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martedì 27 novembre 2012

Tajine di carne di manzo ai cardi e olive rosa, comincia l'autunno nel mio Marocco




È arrivato, o quasi, l'autunno da queste parti. Va a giorni, il fine settimana ancora c'erano 23 gradi e si stava bene anche a mezze maniche, ieri eravamo sui 15 e così va. Anche il mercato è bizarro come il tempo, cachi e mele sono in alcuni banconi affiancati alle fragole. Non sono di serra, mi spiegano, vengono dal sud dove a causa del ritardo del freddo, le piante hanno ricominciato a produrre e costano poco più della frutta di stagione.
Ma uno dei sovrani indiscutibili di questa stagione in Marocco è senza dubbio il cardo. Sono cominciati ad apparire il mese scorso, venduti interi a fasci come potete vederli nella seconda foto, il venditore solitamente taglia le foglie una volta scelto il prodotto, e ci sono anche alcuni banchetti con donne simpatiche disposte a pulirteli mentre tu fai il giro del mercato. Io ho preferito comprarli interi, per il piacere di fotografarli e per il divertimento di ripulirli, che se hai voglia a e tempo, può risultare un buon antistress. Mi diverte togliere i filamenti e vedere come cambia colore, dal più scuro al verde chiarissimo e dal ruvido e opaco, al liscio e brillante. E amo l'odore, tra l'acre e il frizzante che emana dai gambi appena spezzati prima di finire ben puliti nell'acqua con il limone.
Qui in Marocco le tajine si cucinano tutto l'anno, con differenti ingredienti stagionali che la terra regala ma con le stesse spezie, ad agosto, o a novembre. Trovo però che questi piatti cotti lungo tempo e così speziati siano perfetti in queste stagioni fredde, soprattutto in questa città dove fuori possono fare 5 gradi e le case non sono riscaldate. Niente termosifoni. Niente caldaie. Forse, i più fortunati hanno un camino o due. Il fuoco acceso della piccola stufa in terracotta e la tajine che regala aroma di spezie nella maggior parte dei focolari è calida consolazione tra un maglione e una coperta avvolta intorno al corpo per difendersi dall'inverno. È casa, compagnia, conforto.
Questa tajine, con carne di manzo o di agnello, è un classico stagionale. La versione più povera non prevede l'uso del ras el hanout e dello zafferano e riduce di moltissimo la carne utilizzata, aumentando i cardi. Il rito di mangiare una tajine non prevede l'uso di posate. La pentola vine posta al centro del tavolo, scoperchiata in presenza dei commensali e gustata con il Khobz, il classico pane marocchino tondo e basso, che serve appunto come unica posata per prendere, rigorosamente con la mano destra, ogni boccone che sarà consumato. La tecnica non è facile da imparare, bisogna fare come una specie di "pinza" con il pane per ritirare i pezzetti di carne o verdura da pezzi normalmente molto più grandi di un boccone e da carni che la maggior parte delle volte sono attaccate a un osso, il che non è facile, con una sola mano. Dopo un anno da queste parti, ho imparato finalmente da poco anche se devo ancora perfezionarmi, ma almeno non faccio più la "brutta figura" di chiedere delle posate.
Stamattina fa freddo. 10 gradi centigradi fuori, nuvole grigie e spessissime coprono il bel cielo azzurro marocchino. Vien voglia di rimanere a casa, ma oggi è martedì, che insieme al venerdì sono i giorni più belli per andare al mercato. Credo che comprerò altri cardi, per provare altre ricette.
Per ora vi lascio questa, per scaldarvi con me con carne stufata e aroma di spezie.






