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giovedì 22 marzo 2018

British Afternoon Tea in Wonderland

“Twinkle, twinkle little bat 
How I wonder what you're at! 
Up above the world you fly, 
Like a tea-tray in the sky.” 
-Lewis Carroll-




Non dovevo esserci, stavolta.
Lo avevo spiegato in redazione, avevo anche scritto a Valeria perchè non me ne volesse.
Quando ho visto il tema della sfida di Marzo, sono rimasta bloccata.  Anzi, quando l'ho vista, per prima cosa ho esultato, dicendo ma che bello! Poi, in un secondo momento lo sconforto si è appropriato di me. L'Afternoon tea, troppi ricordi. Un momento troppo legato a lui, non solo per questo vecchio post, ma proprio per l'abitudine così britannica che lui aveva e che in un certo modo ha tramandato a me e a Sébastien. Insomma, l'afternoon tea è uno dei ricordi troppo legati a Michael e per me, che ancora stento a trovare un vero equilibrio senza di lui, è tutto troppo recente e doloroso.
Insomma, per farla breve, fino a stamattina, avevo deciso di non partecipare a questa sfida, di giocarmi la carta del "passo" e di godermela da fuori, tranquilla, con il mio earl grey caldo davanti allo schermo.
Non avevo fatto i conti con l'oste, con i sogni, con gli spiriti e con un commento di qualcuno che mi ha dato la spinta, proprio stamane, di partecipare, contro ogni pronostico.
Chi mi segue da tempo sa che Alice nel Paese delle Meraviglie è un tema ricorrente. È stato il primo libro che ho letto, a otto anni, il primo regalo ricevuto da una persona che è stata la mia bussola per molti anni. Il primo regalo di un Bianconiglio che, in un certo senso, mi ha sempre diretta verso un mio personale Wonderland, malgrado tutto.
Il mio British afternoon tea non è nulla di speciale. Mai sarò all'altezza di quel Cappellaio Matto che mi ha trasmesso la tradizione delle 17:00. 
Ma forse è proprio per lui che scrivo queste righe oggi e che ho passato questo breve tempo in cucina, per offrirvi il té. Ma anche, diciamolo, perchè MTC è una meraviglia, che spinge ad andare oltre, che ti sostiene e ti ispira, anche all'ultimo minuto o quasi, anche controvoglia.
Quindi ci sono. Con un té in Wonderland.
E lo so che verrà stanotte a tirarmi le orecchie! :)





British Afternoon Tea, ispirato su Alice nel Paese delle Meraviglie


Il té

"Take some more tea," the March Hare said to Alice, very earnestly. "I've had nothing yet," Alice replied in an offended tone, "so I can't take more."

Earl Grey in foglie (un cucchiaino colmo per ogni 150 ml)
Acqua minerale a basso residuo fisso

Portate l'acqua a leggero bollore. Mettete un po' di acqua calda nella teiera o nella tazza, fino a farla riscaldare al tatto. Gettate via questa prima acqua e nella teiera o tazza ancora calda, mettete il té in foglie. Coprite con acqua, lasciate in infusione tre minuti, mescolando ogni tanto durante questo tempo. Servire il té, con zucchero, limone e latte a piacere. A me piace senza nulla.


Almond-Raspberry Tray Bake

“The rule is, jam to-morrow and jam yesterday—but never jam to-day.”
“It must come sometimes to ‘jam to-day,’” Alice objected.
“No, it ca’n’t,” said the Queen. “It’s jam every other day: to-day isn’t any other day, you know” 




225 g di farina autolievitante
40 g di farina di madorle
110 g di zucchero superfino
125 g di burro, tagliato a pezzi e fuso
1 uovo
300 g di confettura di lamponi 

Scaldate il forno a 180°C
In una ciotola abbastanza grande, mescolate la farina, la farina di mandorle, lo zucchero, il burro e l'uovo. Ungete leggermente uno stampo di 20x30 cm. Con il dorso di un cucchiaio, o con le mani, premete l'impasto sul fondo dello stempo. Infornatelo per 15 minuti, o fino a che diventi ben dorato.
Spalmate la confettura sulla base e rimettete in forno una decina di minuti.
Togliere dal forno e fate raffreddare completamente prima di tagliarlo a quadretti o rettangoli.


I Sandwiches

Sandwich all'Egg Salad

 "I have tasted eggs, certainly," said Alice, who was a very truthful child; "but little girls eat eggs quite as much as serpents do, you know." "I don't believe it," said the Pigeon; "but if they do, then they're a kind of serpent: that's all I can say.” 



4 fette di pane a cassetta
4 uova a temperatura ambiente
1 cucchiaio colmo di erba cipollina, tritata finemente
pepe bianco
aceto di malto

per la maionese
1 tuorlo
olio vegetale
1 cucchiaio di aceto di vino bianco
1 cucchiaino di senape inglese in polvere
sale 

Mettete le uova in una pentola, coperte di acqua fredda. Portate a bollore, poi abbassate il fuoco e lasciate cuocere per 6 minuti. Mettetele subito in un bagno di acqua ghiacciata. 
Mettete il tuorlo in una ciotola e sbattetelo un po'. Aggiungete la senape in polvere. Cominciate quindi ad aggiungere olio in piccole quantità, poche gocce lalla volta, senza aggiungerbne altro finchè non sarà ben incorporata l'aggiunta precedente. Quando la maionese comincerà a rassodarsi, si possono aggiungere quantità di olio un po' più grandi, ma sempre a filo. La maionese finita dovrà essere densa e soda, quasi a non poter più muovere il cucchiaio di legno con cui state mescolando. Aggiungete quindi l'aceto e il sale al gusto.
Pelate le uova, tagliatele a metà e tritatele, con una forchetta o al coltello, come preferite. Mescolate un cucchiao e mezzo di maionese alle uova e aggiungete l'erba cipollina, il sale e il pepe. Aggiungete l'aceto di malto alla fine, un cucchiaio alla volta, provando finchè il sapore non vi convinca. 
Togliete via la crosta al pane.  Spalmate il composto di uovo su due fette di pane, coprite con le altre e tagliatele in modo che ogni parte possa mangiarsi in due bocconi.



Sandwich al paté di funghi arrostiti al dragoncello

"Caterpillar: …and the other side will make you grow shorter. Alice: The other side of what? Caterpillar: The mushroom, of course!"




Pane multicereali
burro
Paté di funghi al dragoncello

Per il paté di funghi:

250 g di funghi Portobello, tagliati a metà
250 g di champignons, tagliati a metà
olio extra vergine d'oliva
2 cucchiai di foglie di dragoncello fresco 
40 g di burro
1 cipolla piccola
1 spicchio d'aglio intero
5 cucchiai di panna fresca 
sale
pepe bianco

Mescolate i funghi, l'olio e il dragoncello e infornateli a 180°C per circa mezz'ora. 
In una padella, fondete il burro e soffriggete la cipolla a fuoco medio basso, fino a farla appassire, aggiungete l'aglio, cuocete per altri due minuti, poi aggiungete i funghi, solo per farli impregnare. Togliete l'aglio ed eliminatelo. Condite con sale e pepe e passate tutto nel mixer con la panna, fino a ridurlo in un composto omogeneo. Mettete il paté in frigo almeno tre ore prima di consumarlo. Se non va consumato il giorno stesso, una sottile pellicola di burro fuso sulla superficie aiuterà a conservarlo meglio, mantenedo colore e sapore intatti. 

