardo particolare per l'accoglienza degli stranieri. Si è vero, sono molto insistenti a volte, ma basta imparare a saper dire di no con garbo e tutto il resto è una passeggiata tra colori sgargianti, cieli azzurri (quando non piove), profumi di spezie, puzza di smog, le montagne innevate dell'Atlas, scimmie, serpenti e un sacco di tè alla menta.
Ho impiegato parecchi giorni prima di riprendermi da questo viaggio e la valigia è rimasta intatta nel salotto di casa per qualche giorno prima di disfarla. La sensazione è quella di volerci ritornare, presto, di visitare paesi limitrofi, il deserto e sentire nuovamente il sole caldo addosso, ed il calore umano che forse da queste parti manca un po'.
Speriamo che i marocchini mi perdonino per questa versione delle babouches sperimentale, dovrò sicuramente approfondire. Nell'attesa, se vi va di guardare qualche foto di Marrakech cliccate qui o sulla foto in basso, sottolineando che mai come in questo caso, le foto non rendono le stesse emozioni vissute e provate nei giorni trascorsi. Benritrovati.
IngredientiIngredienti per il ripieno
- 250gr di farina
- 80gr di burro fuso
- 1 pizzico di sale
- 1 po' di acqua di rose
- 200gr di arachidi
- 65gr di zucchero a velo
- un po' di acqua di rose
Preparate la pasta mescolando tutti gli ingredienti fino ad ottenere un composto compatto. Riponete in frigo per mezz'ora. Tritate finemente le arachidi con lo zucchero a velo e aggiungete acqua di rose quanto basta per compattare il tutto. Riprendete la pasta e stendetela ad uno spessore di circa 4mm formato un rettangolo. Riponete un po' di ripieno nel centro, arrotolate a forma di serpente chiudendo bene i bordi. Tagliate in senso obliquo e con le dita chiudete un lato del pezzettino tagliato per formare la scarpetta. Ripetete l'operazione con le altre scarpette, infornatele a 180 C per circa 12 minuti. Glassate con miele a piacere.
English please
Peanut Slippers
Ingredients
- 250gr flour
- 80gr melted butter
- 1 pinch salt
- rose water
Ingredients for the filling
- 200gr peanuts
- 65gr icing sugar
- rose water
Prepare the dough by mixing all ingredients until you get a smooth ball. Put in the fridge for 30 minutes. Finely mix the peanuts with icing sugar and rose water until everything comes together. Take a piece of the dough, flatten it into a rectangular shape, put a bit of the filling in the middle and roll it to close the borders. Cut a piece obliquely and work it with your fingers to close 1 of the borders so a small shoe is created. Repeat with the rest of the dough and filling, then bake the little shoes at 180 C for 12 minutes. Glaze with honey if you like.
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Published
Blikki - Feb/Mar 2013