Tajine di carne di manzo ai cardi e olive rosa


per 6 persone:

olio extra vergine d'oliva
1 kg e mezzo di manzo da stufare (io petto e stinco)
1 cipolla rossa grande, sbucciata e affettata finemente
2 spicchi d'aglio, affettati finemente
1/2 cucchiaino di ras el hanout (misto di 45 spezie)
1 cucchiaino di cumino in polvere
1 cucchiaino di zenzero in polvere
un pizzico di pistilli di zafferano
1 cucchiaino di curcuma in polvere
coriandolo fresco sminuzzato
prezzemolo fresco sminuzzato
sale
pepe nero
2 limoni
1,5 kg di cardi, pesati senza foglie
200 gr di olive rosa





Scaldare l'olio nella tajine o in una pentola normale, con un coperchio che chiuda bene. Dorare la carne e metterla da parte. Aggiungere le cipolle e l'aglio e far soffriggere fino a far ammorbidire, aggiungere quindi il ras el hanout, cumino, zenzero, zafferano, curcuma, coriandolo e prezzemolo e cucinare durante circa cinque minuti. Condire con sale e pepe e rimettere la carne nella tajine, aggiungendo abbastanza acqua fino a coprirla. Lasciar cucocere per almeno due ore, considerando che i tempi variano a seconda del taglio e della qualità della carne.
Mentre la carne cuoce, pulire i cardi eliminando le foglie (se presenti) e la parte esterna rugosa, poi con un coltellino affilato eliminare tutti i "fili" dai gambi fino a che non ce ne saranno più, fare a pezzi i gambi e immergerli immediatamente in acqua ghiacciata con il succo dei due limoni.
Portare  ad ebollizione dell'acqua in una pentola capiente e gettarci i gambi di cardi, attendere di nuovo l'ebollizione e abbassare il fuoco e far cuocere una quindicina di minuti, o fino a che saranno teneri ma non del tutto cotti. Scolarli e unirli alla carne, insieme alle olive, negli ultimi 40 minuti di cottura.
Servire immediatamente.


mercoledì 8 febbraio 2012

Stufato di carne di manzo al sidro e mele



Ha un non so che di antico, la carrne che stufa a fuoco lento e riempie la casa di vapori inebrianti. Non so a voi, ma a me riempie di calore, quel vapore che avvolge quasi come una coperta magica, facendo dimenticare il freddo che fa fuori. 
L'inverno ispira a preparazioni più lente, calde e avvolgenti, di quelle che creano un'atmosfera che ci riportano indietro, verso i ricordi e i racconti dei nonni, quel tempo in cui tutto era più lento e la cucina invernale confortava, piena degli aromi delle pietanze della stagione.
In questo piatto le mele si amalgamano al succo della carne marinata cotta nel sidro, appena profumata dai tre pepi: quello nero per rialzare il sapore, il cubebe con il suo delicato aroma tra il limone e la menta e le bacche di sichuan, che donano un leggero tono fresco alla preparazione.


Stufato di carne di manzo, al sidro e mele


Ingredienti per 6 persone:

1,5 kg di carne di manzo da stufare, tagliata in pezzi
1 bottiglia di sidro secco (cidre bouché)
qualche bacca di ginepro
1 carota
1 costa di sedano
olio d'oliva extra vergine
1 cipolla dolce
sale
pepe nero, macinato el momento
1 cucchiaio di pepe cubebe intero
1 cucchiaino, circa di pepe di sichuan, macinato al momento
4 mele, sbucciate, private del centro e semi e tagliate in quattro



  
La sera prima, o almeno 6 ore prima, mettere la carne a bagno nel sidro, con le bacche di ginepro, la carota tagliata a pezzi grossi e la costa di sedano. Lasciare a bagno tutta la notte.
Il giorno dopo, togliere la carne dal sidro ed asciugarla, conservano il liquido. In una padella, scaldare l'olio e rosolare bene la carne, in più riprese. In un'altra pentola dai bordi alti, meglio se una cocotte di ghisa, scaldare un poco d'olio e far soffriggere la cipolla, aggiungere la carne, far cuocere qualche minuto mischiando il tutto e aggiungere il liquido di marinatura, al quale avrete tolto la carota e il sedano, ma lasciato le bacche di ginepro. Aggiungere sale, pepe, le bacche di pepe cubebe e il pepe di sichuan. Appena raggiunto il bollore, abbassare il fuoco al minimo possibile e lasciar cuocere, a pentola coperta per almeno 4-6 ore, la carne deve diventare tenera, a tagliarsi con una forchetta. Aggiungere le mele, alzare un poco il fuoco e cuocere 20 minuti ancora, il tempo sufficente perchè si cuociano, ma non si disfino.