Comporre i sandwich: Togliete via la crosta del pane. Spalmate un filo di burro sulle fette di pane e poi il paté. Coprite con altre fette di pane e tagliatele in modo che sia possibile mangiare ogni sandwich in due bocconi al massimo.


Sandwich al cheddar e confettura di bacon al bourbon

"Be what you would seem to be - or, if you'd like it put more simply - never imagine yourself not to be otherwise than what it might appear to others that what you were or might have been was not otherwise than what you had been would have appeared to them to be otherwise."

 




Pane multicereali
un po' di burro
cheddar cheese (mild)
confettura di bacon

per la marmellata (Ricetta di Michael)

(rende circa 750 ml)
750 grammi di Bacon
3 cipollotti tritati finemente
1 cipolla dolce, tritata finemente
4 spicchi d'aglio, tritati finemente
1 cucchiaino di polvere di peperoncino
1/2 cucchiaino di paprica affumicata
125 ml di Bourbon
125 ml di sciroppo d'acero
125 ml di aceto di malto
100 grammi di zucchero Demerara
Cuocete il bacon in padella senza aggiunta di grasso in due o tre volte, in modo da lasciare lo spazio adeguato tra i pezzi, per farlo diventare croccante. Cuocetelo a calore moderato, fino a perfetta rosolatura. trasferite su carta assorbente per eliminare l'eccesso di grasso.
Nella stessa padella, cuocete i cipollotti e la cipolla nel grasso restante fino a farli imbiondire, poi aggiungere l'aglio e cuocete ancora per un minuto.
Aggiungete la paprica e il peperoncino e incorporateli alle cipolle. Alzate il fuoco e aggiungete il Bourbon (lentamente, se non volete un fuoco in cucina) e lo sciroppo di acero. Deglassate la padella e lasciate bollire per due minuti. Poi, aggiungete l'aceto e lo zucchero e lasciate bollire ancora per tre minuti.
Nel mentre, tagliate il bacon in piccolissimi pezzi, aggiungetelo alla preparazione e abbassate il fuoco al minimo, lasciando cuocere dolcemente per dieci minuti, o fino a che il tutto si addensi e prenda le sembianze di una marmellata. Spegnete il fuoco.
Potete lasciarla così, o passarla nel mixer, dipendendo dalla consistenza che volete.
Trasferitela in barattoli e conservatela in frigorifero. Si può riscaldare a bagno maria o al microonde prima dell'uso.
Comporre i sandwich: Togliete  la crosta alle fette di pane. Spalmate una fetta con un po' di burro, poi con la confettura. Coprite con fettine di cheddar tagliate su misura e poi con l'altra fetta di pane. Tagliate in rettangoli che si possano mangiare in due bocconi, quanti, dipenderà dalla grandezza delle vostre fette di pane.






lunedì 4 dicembre 2017

Biscotti alla Tahina, i più buoni e magici del mondo




"When you can't look on the bright side,
I will sit with you in the dark"
-The Mad Hatter- 
by Tim Burton



In queste tre settimane ho ricevuto decine di abbracci, virtuali e non, ma mi è mancato quello più importante, negato da un profondo dolore condiviso e da vecchi rancori insospettati, scappati dalle ragnatele della memoria nel momento più terribile. Al dolore profondo e immenso della perdita di Michael, si aggiungeva quello del silenzio di Micol.
Oggi scrivo queste parole con il suo braccio intorno alle mie spalle e se lo scrivo è perchè lei è qui e tutto il resto non conta più.

Che questi fossero i biscotti più buoni del mondo, lo sapevo già. Da quando li conosco li ho fatti e rifatti decine di volte. Quello che non sapevo fino a ieri è che avessero poteri magici.
Succede che ieri mattina mi sono alzata molto presto, prima di tutti, in preda a un forte mal di testa. Mi sono diretta prima verso la macchina del caffé e poi verso la dispensa, con l'intenzione di fare dei biscotti che Sébastien aveva addocchiato sul nuovo libro di Ottolenghi.
Mentre prendevo l'avena, il cocco, il miele e gli altri ingredienti, mi è capitato tra le mani il vasetto di Tahina, in un posto in cui non lo metto mai, e ho notato che l'olio si era separato dal resto. Mi è sembrato un messaggio chiaro, visto che quella Tahina era fuori posto e divisa, proprio come noi. La tahina che uso solo per fare quei biscotti, i suoi biscotti.
In un primo momento l'ho rimessa a posto e ho continuato con i biscotti per Sébastien. Poi qualcosa -o qualcuno- mi ha detto che quel barattolo solitario nel sito sbagliato doveva essere rimescolato per rifare quei biscotti per il quale era destinato.
Unito di nuovo. 
Pesando gli ingredienti, mescolando l'olio con lo zucchero, sentendo l'odore tanto amato del sesamo, ad ogni gesto, pensavo a lei. Alle sue mani fatate che al contrario di me, riescono a farli tutti perfettamente uguali, al suo sguardo, ai suoi occhi verdi che nessun altro ha ereditato in famiglia e soprattutto al suo sorriso e al suo abbraccio che tanto mi mancavano.
Mentre riempivo le placche da forno di palline inevitabilmente diverse, concentrata nei pensieri e nei ricordi, sentendo quell'impasto familiare tra le mani, qualcuno ha bussato alla porta.
Le mani unte e l'orologio che indicava le sei e mezza.
Chi ca...spita può essere a quest'ora una domenica mattina?

Sul pianerottolo c'era l'abbraccio che avevo aspettato per quasi tre settimane.
Lungo, forte, in silenzio. Ci sarà tempo per le parole.

Ti pensavo. Stavo facendo i tuoi biscotti.
Sono magici, ti hanno riportato qui, a me.
Di nuovo unite, come la tahina e il suo olio. 

Ma forse la Tahina era fuori posto e divisa per colpa tua? Sì, dico a te, in alto a sinistra.

Crediate o no ai loro poteri magici, questi biscotti sono favolosi.



Biscotti alla Tahina


ricetta di Micol Hillman

per circa 36 biscotti

110 g di burro (o 120 ml di olio)
100 g di zucchero
150 g di farina

1/2 cucchiaino di lievito in polvere
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
120 ml di Tahina
mandorle intere o pelate, una per ogni biscotto





Riscaldare il forno a 180°
Foderare due teglie per biscotti con carta forno.
Sbattere a lungo il burro con lo zucchero in modo da avere un composto leggero e spumoso. Aggiungere il resto degli ingredienti, tranne le mandorle e amalgamare bene.
Fare tante palline e adagiarle sulle teglie. Premere una mandorla su ogni pallina, in modo da incrostarle e appiattire un po' il biscotto.
Infornare 15-20 minuti, fino a doratura. Dipendendo dal forno, se si colorano troppo da un lato, andrà girata la teglia a metà cottura.
Lasciarli raffreddare cinque minuti sulla teglia e poi completamente su una reticola da pasticceria.

