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giovedì 22 marzo 2018

British Afternoon Tea in Wonderland

“Twinkle, twinkle little bat 
How I wonder what you're at! 
Up above the world you fly, 
Like a tea-tray in the sky.” 
-Lewis Carroll-




Non dovevo esserci, stavolta.
Lo avevo spiegato in redazione, avevo anche scritto a Valeria perchè non me ne volesse.
Quando ho visto il tema della sfida di Marzo, sono rimasta bloccata.  Anzi, quando l'ho vista, per prima cosa ho esultato, dicendo ma che bello! Poi, in un secondo momento lo sconforto si è appropriato di me. L'Afternoon tea, troppi ricordi. Un momento troppo legato a lui, non solo per questo vecchio post, ma proprio per l'abitudine così britannica che lui aveva e che in un certo modo ha tramandato a me e a Sébastien. Insomma, l'afternoon tea è uno dei ricordi troppo legati a Michael e per me, che ancora stento a trovare un vero equilibrio senza di lui, è tutto troppo recente e doloroso.
Insomma, per farla breve, fino a stamattina, avevo deciso di non partecipare a questa sfida, di giocarmi la carta del "passo" e di godermela da fuori, tranquilla, con il mio earl grey caldo davanti allo schermo.
Non avevo fatto i conti con l'oste, con i sogni, con gli spiriti e con un commento di qualcuno che mi ha dato la spinta, proprio stamane, di partecipare, contro ogni pronostico.
Chi mi segue da tempo sa che Alice nel Paese delle Meraviglie è un tema ricorrente. È stato il primo libro che ho letto, a otto anni, il primo regalo ricevuto da una persona che è stata la mia bussola per molti anni. Il primo regalo di un Bianconiglio che, in un certo senso, mi ha sempre diretta verso un mio personale Wonderland, malgrado tutto.
Il mio British afternoon tea non è nulla di speciale. Mai sarò all'altezza di quel Cappellaio Matto che mi ha trasmesso la tradizione delle 17:00. 
Ma forse è proprio per lui che scrivo queste righe oggi e che ho passato questo breve tempo in cucina, per offrirvi il té. Ma anche, diciamolo, perchè MTC è una meraviglia, che spinge ad andare oltre, che ti sostiene e ti ispira, anche all'ultimo minuto o quasi, anche controvoglia.
Quindi ci sono. Con un té in Wonderland.
E lo so che verrà stanotte a tirarmi le orecchie! :)





British Afternoon Tea, ispirato su Alice nel Paese delle Meraviglie


Il té

"Take some more tea," the March Hare said to Alice, very earnestly. "I've had nothing yet," Alice replied in an offended tone, "so I can't take more."

Earl Grey in foglie (un cucchiaino colmo per ogni 150 ml)
Acqua minerale a basso residuo fisso

Portate l'acqua a leggero bollore. Mettete un po' di acqua calda nella teiera o nella tazza, fino a farla riscaldare al tatto. Gettate via questa prima acqua e nella teiera o tazza ancora calda, mettete il té in foglie. Coprite con acqua, lasciate in infusione tre minuti, mescolando ogni tanto durante questo tempo. Servire il té, con zucchero, limone e latte a piacere. A me piace senza nulla.


Almond-Raspberry Tray Bake

“The rule is, jam to-morrow and jam yesterday—but never jam to-day.”
“It must come sometimes to ‘jam to-day,’” Alice objected.
“No, it ca’n’t,” said the Queen. “It’s jam every other day: to-day isn’t any other day, you know” 




225 g di farina autolievitante
40 g di farina di madorle
110 g di zucchero superfino
125 g di burro, tagliato a pezzi e fuso
1 uovo
300 g di confettura di lamponi 

Scaldate il forno a 180°C
In una ciotola abbastanza grande, mescolate la farina, la farina di mandorle, lo zucchero, il burro e l'uovo. Ungete leggermente uno stampo di 20x30 cm. Con il dorso di un cucchiaio, o con le mani, premete l'impasto sul fondo dello stempo. Infornatelo per 15 minuti, o fino a che diventi ben dorato.
Spalmate la confettura sulla base e rimettete in forno una decina di minuti.
Togliere dal forno e fate raffreddare completamente prima di tagliarlo a quadretti o rettangoli.