E dire che...questo post lo avevo cucinato e scritto prima di sapere l'estistenza del contest di Sabrina,
al quale partecipo con questa ricetta.






venerdì 30 dicembre 2011

Dal Sud degli Stati Uniti: Hoppin' John e Buon Anno 2012 a tutti!



Un piatto molto semplice  e povero questo che vi propongo oggi. Viene dal Sud degli Stati Uniti, è un piatto molto popolare a Charleston, Carolina del nord ma diffuso in tutto il sud. Il piatto consiste in uno stufato di fagioli occhio nero (black eyed peas) cotti con stinco affumicato o salsicce e servito su un letto di riso a grano lungo in bianco.
Probabilmente l'Hoppin' John è la versione statunitense del rice and beans, portata nel nuovo mondo dagli schiavi africani che erano condotti a raccogliere il cotone nelle vaste piantagioni del sud.
Questo piatto afro-americano è diventato nel tempo il simbolo tradizionale della festa di anno nuovo, in cui alcuni hanno l'abitudine di nasconderci dentro una moneta dopo la cottura, prima di servire. Se già mangiare il piatto in sé è un buon augurio, per chi trova la moneta lo sarà anche di più, perchè tradizione vuole che chi la trova avrà una gran fortuna durante l'anno che comincia. Moltissime famiglie del sud cominciano l'anno nuovo, dalla mezzanotte con il consueto brindisi con champagne, accompagnato da una porzione di Hoppin'John, con la speranza di diventare ricchi l'anno che viene. Ogni fagiolo occhio nero, come per noi ogni lenticchia, simbolizza una moneta, la fortuna per il nuovo anno.
Come ogni piatto antico che si rispetti, l'origine del nome non è molto chiara e ci sono moltissime versioni, tuttavia la più plausibile sembra essere quella che i bambini avevano l'abitudine di saltare (hop) intorno alla tavola la sera dell'anno nuovo prima di sedersi a mangiare questo piatto.
Esistono tante ricette di hoppin'john come famiglie che lo preparano. C'è chi usa lo stinco affumicato di maiale, chi il garretto, chi l'osso di prosciutto o salsicce e chi mischia il tutto con il riso invece di servirci i fagioli sopra. La ricetta che vi propongo è frutto di studio e paragone tra varie proposte, cercando di offrirvi una versione il più possibile fedele all'originale e tradizionale.

E così vi auguro un fortunatissimo 2012, a tutti!






Hoppin'John

Ingredienti per 6 persone:

1 cucchiaio di olio d'oliva
1 gran stinco di maiale affumicato (io ho usato uno stinco di vitello fresco)
1 cipolla grande tritata
2 gambi di sedano, tritati
1 gran peperone verde, tritato
2 carote, tritate finemente
3 spicchi d'agio, tritati
500 gr di fagioli occhio nero (black eyed peas) messi a bagno tutta la notte e sciacquati
1 litro di buon brodo di carne o di pollo
1 foglia d'alloro
1 cucchiaino di timo secco
sale, pepe e pepe di caienna
450 gr di riso a grano lungo, cotto in bianco in modo pilaf.