Note: Potete scegliere se farli con olio o con burro. Questi qui in foto sono fatti con l'olio, ma sono molto più fragili rispetto a quelli fatti con il burro. Però si sciolgono in bocca, dando l'impressione di mangiare qualcosa di quasi etereo. "Si vaporizzano al morso e ti sembra di mangiare nuvole", ha detto la Mai, che ha provato entrambe le versioni.
La pasta con l'olio è anche più difficile da maneggiare e formare, rispetto a quella con il burro e potreste aver bisogno di un paio di cucchiai in più di farina.
Entrambe le versioni sono ottime, ma personalmente preferisco la consistenza finale di quelli fatti con l'olio.


P.S.: Se li provate, tornate qui e lasciateci le vostre impressioni. E se vi accade qualcosa di magico...raccontatecelo!








lunedì 18 settembre 2017

Dal Costa Rica, il flan de coco







Se mi chiedessero qual è il dolce più tipico del Costa Rica, senza dubbio risponderei il flan de coco. Anche se in realtà non lo è.
Il flan de coco però è il più comune dei dessert, quello che non manca mai in un ristorante tipico costaricano, in qualsiasi regione si visiti.
Certamente moltissimi dolci antichi a base di mais sono molto più costaricani di questo arrivato sulle navi dei colonizzatori spagnoli, ma come in altre parti del mondo qui è stato adottato e reso proprio. Non importa se sei su una spiaggia del pacifico, o nella capitale a 1200 metri di altezza, o sotto le palme del lato Caraibico, lui sarà sempre presente nelle case e nei ristoranti. 
Di tutti i flan del mondo che le Voci degli Altri del Calendario del Cibo Italiano vi presentano oggi, il flan de coco costaricano è sicuramente il più rustico, meno appariscente e probabilmente anche il più facile da fare. 
Nei paesi tropicali come il Costa Rica, il flan portato dagli spagnoli ha avuto una trasformazione nei suoi ingredienti di base. L'arrivo dei latti concentrati, zuccherati e non, ha risolto il problema della distribuzione e conservazione del latte fresco nelle zone più calde dell'America Latina. In seguito, questa nuova maniera di fare è stata adottata dal Messico fino al Cile e un flan fatto a base di latte fresco è diventata una rarità.
Se volete conoscere i vari volti e le storie dei flan intorno al mondo, vi invito la lettura di questo post, e poi a tornare qui, se questa ricetta vi entusiasma.


Flan de coco Costaricano

 per il flan
 6 uova intere
 1 lattina di latte condensato zuccherato
1 lattina di latte condensato non zuccherato (latte evaporato)
1 pizzico di sale
la polpa di 1 noce di cocco, grattuggiata

per il caramello 
100 g di zucchero di canna grezzo
250 ml di acqua

Preriscaldare il forno a 180°C
Per il caramello, mettere in un pentolino zucchero e acqua e far bollire cinque minuti, fino ad avere un composto ambrato e la consistenza di un caramello molto leggero. Versare il caramello ottenuto sul fondo dello stampo o degli stampi individuali in cui si cuocerà il flan.
A parte, sbattere le uova fino a che formino una spuma densa, aggiungere il contenuto delle due lattine e il pizzico di sale e mescolare bene. Quindi, aggiungere il cocco grattuggiato. 
Versare il composto negli stampi (o stampo) con il caramello e cuocere a bagno maria in forno per 45 minuti o un'ora. Il tempo varia a seconda del forno e, logicamente, dalla grandezza degli stampi scelti.
Io l'ho fatto in unicos stampo rettangolare, alla maniera più tipica costaricana, che poi si taglia a quadrotti e si serve con il caramello ripreso dal fondo.














lunedì 4 settembre 2017

Il migliaccio napoletano. Amici che vanno, amici che vengono.







Nell'incerta e traballante vita di un expat, da giugno ad agosto sono i mesi dei saluti, delle inesorabili separazioni da quelle persone che hai conosciuto e che sono entrate un po' più profondamente nella tua vita, volente o nolente. 
Quando vivi fuori, gli amici e conoscenti vanno e vengono, pochi si fermano per sempre nel tuo cuore. Ci si fa l'abitudine e, almeno io, ho imparato a mettere un'armatura e a cercare di affezionarmi poco. Non sempre ci si riesce.
Quest'anno ho salutato Nuria, colei che aveva cambiato del tutto la mia vita a Delhi, presentandomi al gruppo di pazze scatenate di lingua spagnola che sono diventate il centro di quasi ogni attività, scorribanda e soluzione a problemi quotidiani. Ti serve un idraulico, un medico, un prodotto o un qualsivoglia consiglio? Chiedi a loro, in pochi minuti il tam tam si attiva e avrai ciò che cerchi nella giungla di New Delhi. E se per caso stai male, non dubitare che qualcuno verrà a trovarti, o ti offrirà aiuto per qualsiasi cosa o un gran cerchio di preghiere e pensieri posistivi si strinerà intorno a te.
Con Nuria si era istaurato un bellissimo rapporto di stima e fiducia reciproche, cosa che non mi accade spesso, perchè per autoprotezione tendo a ergere muri tra me e la gente.
Ammetto che quando l'ho salutata, qualche lacrima è caduta, ma ormai ci ho fatto l'abitudine. Rimane il contatto su facebook e la promessa di rivedersi a Madrid.

Poi è toccato a Lolo.
Lolo ha quasi otto anni e non ha difese o muri, ma come me alla stessa età e ancora oggi, ha estrema difficoltà a istaurare rapporti più profondi di un "ciao come va" detto nel corridoio della scuola. La spiegazione è che lui ha paura dell'abbandono e della separazione, per un trauma durissimo avuto tre anni fa, che ancora lo blocca affettivamente.
Durante l'ultimo anno scolastico, però, aveva creato piano piano, poco a poco, un gran legame con George, un suo compagno di classe. Negli ultimi mesi George e Lolo si vedevano tutti i giorni, dormivano a turno a l'uno a casa dell'altro, noi lo avevamo quasi adottato e il loro rapporto era simile a quello di due fratelli inseparabili.
George e Lolo si sono salutati sulla porta di casa mercoledì scorso con un lungo, silenzioso e commovente abbraccio. 
-Non voglio avere più amici- è la frase che ha detto, una volta chiusa la porta.
-Ma Lolo, gli amici vanno e vengono e poi si rincontrano. Basta solo matenere i contatti.
Silenzio. Gli occhi neri, l'espressione di finto arrabbiato di chi dentro soffre.