I Sandwiches

Sandwich all'Egg Salad

 "I have tasted eggs, certainly," said Alice, who was a very truthful child; "but little girls eat eggs quite as much as serpents do, you know." "I don't believe it," said the Pigeon; "but if they do, then they're a kind of serpent: that's all I can say.” 



4 fette di pane a cassetta
4 uova a temperatura ambiente
1 cucchiaio colmo di erba cipollina, tritata finemente
pepe bianco
aceto di malto

per la maionese
1 tuorlo
olio vegetale
1 cucchiaio di aceto di vino bianco
1 cucchiaino di senape inglese in polvere
sale 

Mettete le uova in una pentola, coperte di acqua fredda. Portate a bollore, poi abbassate il fuoco e lasciate cuocere per 6 minuti. Mettetele subito in un bagno di acqua ghiacciata. 
Mettete il tuorlo in una ciotola e sbattetelo un po'. Aggiungete la senape in polvere. Cominciate quindi ad aggiungere olio in piccole quantità, poche gocce lalla volta, senza aggiungerbne altro finchè non sarà ben incorporata l'aggiunta precedente. Quando la maionese comincerà a rassodarsi, si possono aggiungere quantità di olio un po' più grandi, ma sempre a filo. La maionese finita dovrà essere densa e soda, quasi a non poter più muovere il cucchiaio di legno con cui state mescolando. Aggiungete quindi l'aceto e il sale al gusto.
Pelate le uova, tagliatele a metà e tritatele, con una forchetta o al coltello, come preferite. Mescolate un cucchiao e mezzo di maionese alle uova e aggiungete l'erba cipollina, il sale e il pepe. Aggiungete l'aceto di malto alla fine, un cucchiaio alla volta, provando finchè il sapore non vi convinca. 
Togliete via la crosta al pane.  Spalmate il composto di uovo su due fette di pane, coprite con le altre e tagliatele in modo che ogni parte possa mangiarsi in due bocconi.



Sandwich al paté di funghi arrostiti al dragoncello

"Caterpillar: …and the other side will make you grow shorter. Alice: The other side of what? Caterpillar: The mushroom, of course!"




Pane multicereali
burro
Paté di funghi al dragoncello

Per il paté di funghi:

250 g di funghi Portobello, tagliati a metà
250 g di champignons, tagliati a metà
olio extra vergine d'oliva
2 cucchiai di foglie di dragoncello fresco 
40 g di burro
1 cipolla piccola
1 spicchio d'aglio intero
5 cucchiai di panna fresca 
sale
pepe bianco

Mescolate i funghi, l'olio e il dragoncello e infornateli a 180°C per circa mezz'ora. 
In una padella, fondete il burro e soffriggete la cipolla a fuoco medio basso, fino a farla appassire, aggiungete l'aglio, cuocete per altri due minuti, poi aggiungete i funghi, solo per farli impregnare. Togliete l'aglio ed eliminatelo. Condite con sale e pepe e passate tutto nel mixer con la panna, fino a ridurlo in un composto omogeneo. Mettete il paté in frigo almeno tre ore prima di consumarlo. Se non va consumato il giorno stesso, una sottile pellicola di burro fuso sulla superficie aiuterà a conservarlo meglio, mantenedo colore e sapore intatti. 

Comporre i sandwich: Togliete via la crosta del pane. Spalmate un filo di burro sulle fette di pane e poi il paté. Coprite con altre fette di pane e tagliatele in modo che sia possibile mangiare ogni sandwich in due bocconi al massimo.


Sandwich al cheddar e confettura di bacon al bourbon

"Be what you would seem to be - or, if you'd like it put more simply - never imagine yourself not to be otherwise than what it might appear to others that what you were or might have been was not otherwise than what you had been would have appeared to them to be otherwise."