In una pentola a bordi alti, far scaldare l'olio e rosolare la carne da tutti i lati. Togliere la carne dalla pentola e conservarla al caldo. Nella stessa pentola, far soffriggere la cipolla, il peperone, le carote l'aglio e il sedano fino a che la cipolla diventi trasparente, riaggiungere la carne, i fagioli, il brodo, le erbe e sale e spezie. Portare ad ebollizione e poi tappare e lasciar cuocere a fuoco molto basso durante un paio d'ore o fino a che i fagioli saranno cotti, cremosi ma non sfatti.
Servire su un letto di riso, o se preferite, mischiato ad esso.


venerdì 16 dicembre 2011

Blanquette de veau à l'ancienne (all'antica)...dalla tradizione francese



Chi mi conosce e mi segue da tempo, sa che mi inclino spesso e volentieri su preparazioni particolari, sull'uso delle spezie e sulla sperimentazione di accostamenti forse un po' bizzarri e lontani comunque dalla nostra tradizione. Ma chi mi conosce sa anche che amo i piatti tradizionali, amo sentire i profumi di buono che portano con sé i ricordi. Adoro l'aroma del soffritto e il suono quasi impercettibile del bollore a fuoco lento, e il borbottio delle pentole, quasi volessero raccontare la loro storia.
Ma se di certo una ricetta inventata o improvvisata la pubblico senza troppe remore, per i piatti tradizionali non agisco con leggerezza. Ho la convinzione che le ricette tradizionali vanno studiate, provate varie volte e che uno studio previo per conoscere qual'è la ricetta originale, va fatto srupolosamente.
Quella che vi propongo oggi è una ricetta dall'aroma e sapore inimitabile, tipica del terroir francese. Sebbene le sue origini geografiche non sono molto chiare (alcuni dicono che provenga dalla Borgogna, altri dicono dalla Normandia), quel che si sa per certo è che la blanquette sia nata come un piatto borghese per eccellenza.
Oggi esistono vari tipi di "blanquettes", di altri carni e persino di pesce, frutto dell'immaginazione e della creatività di chef e cuochi, tuttavia, nelle sue origini il piatto era solo ed esclusivamente a base di carne di vitello e il suo nome deriva dalla bianchezza sia della carne, che della salsa che la bagna. Originalmenten nel XVIII secolo, il piatto si faceva con i resti di arrosto di vitello ed era servito come antipasto, accompagnato da piccole cipolle e champignons e piano piano si trasformò in una vera e propria tradizione culinaria familiare. Infatti, la blanquette non manca mai in nessun libro di cucina familiare francese.
Con il tempo la blanquette è diventata poi un piatto a sè, non più un antipasto, ma piuttosto un secondo o un piatto unico, accompagnato normalmente da riso in bianco, servito ancora nei migliori ristoranti di Parigi.


Blanquette de veau à l'ancienne


Ingredienti per 6-8 persone:

1 kg di spalla di vitello, tagliata a pezzi
2 carote tagliate a pezzi grossi
3 porri (solo la parte bianca)
1 cipolla tritata grossolanamente
3 scalogni
1 spicchio d'aglio
1 costa di sedano
1 limone
400 gr di champignons
4 cucchiai di vino bianco secco
2 cucchiai di farina
60 gr di burro
1 bouquet garni (prezzemolo, timo e alloro)
1 mazzetto di prezzemolo. 