Oggi 4 settembre, un nuovo anno scolastico comincia. Tra i ricordi di chi è partito, la curiosità verso chi è arrivato e il bentrovato a chi rimane.
Sono sicura che prima o poi spunterà un nuovo amico che condividerà con noi la cena del venerdì sera, molti pomeriggi e altre avventure.

Arriverà il giorno in cui sarà il nostro turno di partire. E ricominciare da zero chissà dove. Altri posti, altre persone, nuove valigie, arrivi e partenze.
A volte pesno che la vita sedentaria è più facile di quella da "nomadi", almeno in quanto a stabilità affettiva. 
Mi chiedo spesso come sarebbe la mia vita se non mi fossi mai allontanata dall'Italia.
Mi rispondo da sola, con un sorriso. Senza le esperienze vissute e persone che sono arrivate e poi partite, senza averle mai incrociate nella vita, non sarei quello che sono oggi, malgrado le lacrime e i muri.

L'Italia posso sempre portarla con me, ricreandone i sapori in cucina, per esempio.
Come questo Migliaccio napoletano, con la ricetta di papà.

Per la Giornata Nazionale del Semolino, sul Calendario del Cibo Italiano.





Il Migliaccio Napoletano

 Il Migliaccio, detto anche torta di Semolino o Sfogliata, è un dolce tipico campano, che tradizionalmente si preparara a Carnevale. In origine, era un pane rustico che si preparava con farina di miglio grezzo e sangue di maiale, ingredienti poverissimi che servivano come carburante ai contadini per sopportare il lavoro nelle campagne.
Alla fine del '700 il sangue di maiale fu sostituito dallo zucchero e dalla cannella o bucce di agrumi, il miglio dal semolino, e il Migliaccio si trasformò nel dolce tipico e semplice che conosciamo oggi. 
Con il tempo, la ricetta è ulteriormente cambiata e le versioni più moderne contengono anche la ricotta e a volte il cedro candito, in un impasto che ricorda molto il ripieno della pastiera o delle sfogliatelle.
Questa che segue è la ricetta di casa, che ha come aggiunta l'uva passa, ma è priva di ricotta.


Per uno stampo di 20 cm

100 g di semolino
500 ml d'acqua
100 g di zucchero semolato
2 uova
buccia grattuggiata di mezzo limone
buccia grattuggiata di mezza arancia
latte, quanto basta
una manciata abbondante di uva passa
zucchero a velo, a piacere 




Portare l'acqua a ebollizione e versarvi il semolino a pioggia. Cuocere per cinque minuti mescolando continuamente, poi, versare il semolino in una ciotola e lasciarlo raffreddare, mescolandolo di tanto in tanto.
Una volta raffreddato, aggiungere le uova, uno ad uno, lo zucchero, le bucce di limone e arancia e quanto latte sia necessario per ottenere una consistenza morbida, come una crema pasticciera molto soda. Aggiungere l'uvetta e amalgamare.
Imburrare e infarinare uno stampo e versarvi il composto.
Cuocere in forno già caldo a 180°C per un'ora o fino a doratura.
Lasciar raffreddare, sformare e spolverizzare con zucchero a velo.



giovedì 24 agosto 2017

Torta di grano saraceno, con mele e pere





Mi rendo conto che è un po' fuori stagione, per voi.
Qui, invece, pere e mele coltivate in India stanno tornando nel loro splendore con tutto il loro zuccherino sapore. Succede giusto alla fine della stagione del mango, quando i manghi tardivi cominciano a sparire, mele e pere appaiono sui banchi dei venditori ambulanti con le loro carrette colorate da frutta e verdura.
Mentre nei mercati frequentati da expat si trova quasi sempre tutto in qualsiasi momento dell'anno, gli ambulanti sono più affidabili. Se vuoi sapere cosa è davvero di stagione, devi guardare le loro carrette.

Questa è una ricetta semplicissima a cui tengo moltissimo.
Viene dal diario di Sarah, che in questi ultimi tempi di riposo forzato ho ripreso a leggere, un po' in cerca di risposte a domande che mi assillano, e un po' per farlo in un modo diverso, visto che ormai i personaggi che lo popolano li conosco praticamente tutti.
Non so se condividerò mai i suoi testi, gli ultimi anni della sua vita, ma sì le sue ricette, perchè sono sicura che anche lei lo avrebbe fatto.




Torta di grano saraceno, con mele e pere

Per una torta quadrata, di 23 cm di lato

4 uova
100 g di zucchero integrale
180 g di farina di grano saraceno
2 cucchiaini di lievito in polvere
1 cucchiaino di cannella
50 g di olio vegetale
2 pere
2 mele

Preriscaldare il forno a 180°C
Sbattere le uova e lo zucchero insieme fino a sciogliere completamente lo zucchero e ottenere un composto liscio. Poi, incorporare poco a poco la farina, il lievito, la cannella e poi l'olio. Amalgamare bene.
Sbucciare le mele e pere, privarle di semi e torsolo e poi tagliarle a cubetti. Incorporare i pezzetti di frutta alla pasta e quindi versare il tutto in uno stampo quadrato imburrato e infarinato.
Infornare per circa 25 minuti.






Scusatemi sempre dei post brevi, sto appena cercando di rimettermi in forma. Sappiate che tornerò presto, con gli stessi modi di prima, a raccontarvi di me, dell'India e dei pensieri sparsi.
Ma a questa giornata del Calendario del Cibo Italiano volevo assolutamente partecipare.


sabato 5 agosto 2017

Cartoccio di pesche, alla vaniglia e pistacchio




Un post tutto mio, una ricetta tutta mia su questo blog. Non so da quanto tempo non succedeva. Spero che ricominci a succedere più spesso, a volte ho la sensazione di aver perso un anno della mia vita, e di ritrovarmi un po' persa, alla fine di un lungo letargo.

La giornata di oggi, sul Calendario del Cibo Italiano è proprio la mia. Non potevo non farne parte.
Non solo il Cartoccio è una tecnica di cottura che uso spessissimo e che mi risolve una cena in poco tempo, ma anche perchè in questo momento la tecnica mi rispecchia.

Perchè mi sento ancora un po' cotta e accartocciata.
Il socio dice che la sua trottola preferita sta cominciando timidamente a girare di nuovo, e, come al solito, ha ragione. Piano piano riprendo anche possesso della mia cucina, le idee si rischiarano dalla nebbia e qualche ricetta ricomincia a prendere forma.
Come questa.

Molto semplice. Un cartoccio di pesche. Con ingredienti di qui e di lì.
Ho scelto le pesche perchè è l'ultimo frutto che le stagioni indiane e italiane hanno in comune in questo momento. E il pistacchio, lui, è sia di qui, che di lì.
Post molto corto, anche la voglia di scrivere tornerà. Ma volevo esserci.