 




Pane multicereali
un po' di burro
cheddar cheese (mild)
confettura di bacon

per la marmellata (Ricetta di Michael)

(rende circa 750 ml)
750 grammi di Bacon
3 cipollotti tritati finemente
1 cipolla dolce, tritata finemente
4 spicchi d'aglio, tritati finemente
1 cucchiaino di polvere di peperoncino
1/2 cucchiaino di paprica affumicata
125 ml di Bourbon
125 ml di sciroppo d'acero
125 ml di aceto di malto
100 grammi di zucchero Demerara
Cuocete il bacon in padella senza aggiunta di grasso in due o tre volte, in modo da lasciare lo spazio adeguato tra i pezzi, per farlo diventare croccante. Cuocetelo a calore moderato, fino a perfetta rosolatura. trasferite su carta assorbente per eliminare l'eccesso di grasso.
Nella stessa padella, cuocete i cipollotti e la cipolla nel grasso restante fino a farli imbiondire, poi aggiungere l'aglio e cuocete ancora per un minuto.
Aggiungete la paprica e il peperoncino e incorporateli alle cipolle. Alzate il fuoco e aggiungete il Bourbon (lentamente, se non volete un fuoco in cucina) e lo sciroppo di acero. Deglassate la padella e lasciate bollire per due minuti. Poi, aggiungete l'aceto e lo zucchero e lasciate bollire ancora per tre minuti.
Nel mentre, tagliate il bacon in piccolissimi pezzi, aggiungetelo alla preparazione e abbassate il fuoco al minimo, lasciando cuocere dolcemente per dieci minuti, o fino a che il tutto si addensi e prenda le sembianze di una marmellata. Spegnete il fuoco.
Potete lasciarla così, o passarla nel mixer, dipendendo dalla consistenza che volete.
Trasferitela in barattoli e conservatela in frigorifero. Si può riscaldare a bagno maria o al microonde prima dell'uso.
Comporre i sandwich: Togliete  la crosta alle fette di pane. Spalmate una fetta con un po' di burro, poi con la confettura. Coprite con fettine di cheddar tagliate su misura e poi con l'altra fetta di pane. Tagliate in rettangoli che si possano mangiare in due bocconi, quanti, dipenderà dalla grandezza delle vostre fette di pane.






venerdì 21 settembre 2012

Torta salata ligure-ebraico askenazita, con foglie di barbabietola rossa e labneh



Un ingrediente di scarto. Tanto che me lo hanno regalato in gran quantità ridendo sotto i baffi. Chissà cosa avrà pensato il venditore al mercato, forse che ho una gran famiglia di conigli da alimentare...certo, pensandolo bene, poco ci manca.
Ma no. Un ingrediente povero e di scarto in onore a due cucine così simili e differenti tra loro: la ligure e l'askenazita.
Secondo i maldicenti, tanto i liguri come gli ebrei sono avari. Uno stereotipo ancestrale che questi due popoli hanno in comune, tra altre cose. Mi azzarderei a dire invece che non sono avari, ma piuttosto contenuti, misurati e prudenti in ogni aspetto della vita quotidiana, e , ovviamente, anche in cucina.
Gli antichi ebrei dei tempi biblici avevano un'alimentazione mediterranea, nella quale si includevano fichi, olio d'oliva, aglio, orzo, pistacchio, eccetera. Più tardi con l'esilio, la diaspora e la dispersione, le comunità si sono dovute adattare ai prodotti che trovavano localmente, sempre seguendo le reglole talmudiche dell'alimentazione. È per questo che le cucine Askenazite e Sefardite sono così differenti, perchè mentre i primi si sono dovuti "reinventare" nell'Europa dell'Est, i secondi hanno continuato in un certo modo ad avere prodotti molto simili a quelli degli avi.
La storia delle comunità askenazite, è minata sin dal XII secolo (i tempi delle crociate) di fughe, distruzioni, espulsioni e massacri e non deve sorprenderci che ciò abbia dato vita a una cucina contadina e povera, basata sull'indigenza e l'insicurezza della gente.
Tanti anni di lotta e povertà in cui furono continuamente perseguitati e indebitati fino ai limiti delle loro possibilità, uniti ai lunghi e rigidi inverni dell'Europa dell'Est, hanno prodotto mille modi (succulentissimi) di cucinare patate, carote, cavolo, barbabietole, cipolle e rape, così come erbe e germogli selvatici, sempre consumati cotti e caldi. Il cibo quotidiano era più di magro di quanto noi oggi possiamo immaginare, lasciando allo Shabbat e alle feste religiose i piatti migliori, a base di pesce d'acqua dolce o di carne, più raramente, consumata quasi sempre in poltiglia e mischiata ad altri ingredienti in maniera di utilizzare tutto, allo stile di "qui non si butta via nulla".
Gli askenaziti hanno il gran merito di aver fatto "di necessità virtù" e di aver saputo creare da relativamente poco, una cucina variata e saporita.