Sbucciare le carote, l'aglio, gli scalogni e la cipolla. Tritare grossolanamente la cipolla e i porri e tagliare gli scalogni in due e le carote in troconi. Portare ad ebollizione due litri d'acqua in una pentola grande e aggiungete la carne durante uno o due minuti, fino a che diventi bianca. Toglietela, sciacquatela sotto l'acqua fredda e buttate l'acqua di cottura. Rimettere la carne nella pentola (pulita) e aggiungere la cipolla, porri, scalogni, aglio, sedano e il bouquet garni. Salare, pepeare e bagnare con il vino. Aggiungere acqua sufficente perchè tutto sia appena sommerso. Coprire e portare ad ebollizione e lasciare cuocere a fuoco basso per un'ora e mezza circa. A parte, bagnare i funghi con il succo del limone e farli cuocere in un padellino con 20 gr di burro per una decina di minuti.
A parte ancora, prepararate un roux chiaro, facendo sciogliere il resto del burro in un pentolino, aggiungere la farina in pioggia, mischiare bene il tutto e lasciar raffreddare. Quando la carne è cotta, mettetela a parte insieme alle verdure, ritirate il bouquet garni, l'aglio, la cipolla e il sedano, (alcuni ritirano anche le carote, per dare ancora più biancore al piatto).
A questo punto, diluite il roux con l'acqua di cottura, riportate la carne e le verdure nella pentola e versate la salsa e aggiungete i funghi. Riscaldate il tutto a fuoco lento ancora per 10-15 minuti per far addensare la salsa. Aggiungere qualche goccia di succo di limone e servire in piatti fondi, spolverati di prezzemolo.

lunedì 11 aprile 2011

Manzo all'olio alla Bresciana... e un gran amico

Per me è molto difficile raccontare una ricetta quando non esce dalla mia testa o quando non è legata a qualche ricordo importante della mia vita.
Questa è la ragione per la quale questa volta, non ci sarà un racconto o una storia come sempre.
Tuttavia vorrei cogliere l'occasione per ricordare quell'antico proverbio che recitava "chi trova un amico, trova un tesoro". E proprio come un tesoro, lo si trova nel posto meno pensato, come una grata sorpresa.
L'amico di cui parlo l'ho trovato qui su blogger e l'intesa sia culinaria che amichevole è stata immediata. Tanto che spero un giorno poter conoscerlo dal vivo.
Lui si autodefinisce come un piatto di spaghetti allo scoglio, e per quel poco che lo conosco penso che abbia ragione, ma a me piace pensarlo come un buffet pieno delle delizie che cucina, dove spiccano una zuppa di granchio uscita da un libro favoloso, una torta di mandorle che stimola dolci memorie, un risotto alle fragole da mangiare in due e un mitico, indimenticabile  e ormai legendario gelato di salmone, posti su una tovaglia delicatamente ricamata da Emanuela, sua moglie .
Per essere stata la sua diecimillesima visitante, Gianni mi ha mandato un pacchetto contenente delle meraviglie provenienti dalla sua Franciacorta, completo fra varie altre cose, di bollicine, bevute alla sua salute e di un peperoncino speciale, nonchè a dei pacchetti di una famosa marca di pasta, che mi permetteranno di partecipare a un contest che mi sarei persa senza quel suo caro pensiero.
E dalla Franciacorta e da Gianni, viene questa ricetta per il gioco di Zasusa:




Manzo all'olio alla Bresciana

Ingredienti per 4 persone
3 litri di acqua
1/2 litro di olio
1 kg di polpa di manzo "cappello di prete"
5 spicchi d'aglio
50 gr di acciughe sott'olio
50 gr di capperi
1 ciuffo di prezzemolo
150 gr di pane grattuggiato
150 gr di parmigiano grattuggiato
sale
pepe




Far bollire insieme tutti gli ingredienti tranne il pane grattuggiato e il parmigiano. A cottura terminata, cioè quando la carne sarà tenera, si toglie la carne dal fuoco, si setaccia il tutto e si riporta il brodo ad ebollizione. A questo punto si aggungono il pane e il parmigiano e quando la consistenza sarà diventata piuttosto densa, si affetta la carne e si serve coperata di salsa.