Cartoccio di pesche, alla vaniglia e pistacchio


Per 4 persone

4 pesche
500 ml di acqua
100 g di zucchero semolato
il succo di un limone
4 cucchiai di pistacchi polverizzati
40 g di zucchero grezzo 
2 bacche di vaniglia 

50 g di burro
una manciata di pistacchi al naturale non tostati, tritati grossolanamente




Con 100 grammi di zucchero, il succo di limone e mezzo litro d'acqua, ho fatto uno sciroppo leggero, semplicemente arrivando a bollore. In questo sciroppo, ho immerso le pesche, sbucciate, snocciolate e tagliate a metà e ho cotto per cinque minuti, abbassando il fuoco al minimo, impedendo allo sciroppo di continuare a bollire.
In seguito, le ho fatte sgocciolare e poi tagliate in quarti.
Ho mescolato la polvere di pistacchio con lo zucchero grezzo e poi, ho grattato i semini delle bacche di vaniglia dentro questo composto.
Ho tagliato quattro quadrati di carta forno, ci ho adagiato le pesche e ho cosparso la polvere di pistacchio, zucchero e vaniglia su di esse. Alla fine, ho cosparso anche il burro a fiocchi la granella di pistacchio, chiuso i cartocci e infornato in forno già caldo a 180° per 10 minuti.
La granella si può anche mettere alla fine, quando si aprono per gustarli, ma in questo caso va tostata.
Sono meravigliosi accompagnati da una buona crema inglese o un gelato alla vaniglia, ma anche da soli.




lunedì 27 marzo 2017

La nostra Tarte au Chocolat, per il club del 27




"Nostra" si fa per dire.
In realtà l'ha fatta il dottore lui da solo partendo da questa ricetta, per il Club del 27.

Il magnifico banner della nostra Franci


Sono impegnatissima ultimamente.
Presissima in un progetto grande e bellissimo a cui dedico tutto il tempo e l'energia che ho, ma che sono sicura mi darà enormi soddisfazioni. Ve ne parlerò più in là, perchè sempre di cucina si tratta, ma ancora non è tempo.

Questo club del 27, mi sa che dobbiamo passare, ho detto al socio, sommersa tra libri, in andirivieni tra computer, fogli sparsi, cucina e storie di un ordinario quotidiano da gestire.
Ma per lui il verbo passare non esiste, a meno che non riguardi le verdure.

Per farla breve, il compromesso è stato: lui fa la tarte au chocolat, io scrivo il post.
Avrei dovuto però immaginare il disastro. :)
Mettete il dottore a fare il confit de canard, le terrine, i paté, i fondi bruni e fondi bianchi, le salse più complicate, gli arrosti perfetti, ma non chiedetegli di fare un dolce da solo. I dolci non sono nelle sue corde e la pazienza, la precisione e i gesti calmi che ha normalmente in cucina, si perdono nel vuoto. 

Ma come sempre e non solo per questo, ho solo da ringraziarlo, anche se, concentrata nella scrittura di qualcosa di importante, un urlo dalla cucina mi ha scossa:
Eleeeeeeee!!!! vieni a vedereee! Aiutooooo!!!

Praticamente all'aggiungere la panna al cioccolato si è smontato tutto, si è separato il burro di cacao dal resto e la ganache che doveva essere liscia e setosa e pure brillante, è diventata un ammasso colloso, separato dai grassi. Ci è voluta quasi un'ora della sua proverbiale pazienza, armato di frullatore a immersione per recuperarla.
Infine, gusto buono, e buona consistenza malgrado la scelta di uno stampo troppo piccolo, ma una ganache opaca, direi inguardabile :)

Ma in fin dei conti, come farei senza di lui?


Tarte au chocolat

per la sablée alle mandorle

120 g di burro
2 g di sale fino
90 g di zucchero a velo
15 g di farina di mandorle
1 uovo
240 g di farina

Per la ganache:

350 g di cioccolato fondente 70% cacao 
250 g di panna fresca
1 cucchiaio di miele
50 g di burro




Mescolate il burro ammorbidito tagliato a cubetti con il sale, 60 g della farina, lo zucchero, la farina di mandorle e l'uovo. Quando tutti questi ingredienti saranno ben mescolati, aggiungete il resto della farina e lavoratela fino ad avere una pasta che si formerà in una palla liscia.
tra due fogli di carta forno, stendete la pasta e mettela a riposare in congelatore per 30 minuti.
(primo errore:scegliere uno stampo da 20 cm, ce ne sarebbero voluti almeno 23)
Dopo questo riposo, foderare con la pasta uno stampo da crostata iburrato e rimettetelo in congelatore.
Scaldare il forno a 160°
Infornare la pasta per 20 minuti, o fino a che sia ben dorata.
Intanto, preparare la ganache.
Sciogliere to il cioccolato a bagno maria e scaldare la panna insieme al miele.
Unire i due composti e mescolate con una spatola.

Una volta che il composto ha raggiunto i 35°C, unire il burro a pezzetti.

Sfornare il guscio di frolla, lasciarlo raffreddare e versare la ganache. Aspettare che raffreddi un pochino e metterla in frigorifero il tempo necessario per farla rapprendere e reffreddare completamente.

lunedì 27 febbraio 2017

La nostra beetroot cake con glassa alla patata dolce per il Club del 27




Com'è bello cucinare insieme.
Condividere idee, pensieri ed esperimenti.
Ritrovare una complicità che si era persa tra i fili della rete e la corsa a chi fa più click.

Nella farcia della Devil ci va lo zucchero?
La crema della Alabama Lane è così liquida?
Perchè la mia beetroot non è rossa?
Posso personalizzare la mia torta?
Posso renderla light?

Tutti problemi risolti nel giro di minuti, quando lo spirito di condivisione si ritrova e il lavoro di squadra senza concorrenze (che poi concorrenze di che?) diventa il nucleo di un progetto che abbiamo abbracciato subito.

Noi a cucinare in compagnia siamo abituati.
È cucinare e condividere insieme a più di 50 persone che non mi sarei mai aspettata in vita mia. Non nella stessa cucina, ovviamente, nella mia già in tre cen'è uno in più e in genere quello è il Doc.
Tutto questo è inevitabile quando sei a contatto con una persona che non sa stare un attimo ferma e le cui idee escono fuori dalla sua testa come lava da un vulcano. Parlo ovviamente di Alessandra, che, come se non fosse abbastanza avere un blog suo, l'MTChallenge, lo Starbooks e una vita, ha ben pensato di inventarsi questa geniale cosa che è il 

Club del 27. #onlyforthebraves


 Il Club è nato appunto per ritrovare questo spirito di condivisione e divertimento del cucinare insieme, rispolverando le ricette dei vecchi "Tema del Mese" del MTChallenge.
A organizzare tutto ciò, ci sono le splendide Ilaria, curatrice del tema del mese, Franci, autrice del disegno di banner e tessera e delle vignette di ogni sfida, e Valentina, che non ha bisogno di parole per essere presentata.

Il mio compagno di blog si è affrettato a chiedere di entrare nel progetto. Conscendo la Ale, ci sarà da divertirsi, ha pensato. Non si è neanche degnato di chiedere cosa ne pensavo, ma probabilmente mi conosce abbastanza da sapere la risposta.