La frase di Alessandra nella newsletter del MTC "posso assicurarvi che le nostre torte hanno un sapore tutto speciale e sono un concentrato delle peculiarità della cucina ligure, fatta di pochi ingredienti, quasi sempre "di magro", e di una semplicità raffinata, affinata da secoli di ricerche, tutte volte a far rendere al massimo il poco che la nostra terra ci offriva." è stato ciò che mi ha fatto fare il collegamento tra le due cucine, così lontane e diverse ma con tanti fattori in comune.
La ricetta della zuppa chiamata Botwinka, presente sul diario di Sarah Hillman, una specie di bortsch fatto con foglie di barbabietola rossa condite semplicemente con aglio e (coincidenze della vita) maggiorana, ha ispirato il resto. Ho tuttavia cercato di eseguire la ricetta rimanendo il più possibile fedele alla tradizione ligure, in fusione con gli ingredienti ebraici.










Torta salata ligure-ebraico askenazita


Per una torta di 23 cm

per la pasta, la ricetta di Vitto:

300 gr di farina Manitoba
sale
30 gr di olio extra vergine d'oliva
1/2 bicchiere di vino bianco
1/2 bicchiere di acqua

per il ripieno:

1 kg di foglie e gambi di barbabietola rossa
2 spicchi d'aglio
maggiorana
400 gr di labneh *
50 gr di parmigiano
3 uova




Impastare la farina, il sale e i liquidi (circa 150 in totale) fino ad ottenere una pasta morbida ma non appiccicosa. Dividere questa pasta in 5 palline uguali e metterle a riposare coperte da una ciotola circa due ore.
Pulire le foglie di barbabietola rossa, lavarle bene e tagliare le foglie a striscioline e i gambi a tocchetti. In una padella, scaldare l'olio e soffriggere uno l'aglio schiacciato e poi tritato senza farlo colorire e aggiungere foglie e gambi, aggiungere un po' di sale e un pizzico abbondante di maggiorana. Cuocere fino a far ascugare l'umidità e far raffreddare completamente.
In una ciotola ammorbidire un po' il labneh lavorandolo con un cucchiaio di legno, aggiungerci il parmigiano e un pizzico di maggiorana.
Passate le due ore di riposo, ungere di olio una teglia, anche i bordi e stendere una pallina di pasta il più sottile possibile e foderare la teglia in modo che trasbordi un poco, ungere la pasta di olio con l'aiuto di un pennello e stenderci su un'altra sfoglia di pasta.
Versare le foglie di barbabietola rossa sulla seconda sfoglia e coprire. con il formaggio. Con il dorso di un cucchiaio, fare tre incavi nei quali si romperanno le uova. Salare le uova e procedere a stendere una nuova sfoglia, il più sottile possibile, fino a renderla trasparente, avendo cura di non bucarla. Per tutti i trucchi sulla sfoglia della torta Pasqualina, vi rimando dalla Vitto con il suo post chiarissimo e illustrato.
Spennellare la sfoglia di olio, stendere la seconda e spennellarla di nuovo di olio. Tra la seconda e la terza sfoglia, infilare una cannuccia, quindi stendere la terza sfoglia e ungerla bene di olio. Arrotolare il bordo a cordoncino e gonfiare l'ultima sfoglia con la cannuccia, sfilare la cannuccia e chiudere subito il buchino. Infornare in forno già caldo a 180° durante 45 minuti, o fino a che la pasta sia ben dorata.
Aspettare che si intiepidisca prima di tagliarla per gustarla nel suo massimo splendore di consistenze e sapori.