Alcune impressioni: 
  • non avevo mai associato la carne di manzo alle acciughe e l'ho trovato un abbinamento straordinario, che emanava un aroma intenso.
  • Quando ho letto la ricetta la prima volta, rimasi impressionata per la quantità d'olio e ho pensato dimezzarla. Poi ci ho ripensato, e ho seguito la ricetta senza cambiare nulla. Non me ne pento. Sebbene molto calorico, questo piatto è superbo nel gusto. Una volta all'anno, non fa danno.
  • Se vi avanza della salsa, potete condirci della pasta il giono dopo. 
  • Infine, un piatto che non conoscevo, che ho trovato molto saporito ma molto poco fotogenico. Mai prima mi ero sentita così messa a prova per una foto culinaria. 


Con la realizzazione della ricetta di Gianni partecipo al  

venerdì 18 febbraio 2011

Frikadelle Sudafricane...il mondo a testa in giù

Ho provato a camminare sulle mani, come un improvvisato saltimbanco e guardare il mondo a testa in giù: avevo un tappeto di nuvole e un pavimento di stelle, come in quei sogni dove si vola come gli angeli. Un gabbiano si è posato sulla suola delle mie scarpe, per sfrecciare sul mare e tuffarsi nel cielo, con quella libertà che solo con le ali si può conquistare.
Volevo guardare al dritto un mondo che credevo storto e ho avuto una gran sorpresa...
Camminando sulle mani ho appreso che voler conoscere il futuro, è un po' come leggere un libro cominciando dalla fine, si perde il gusto della lettura e della vita; ho imparato quanto importante sia saper ribaltare certi comportamenti per non far male agli altri o alcune nostre certezze, quando si scopre di aver torto.
Guardando la vita a testa in giù diventa anche più facile capire che in realtà il mondo non è poi così storto, che qualche persona lo è, ma che in realtà esiste ancora molta più bontà che malvagità.
Il mondo sottosopra mi ha svelato che il male è piccolo ma ha il fragore di un tuono e il bene è tanto grande ma silenzioso, come una piuma che cade sulla neve.


Tornando con i piedi per terra ho riflettuto sul fatto che in un mondo a testa in giù il nord diiventa sud, e le Kottbullar, o polpette svedesi si sono trasformate in  Frikadelle sudafricane.




 Frikadelle sudafricane con pilaf alla curcuma, 
chutney di mango e peperoni speziati


Frikadelle 
Ingredienti per 24 polpette
1/2 cucchiaio di finocchietto
2 cucchiai di semi di coriandolo
1 cucchiaio di pimento in grani (pepe garofanato)
6 chiodi di garofano
350 gr di carne macinata di manzo
350 gr di carne macinata di agnello
125 gr di pane appena macinato
1 cipolla bianca tritata
2 spicchi d'aglio tritati
un poco di noce moscata grattuggiata
pepe nero appena macinato
80 ml di aceto di banana (se no, qualsiasi aceto bianco)
1 uovo sbattuto
sale
2 cucchiai di olio vegetale
qualche cucchiaino di maizena (io ho fatto a occhio)

Macinare al mortaio o in robot le prime spezie. Mischiare con la carne e aggiungere il resto degli ingredienti nell'ordine dato, omettendo l'olio e la maizena. Fare delle polpette con l'impasto di carne.
Scaldare l'olio in una padella antiaderente e far rosolare le polpette, magari in più riprese, dispende dalle dimensioni della padella. Mettere a parte le polpette, sglassare la padella con un bicchiere d'acqua nel quale avrete sciolto la maizena e girare e rimuovere gino all'addensarsi della salsa. Rimettere le polpette nella salsa a fuoco bassissimo finchè non saranno cotte. Aggiungere un poco di acqua, se necessario.






Pilaf alla curcuma
Ingredienti per 6 persone
400 grammi di riso a grano lungo
1 cipolla finemente tritata
1 buon cucchiaio di curcuma
sale
un filo d'olio.

Mettere un filo di olio sul fondo di una pentola, aggiungere il riso ed acqua fino a coprirlo. Aggiungere la cipolla, il sale e la curcuma. Mischiare. Portare a ebollizione a fuoco alto e poi abbassare il fuoco, coprire con il coperchio e lasciar cuocere fino all'assorbimento dell'acqua.