Ma...il tema sono le torte americane a strati. Io devo evitare i latticini e lui detesta le torte glassate. Perfetto.
Allora sceglie la beetroot cake, l'unica che nel documento in origine non ha glasse, né strati, né farce e "perchè dopo la frittura un po' di verdura ci vuole". E invece bisognava rispettare il tema e stratificarla e farcirla, in qualsiasi modo, ma andava fatto.
Senza latticini. Beetroot cake. In altri tempi l'avrei farcita di panna e ciliegie, come una sorta di black forest. E poi la barbabietola, l'unica cosa che proprio non mi piace, pur essendo di mente molto aperta sul cibo. Proprio non ce la faccio. Mentre la grattuggiavo mi chiedevo se mai avessi avuto il coraggio di assaggiare il dolce.

Trovare una farcia senza derivati del latte è stato l'altro "dramma". Pensa che ripensa, cerca che ricerca... ogni cosa che trovavamo o conteneva derivati del latte, o uova crude o semi crude (che in India no, grazie), o gelatina (che il Doc detesta).
A risolverci il problema è stata la newsletter di The Nosher, sito di cucina ebraica al quale il doc è iscritto. Quella mattina, l'email ricevuto proponeva una ricetta di una glassa Parve (quindi senza latticini), contenente solo due ingredienti: Patata dolce americana e cioccolato.
La ricetta in origine richiedeva puré di patata dolce in scatola e la consistenza della ricetta era troppo poco densa per quello che a noi serviva, per cui abbiamo deciso di modificarla nelle proporzioni e partire dalle patate fresche.

Sentite, io mi sono ricreduta e anche ai bambini è piaciuta. Abbiamo fatto il quiz indovina gli ingredienti segreti e non ci sono arrivati. È piaciuta anche a noi, che non sono amante dei dolci né tantomeno della barbabietola e.... sinceramente, questa glassa è la fine del mondo. da fare e rifare anche per mangiarla solo così com'è.
I bimbi poi cel'hanno chiesta per i prossimi compleanni, per fare il quiz con gli amichetti.
Se non sono soddisfazioni queste.

La nostra torta non è perfetta. tagliata male e solo a due strati quando sarebbero potuti essere anche tre o quattro. Ma non siamo portati per la pasticceria, questo lo riconosciamo. Andatevi però a farvi un giro tra gli altri partecipanti del Club, per guardarvi le loro meraviglie.

E grazie Ale, Ilaria, Valentina e Franci. Ci siamo divertiti un sacco. Ci risentiamo il 27 marzo.

Beetroot cake con glassa alla patata dolce

Per uno stampo di 18 cm di diametro

per la torta:

230 g di farina autolievitante
100 g di cioccolato (noi fondente 70%)
125 g di burro salato (noi burro di cocco)
10 g di cacao
3 uova grandi
200 g di zucchero di canna
250 g di barbabietola grattuggiata

per la farcia/glassa

500 g di patate dolci americane
100 ml di acqua
300 g di cioccolato fondente (70%)


 


Prima di tutto, abbiamo cotto la nostra barbabietola al forno il giorno prima, con la buccia.
Il giorno dopo l'abbiamo spellata e grattuggiata finemente.
A bagno maria, abbiamo fatto sciogiere il cioccolato e il burro di cocco. Abbiamo scelto un burro di cocco con poco sentore di cocco per non deturpare la torta.
Nella planetaria, abbiamo montato uova e zucchero fino ad ottenere un composto bello spumoso, al quale abbiamo aggiunto la bababietola grattuggiata. Poi abbiamo incorporato il cioccolato e il burro fusi e amalgamato bene, e per ultimo la farina setacciata con il cacao, amalgamando di nuovo.
Abbiamo versato il composto nello stampo imburrato e infarinato e infornato a 180° per 40 minuti. 
Fate sempre la prova stecchino però, che non tutti i forni sono uguali.
L'abbiamo fatta riposare 10 minuti nello stampo e poi sformata su una gratella per farla raffreddare.

Per la glassa, abbiamo tagliato il blocco di cioccolato a scaglie sottili e cotto a vapore le patate dolci, poi pelate e infine passate nel passa verdura per farne una purea. Abbiamo aggiunto alla purea 100 ml di acqua, mescolato bene e l'abbiamo portata a ebollizione. Una volta tolta dal fuoco, ci abbiamo versato le scaglie di cioccolato e mescolato energicamente finché il cioccolato si è completamente fuso. Abbiamo atteso che si intiepidisse un po' prima di usarla, perchè avevamo un certo timore che al raffreddarsi completamente sarebbe stato troppo solida da usare.
Ci sbagliavamo, perchè poi è rimasta cremosissima. E poco dolce. Una goduria.

Abbiamo infine tagliato la torta a metà nel senso della larghezza. A metà si fa per dire :)) Sono sicura che voi sarete più bravi. Anzi, questa si sarebbe potuta tagliare anche in tre, volendo. Sulla base abbiamo spalmato poco meno della metà della glassa. Ci abbiamo messo l'altra metà torta sopra e abbiamo ricoperto il tutto con il resto della glassa, con una spatola di metallo. Con la stessa spatola, abbiamo cercato di fare delle volute e dei ricciolini per non lasciarla piatta.


lunedì 23 gennaio 2017

Cronaca di di una testa dura e di macarons falliti

È stato un fallimento.
In realtà il mio primo fallimento con i macarons, che da almeno una decina d'anni faccio un paio di volte all'anno, sempre con successo.
Non capiate male le mie parole però, la ricetta proposta da Ilaria e il suo trattato, i suoi consigli, sono perfetti.
Anzi, se volete fare dei macarons perfetti, andate subito da lei. 

Le condizioni in cui li ho fatti, per caparbietà più che altro, invece, non erano per niente perfette. Qual è il contrario di perfetto? Macaron Israeliano forse è troppo lungo. :))

Domenica 15 gennaio, la mattina molto presto, avevo messo gli albumi a invecchiare in due ciotole nel frigo a New Delhi. Quel pomeriggio verso le 15:00 ho deciso che dovevo essere altrove.
Cosa volete, sì, sono di quelle persone che al pomeriggio decidono di prendere un biglietto "last minute" e di prendere un aereo all'una del mattino. 
Con ancora le mie forze al minimo.
Vai dove ti porta il cuore, dicono. 
Quello di chi, non è mai stato specificato.

Arrivo lunedì mattina. Nessuno mi aspetta perchè a nessuno ho detto niente. Quando apro il telefono, scopro che Micol è arrabbaitissima perchè non rispondevo al telefono. Arrabbiatura che le passa in un nanosecondo, appena mi ha vista arrivare, in silenzio, di sorpresa. Se parlasse italiano, un "te possino" me lo sarei sentita dire, però.