* Il labneh non è un formaggio askenazita, ma un prodotto molto diffuso in Israele, dove oggi, superstiti delle persecuzioni storiche e della Shoah, gli askenaziti hanno ricostruito le loro vite e il loro futuro. I formaggi askenaziti sono comunque formaggi cremosi, primo e più famoso di tutti il cream cheese, già prodotto nel XIX secolo negli Shtetls, i villaggi o quartieri ebraici askenaziti, e venduto in vasetti di terracotta o avvolti in delle foglie, proprio come oggi viene venduto il labneh.

Una nota sulla pasta: Vitto...grazie e grazie MTC per avermi fatto scoprire questa sfoglia. Quando sento parlare di sfoglie sottilissime, di veli, generalmente do un passo indietro, come fu nel caso delle tagliatelle. Sinceramente non pensavo di farcela, o almeno, non con il risultato ottenuto. è la prima volta che riesco a stendere una sfoglia al limite della trasparenza. Questa pasta fa invidia a qualsiasi fillo greca o alle brick e wharka nordafricane e ha una versatilità incredibile. Penso che la userò spesso o almeno fino a che finiscano quel paio di kili di manitoba che ho portato dall'Italia.
P.S.:  La torta si è rotta un po' quando l'ho passata dalla teglia al piatto di portata, forse perchè era ancora calda e la pasta dell'ultima sfoglia si è sfaldata.





Con questa ricetta partecipo al MTC di settembre 2012


mercoledì 14 settembre 2011

Tajine Kefta... il primo post dal Marocco



Vi ho lasciati il giorno in cui per la prima volta avrei attraversato lo stretto di Gibilterra per venire in questo caldo paese che mi ospiterà per i prossimi quattro anni. E da quel giorno tante cose son successe, belle, brutte, interessanti, faticose....
Aldilà dello stretto di Gibilterra il mondo cambia e il tempo sembra essersi fermato vari decenni fa. Ci vogliono circa quarantacinque minuti per attraversare da Tarifa a Tangeri eppure quando sbarchi hai l'impressione di essese stato catapultato in universo assai più lontano.
Non so ben spiegare le sensazioni, sono durate pochissimo, ma devo ammettere che in un principio la mia reazione è stata di rifiuto totale. Non voglio viverci in questo posto, dicevo, senza sapere bene neanche io le ragioni di questo rigetto radicale. Forse una sorta di premonizione, perchè proprio qualche giorno dopo il nostro primo arrivo, il piccolo capocuoco si è ammalato tanto da farsi due ricoveri nel giro di 20 giorni, il che ha aggravato il mio pensiero verso questa generosa terra.

Ma un paese dove le siepi son di rosmarino e i viali piantati d'aranci, non deve essere poi così male, no?

Il Marocco seduce e conquista.