Chutney di mango
Ingredienti per 6 persone
un filo d'olio
un pezzo di zenzero (circa 20 gr)
3-4 manghi non troppo maturi
3 cipolle rosse
3 cucchiai di zucchero
2 cucchiai di aceto bianco (possibilmente di banana)
un pizzico di peperoncino

Scaldare l'olio e far soffriggere lo zenzero e le cipolle tagliate prima a metà e poi a fette. Aggiungere il mango tagliato a dadini e far cuocere per circa 5 minuti. Aggiungere zucchero, aceto, peperoncino e un bicchiere di acqua. Far cuocere a fuoco basso per circa un'ora. Far raffreddare. Servire a temperatura ambiente.







Peperoni speziati
Ingredienti per 6 persone
un filo d'olio
4 grossi peperoni verdi (o 6 normali)
1 cipolla bianca
3 spicchi d'aglio
1 peperoncino verde
2 cucchiaini di semi di coriandolo in polvere
2 cucchiaini di cumino in polvere
un mazzetto di foglie di coriandolo tritate

Scaldare l'olio e farci soffriggere i peperoni tagliati a dadini, l'aglio tritato e la cipolla tritata finemente. Aggiungere il peperoncino verde, tagliato in dadini di uguali dimensioni dei peperoni. Aggiungere il resto delle spezie ed erbe e far cuocere finoa  che i peperoni saranno teneri.




Servire le polpette adagiate sul riso, bagnate di salsa e il chutney e i peproni a parte, come contorno.


E con questa ricetta, con un poco di mal di testa, partecipo per la prima volta a un 


martedì 1 febbraio 2011

La Shoah, Hanna e il Tcholent

Ancora parecchio malandata, ma con il capo cuoco almeno completamente guarito che fa delle sue per casa, cerco di riprendere in mano le mie attività normali..non è impresa facile; ma almeno eccomi a voi.
Prima di tutto vorrei ringraziare le vostre dimostrazioni d'affetto, soprattutto a chi è passato e ripassato sia qui che su facebook a chiedere mie notizie e del piccino, secondo...ringrazio tutte quante voi che siete tante, che mi avete coronoato con il premio "Stylish Blogger Award", ve ne sono davvero grata di aver pensato proprio a me! Non ho la forza e il coraggio di ripassare il premio, ne di raccontare sette cose su di me, perchè poi, su di me, leggete qualcosa ad ogni post e chi mi legge immagino che sa cogliere un po' di essenza di me, che cerco di lasciare in ogni parola che vi dirigo.

Ma veniamo a noi. Avrei voluto scrivere questo post, questa storia e di questo piatto giovedì scorso, il 27 gennaio, ma le forze precarie e la febbre forte non me lo hanno permesso.

Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz furono abbattuti e l'orrore venne alla luce.

6 milioni di ebrei sono stati sterminati durante la seconda guerra mondiale, durante l'operazione "soluzione finale" promossa da un nano matto con baffetto.