Quando la tempesta è passata, e finalmente eravamo tutti e tre insieme a casa, a Micol è venuta la gran idea di mettere gli albumi in frigo. "Che con quei due non si sa mai", deve aver pensato. Anche se stavolta quei due ero solo io, il doc, che per inciso, i macarons li ama alla follia, non aveva nessuna intenzione di farli, né che io li facessi, a dire il vero.
Ma, vel'ho detto che sono testarda? :)) 
E disubbidiente, dicono.
Sabato mattina m'impunto sul fare i macarons. Che non abbiamo il termometro né gli ingredienti per farcirli, mi dicono. Vado a comprarli! dico io. Se li trovi, chiamami, dice lui, con sorrisino sarcastico.
Sabato mattina. 
A Tel Aviv.
Sperando nei commercianti musulmani o cristiani, esco lo stesso a cercare ciò che mi serve. Tutto a piedi, logicamente. Anche i dodici piani di scale, a scendere e risalire.
Niente. Tocca dargli ragione e tornare a mani vuote.
Ma io i macarons li faccio lo stesso e domani compriamo le cose per il ripieno che poi lunedì riparto.
Li ho fatti tante volte, magari a occhio con lo sciroppo, senza termometro, potrei riuscire, penso.
Ma non avevo fatto i conti con il forno.
La farina finissima di mandorle, 10 minuti a 150°C, è venuta fuori colorata di un biondo scuro bellissimo. Cominciamo bene.
Continuo lo stesso, faccio il TPT, pensando che con la bianchezza dello zucchero a velo, e poi con la meringa, il colore si sarebbe diluito. Magari!
Alt! Dice il doc. Si avvicina con carta e penna, chiedendomi di scrivere e firmare che, se i macarons non riescono, prometto di rimanere una settimana in più.
Adoro la sua fiducia. Scrivo e firmo.
Ho il biglietto di ritorno lunedì, i macarons saranno uno schianto e partirò come previsto.
Le ultime parole famose.
La domenica mattina, ancora buio, mi metto all'opera.
I coloranti in questa casa sono proibiti, quindi procedo senza.
Senza termometro e con quel forno lì.
Dimenticando anche di girare la carta forno, dopo aver disegnato i cerchi.
Ma saranno perfetti, nella mia testa (dura).

Però, hanno tutti una forma rotonda e un collarino perfetti, ecco.

Dovevano essere uno alla ganache al cappuccino e l'altro gusto croissant.

Dovevano.


Che volete, che vi dica. Rimango una settimana in più. :)))


Risultato finale
Da cotti girati, con il segno della matita stampato.
È che qui amano i tatuaggi. :))


Dopo il pochage

Croutage! 




Con questo fiasco, timbriamo il cartellino alla sfida #62 del MTChallenge (o almeno, spero)
Nel senso che in un certo modo siamo presenti, credo. :P



venerdì 25 novembre 2016

Il Tiramisù del Cappellaio Matto





Di Micol H.
Traduzione di Eleonora
Foto di Michael

Confesso che seguo la vostra sfida da molto tempo, dai Profitteroles, credo. In silenzio, con l'aiuto del traduttore, ho provato quasi tutte le ricette, seguendo i regolamenti dati. Quella di Susy non ha fatto eccezione.
Anche questo blog lo seguivo con attenzione da tanto tempo, pur non conoscendo ancora Ele di persona, per il legame forte e innegabile che abbiamo tra di noi, anche se l'ho abbracciata per la prima volta a settembre di quest'anno, quando ho accompagnato Michael in India.
Sto divagando, ma volevo in un certo modo presentarmi, perchè gli spiriti che vivono in questo blog sono anche un po' i miei. È di mia sorella Sarah il diario di ricette che Ele custodisce preziosamente, ed era mio cognato quel Bianconiglio che saltella spesso in queste pagine.
Fatta la mia propria introduzione, vorrei dire che questo, più che sexy, è il tiramisù di una donna innamorata. Innamorata di un Cappellaio talmente matto, che è riuscito a farmi convincere da una squadra di blogger a pubblicare questa ricetta. Tanto matto, da riuscire a conquistare un cuore duro come il mio.
E cosa c'è di più sexy di un uomo testardo che sa sempre cosa vuole e come ottenerlo? ;)
Quindi, il legame tra il mio cappellaio, e Johnny Depp, icona sexy del cinema americano, nei panni del cappellaio matto in Alice in Wonderland, non si è fatto attendere. 
Voluttuosa e sexy è la crema al mascarpone e il gianduia che si scioglie in bocca.
Il tiramisù è tondo come gli orologi di cui il personaggio è appassionato e i cuori, che evocano la regina, volendo, potrebbero indicare le ore.
Non ho una grande fantasia. Non mi sento all'altezza della vostra sfida e i vosti capolavori, ma ormai credo che sia troppo tardi per ripensarci.
O no?


Tiramisù del Cappellaio Matto


Per il gianduja di Christophe Michalak
(rende 450 g di gianduia)

150 g di nocciole intere
150 g di zucchero a velo
150 g di cioccolato al latte 40%
1 pizzico di sale

Preriscaldare il forno a 160°C
mettre le nocciole su una leccarda da forno e farle tostare per 10-15 minuti, muovendole di tanto in tanto. Toglierle dal forno e lasciarle raffreddare.
Togliere la pellicina alle nocciole. Grazie alla torrefazione in forno è un'operazione facile. Basta metterle in un panno da cucina e strofinarle tra loro. Non preoccupatevi se ne resta un po'.
In un robot da cucina, mettere le nocciole, lo zucchero e un pizzico di sale. Avviare il robot fino ad ottenere una consistenza cremosa.
Fondere il cioccolato a bagno maria insieme alla pasta di nocciole e mescolare.
Versare il gianduia in uno stampo rettangolare rivestito di carta forno e metterlo in frigo tutta la notte per farlo indurire.
Non lasciatelo alla vista di mariti o compagni, perchè potreste ritrovarvi senza. ;)
Che qui, con la scusa del magnesio...

Per la crema

250 g di mascarpone
2 tuorli
zucchero, pari peso dei tuorli
250 g di panna fresca da montare
30 g di zucchero a velo

Lavorare brevemente con la frusta a mano il mascarpone. Mettere le uova e lo zucchero in una ciotola e metterli a bagno maria. Senza mai smettere di sbatterli, con frusta a mano o elettrica, aiutandovi con un termometro di cucina, portate questo composto a una temperatura di 70°C. Lasciare raffreddare il composto immergendo la ciotola in un un bagno di ghiaccio.  Intanto, montate la panna con lo zucchero a velo, abbastanza ferma, fate attenzione che non diventi burro.
Incorporate il composto di tuorli al mascarpone in modo da ottenere una crema omogenea e poi, delicatamente, con una spatola, incorporare la panna.