Il Marocco sorride. Sorride dagli occhi dei suoi abitanti, dagli sguardi dei bambini che con i visi polverosi ti tendono una mano nei suk, in cerca di una moneta. Sorridono le donne, e anche quegli occhi neri e profondi quasi nascosti dietro a un niquab. E sorrido anche io quando vedo un uomo che si porta la mano al cuore, dopo averla stretta a una donna, un gesto che ho amato dal primo istante, un gesto di rispetto e di amore concentrati.
Il Marocco profuma. Profuma di menta, venduta in enormi fasci nei mercati, per il rito magrebino del the, bevanda che conclude ogni pasto e si consuma anche per i brindisi per festeggiare qualcosa, o alla chiusura di un affare, o di un acquisto importante. E profuma di spezie, tutte poste in enormi forme coniche nei mercati, così fragranti e quasi inebrianti, che ti attirano alla semplice vista e ti mettono in moto immediatamente i neuroni culinari.
Il Marocco si veste di colore. Dei meravigliosi ricami di henna sulle braccia delle donne il fine settimana, della loro pelle color cannella curata all'olio d'argan e dei loro djellaba multicolori. O le innumerevoli sfumature delle verdure e della frutta nei mercati, dove non troverai mai un prodotto fuori stagione e chi ti vende un prodotto, probabilmente lo ha seminato, curato e raccolto con le proprie mani.
Il Marocco stupisce. Impressiona la gentilezza delle persone, i campi ancora arati e coltivati a mano, gli asinelli nei centri città, e non per ultimo, i sapori della loro cucina.
Ed è un pezzetto di quella loro abile, profumata e deliziosa cucina quello che vi propongo oggi.
Le Tajine sono il piatto nazionale, mangiato direttamente dal recipiente, posto in mezzo alla tavola, con le mani, aiutati dal pane, anzi, unicamente con la mano destra. Ma Tajine, non è la ricetta o un metodo di cottura, Tajine è il recipiente di terracotta, di origine berbera, in cui si cuociono gli alimenti e che poi in un secondo momento ha dato nome alle prepararzioni.
La Tajine Kefta (kefta vuol dire carne macinata) è un piatto di tutti i giorni qui in Marocco. È anche detta "la tajine dello scapolo", per la facilità con cui si prepara, ciò che può paragonarla al nostro aglio, olio e peperoncino, un piatto che può farsi all'ultimo momento perchè qui, questi ingredienti, non mancano mai nelle case. Fuori stagione, il pomodoro fresco viene sostituito dalle conserve.




 
Kefta Tajine bil beid
(Tajine kefta con uova)


 
Ingredienti per 4-6 persone

1 cipolla, preferibilmente rossa
6 pomodori maturi
600 gr di carne macinata 
zenzero
pepe nero
cumino
paprika dolce
3 spicchi d'aglio
sale
timo (io timo selvatico delle montagne dell'Atlas)
noce moscata
un mazzetto di prezzemolo
cannella
qualche oliva (facoltativo)
uova (si calcola un uovo per commensale)

Nota: non do le dosi delle spezie, perchè è a gusto di ognuno, io ne ho messo circa mezzo cucchiaino di ognuna, tranne la noce moscata, della quale ne ho usato solo un pizzico)

Si trita la cipolla e si mette nel piatto della tajine, precedentemente bagnato e si mischia con zenzero, pepe nero, cumino e paprika dolce e un filo di olio. Si bagna il tutto con un poco di acqua, si tappa e si mette a cuocere a fuoco lento per una decina di minuti.
Nel frattempo, si sbucciano tre dei sei pomodori, si privano dei semi e si tagliano a cubetti piccolissimi e si mettono a parte. Gli altri tre pomodori, non si sbucciano, ma si privano dei semi e si grattuggiano fino ad arrivare alla buccia, che non verrà usata. Anche il pomodoro grattuggiato si mette a parte. Si tritano i tre spicchi d'aglio e con essi si condiscono i pomodori tagliati a cubetti, i quali si aggiungono subito alla tajine, insieme al timo, prezzemolo tritato e noce moscata. Si richiude e si lascia ancora cuocere per 20 minuti.
Nel frattempo, si mischia la carne con zenzero, pepe, cumino, cannella e paprika dolce e si formano con le mani bagnate, delle piccole polpettine. Attenzione però a questo passo, per fare queste polpettine, ci vuole una carne macinata ad alto contenuto di grasso, se la vostra è magra, aggiungete uova e un pochino di pâne grattato affinchè non si disfino in cottura.
Passati i venti minuti, si aggiunge il pomodoro tagliato a cubetti, si mischia con il resto della salsa, si cuoce un minuto e poi si aggiungono le polpettine, con cura di bagnarle con la salsa. Si richiude la tajine ancora dieci minuti.
Alla fine, con molta attenzione, si aprono le uova e si mettono sopra a tutto il resto, come se voleste fare delle uova in tegamino, si chiude la tajine per qualche minuto, fino a che l'albume sia completamente rappreso. Aggiungere qualche oliva, se volete.
Servire in tavola con pane abbondante.




Grazie a tutti voi che siete passati di qui durante la mia assenza e per i messaggi che mi hanno spinta a continuare questa bella avventura che è Burro e Miele.