Le immagini e i racconti di orrore oramai e per fortuna, il mondo li conosce, anche se c'è ancora chi osa dire che tutto ciò non è mai esistito. Ma io lo so, e lo so grazie ad Hanna, che quel 27 gennaio, ammalata e con pochissime forze, fu fra quei pochi che uscì viva da quello che ormai considerava la sua fine.
Furono deportati dalla Francia, lei, con la sua famiglia, padre madre, nonni, e 6 bambini e Hanna, 16 anni all'epoca, ne uscì sola, sconosolata, senza sapere dove andare, senza un destino, come tutti gli altri che camminavano accanto a lei, ancora il pigiama a righe, la stella gialla..in cerca di un volto familiare, una faccia amica, conosciuta...NULLA.
Ho conosciuto Hanna, perchè il destino ha voluto che suo figlio fosse uno dei pilastri della mia vita, l'ho conosciuta quando i solchi del tempo già marcavano il suo viso e i suoi occhi azzurro chiarissimo riflettevano quello strano dolore mischiato alla gioia di vivere che si trova solo negli occhi dei sopravvissuti della Shoah. Mi colpirono subito i numeri tatuati sul braccio, mai scoperti in pubblico, ma senza problema in privato, per raccontare, per far capire, per ricordare. Perchè la memoria è la cosa più importante, ecco perchè oggi Auschwitz è un tempio del ricordo.
Hanna mi insegnò fra tante cose che un popolo che dimentica la sua storia è condannato a ripeterla. Il popolo ebraico ha detto MAI PIU, si è alzato, rimboccandosi le maniche come sempre era stato abituato a fare, e si è ricostruito da solo, affrontando nuovi nemici, nuovi disprezzi, ma con la consapevolezza che conservare la memoria volesse dire che tutto ciò mai più risuccederà.
Durante la prigionia, questo piatto per molti era un lontano ricordo di casa, di Shabbat, di pane intrecciato e candele accese, di famiglia riunita attorno un tavolo vestito di una tovaglia bianca. Una fantasia che ha tenuto in vita molti, che li dentro non avevano più nome, esistenza, famiglia passato nè dignità.
Il Tcholent è uno dei piatti tipico dello Shabbat. Il suo nome deriva dal francese "chaud et lent", caldo e lento, perchè dutrante lo Shabbat vigono regole rigidissime e molte attività, fra le quali cucinare, sono proibite. Lo si preparava dal venerdi pomeriggio prima del tramonto, e lo si lasciava a fuoco lentissimo in modo che il sabato a pranzo, si avesse un pasto caldo dopo il servizio in Sinagoga.
Zachor. è stata una delle prime parole che ho imparato in ebraico. Vuol dire RICORDARE.
E per mai dimenticare ne l'accaduto ne le grandi lezioni di vita avute da lei, vi presento questo piatto, che mi sta a cuore, che non è un piatto ricco ma è, insieme alla halla, l'anima dello Shabbat, in onore a lei che me lo ha insegnato e che non è più tra noi e a tutti coloro che non ce l'hanno fatta.





Ingredienti per 6 persone
1 Kg di manzo (muscolo, spalla, petto o costole), tagliata a pezzi
3 cucchiai d'olio
2 grandi cipolle affettate
4 spicchi d'aglio interi
1 Kg di patate, intere se piccole, in quarti se medie.
250 gr di fagioli bianchi secchi, messi a mollo dal giorno prima
sale e pepe

In una pentola con coperchio che chiuda bene, fate rosolare bene la carne da tutti i lati. Mettetela da parte e fate soffriggere le cipolle finchè siano tenere. Aggingete l'aglio e mischiate fino a sentirne l'aroma. Rimettete la carne e mettere le patate e i faglioli, spolverizzando si sale e pepe ogni strato. Coprire di acqua e portare a ebollizione, abbassare il fuoco al minimo e coprire. Passare in forno a 110° per tutta la notte*.
La tradizione vuole che il coperchio della pentola si tolga a tavola, in modo che tutti i commensali possano sentire i primi aromi che ne escono, come un regalo per tutti.

*Questa è la maniera tradizionale di cucinare questo piatto, con una pentola la cui ermeticità sia ben provata. Se avete paura di lasciare il forno acceso tutta la notte o se non avete una pentola adatta, vi consiglio allora di cuocerlo a fuoco lentissimo durante la giornata. 
Nelle case degli ebrei ortodossi, dal venderdì prima del tramonto alla sera del sabato, nessuna luce, fuoco , forno, ecc viene acceso, è per quello la ragione per cui il forno rimane acceso da prima dello Shabbat.


Dedicato a Hanna Rogluski (Z'L') 
Zachor. Al Tichkah. (Ricordare. Mai Dimenticare)