Per i cuoricini variegati

100 g di cioccolato bianco
40 g di cioccolato fondente

Fondere i cioccolati separatamente a bagno maria. Su un foglio di carta forno, stendere con una spatola di metallo il cioccolato bianco in uno spessore ci circa 2mm. Colare a filo un po' a caso il cioccolato fondente e con uno stuzzicadenti, fare giri vari in modo da creare l'effetto variegato.
Prima che il cioccolato solidifichi del tutto, sommergere un taglia biscotti piccolo a forma di cuore in acqua molto cada, asciugarlo e tagliare i cuori di cioccolato. Passare le formine su un altro foglio di carta forno delicatamente e lasciarle solidificare fino all'uso.
Fatene sempre di più di quanti ne avete bisogno, alcuni si rompono, e alcuni finiranno irrimediabilmente in bocca, e poi sui fianchi ;)
Nascondeteli bene, fino a che ne avrete bisogno.




Per il montaggio

savoiardi (non ho idea della quantità usata)
caffé espresso forte
la crema di mascarpone
150 g di gianduia (molto a occhio)
una manciata abbondante di nocciole tostate e triturate in granella fine
cuoricini di cioccolato variegati
cacao in polvere

Sul fondo di uno stampo a cerniera di 23 cm, sistemare uno strato di savoiardi imbevuti nel caffé. Coprire con la metà della crema e sparpagliare il gianduia tagliato a pezzi piccoli e le nocciole, cercando di lasciare un centimetro dal bordo. Ricoprite con un altro strato di savoiardi inzuppati nel caffé, mettendoli nel senso inverso al primo strato. Ricoprire con la crema restante. Spolverizzare con cacao amaro in polvere. Decorare con i cuoricini variegati.
Mettere in frigo per varie ore, io l'ho lasciato tutta una giornata. Circa 12 ore.
Al momento di servirlo, aprire delicatamente la cerniera dello stampo e fare scivolare il tiramisù su un piatto o un cartone da pasticceria. Attenzione a non romperlo, il rischio è alto, perchè la crema è molto delicata.



Questa ricetta partecipa fuori gara al MTC 61



martedì 22 novembre 2016

Tiramisù rosa. Di bellezze americane e demonetizzazioni indiane.





 Questo tiramisù ha rischiato di non esserci.
Perchè una volta scelto il tema, approvata l'interpretazione e scritta la ricetta su carta, il Primo Ministro Indiano ha deciso di demonetizzare l'India.
Lo ha annunciato una sera, i biglietti da 500 e 1000 rupie (i tagli più grandi) sarebbero stati illegali a partire da...24 ore dopo! Ciò vuol dire che l'84% della moneta in circolazione è stata bandita da un momento all'altro, in un'economia che vive di liquidità.
Contro il danaro sporco "black money" e il finanziamento del terrorismo. Così dicono.
Bancomat vuoti, banche prima chiuse per giorni, poi aperte con file che non potete immaginare, in una città di 23 milioni di abitanti.
Qualche giorno dopo escono i nuovi biglietti da 2000 rupie. Nuovissimi, fiammanti, tutti ne parlano, esci contento dal tuo bancomat con uno di questi gioielli in mano e... sorpresa! Nessun commerciante te li accetta a meno che tu non lo spenda tutto, perchè i soldi per dare il resto non ci sono.

La farina per i savoiardi, la panna per il mascarpone, il limone, le mandorle e anche lo zucchero si possono pagare con la carta di credito, facendo qualche km in più.
Ma le rose no. 
Men che meno le rose commestibili non trattate.
E neanche l'acqua di rose, volendo rinunciare al colore.

Welcome in India.

Tocca rifare la fila di tre ore al bancomat, con la speranza che non ti tocchi di nuovo la nuovissima banconota rosa. Sì, per di più per volere del fato è pure rosa. Oltre il danno, la beffa.
E se digito 1800 invece di 2000? 
18 banconote da 100 rupie. Una fortuna in questi tempi!
Il tiramisù è salvo, malgrado tutto.
Ma chi vive alla giornata di spiccioli e vendite in contanti, no. Purtroppo.

Ma veniamo a noi.
Per questo MTC di novembre, Susy ci chiede un tiramisù ispirato a un'icona sexy del cinema, o a un film, sempre in chiave sexy. Abbiamo esplorato diverse possibilità: da Aishwarya Rai, la splendida indiana della Maga delle spezie, a Clara Bow; da Grace Kelly, a Mae West, passando per Audrey Hepburn e Marlene Dietrich. Avevamo deciso per quest'ultima e un Black Forest Tiramisù, quando la scena del bagno di American Beauty ci è venuta in mente. 

Ma a parte le rose, presenti in tutto il film, quindi ovvie e scontate, come costruirlo e con che logica?

La scena del bagno di rose di American Beauty, rappresenta la fantasia erotica del personaggio principale, Lester Burnham verso la miglior amica di sua figlia, Angela Hayes, che incarna lo stereotipo della bellezza americana.
La scena raffigura il voyeurismo moderno e lascia che lo spettatore assista in maniera visiva e pratica alla teoria di Laura Mulvey sullo sguardo maschile, attraverso Lester.
Gli effetti speciali, gli inquadramenti, la fantasmagoria, le luci oniriche, sono tutte tecniche che il regista Sam Mendes ha usato per realizzare una delle scene di sogno più elettrizzanti della storia del cinema. L'effetto Bokeh su Angela, più di altri, enfatizza lo stato di sogno di Lester e il senso di passione. Inoltre, quest'effetto, aiuta il publico a comprendere che Lester si trova in stato incosciente, creandogli un stato emozionale di confusione. L'atmosfera di vapore, come se fossero nuvole, rappresenta visualmente il legame stereotipato tra nuvole e sogno.
L'uso del voyeurismo e dello "sguardo maschile" (Male Gaze Theory) è presente in tutta la scena. L'uso della teoria di Laura Mulvey è infatti ciò che procura il piacere visivo al telespettatore: il maschio appare dominante e la femmina accetta di essere l'oggetto di desiderio. Lester mostra tutta la sua scopofilia verso Angela, credendola irresistibile, sottolinendo il fatto di essere un voyeur.
In genere un voyeur ha fantasie erotiche con la persona osservata, ma queste fantasie sono molto raramente consumate. Questo è ciò che Mendes trasmette attraverso questa scena in maniera eccezionale, facendo enfasi nello stato onirico della situazione.
L'uso del voyeurismo e della teoria di Mulvey sono chiavi importanti per la comprensione del film, spiegano al pubblico che Angela è oggetto di desiderio di Lester e che la psiche della libido maschile ha bisogno di un oggetto femminile per riguadagnare il senso di potere, perso durante gli anni di matrimonio con Carolyn.


Infine, il nostro tiramisù è formato da questi concetti:

Le rose: fresche e rosse, presenti in tutto il film come simbolo di passione, lussuria e bramosia.
Le mandorle: dure e a forma di occhio, rappresentano il Voyeurismo e la scopofilia di Lester.
Le albicocche: la pelle, che si vede e non si vede. È liscia, vellutata e giovane come Angela, l'oggetto di desiderio.




American Beauty Tiramisù

Per sei porzioni individuali

Per la granella di mandorle zuccheratta
200 g di mandorle
1 albume
2 cucchiai di zucchero demerara

Per lo sciroppo di rose:
100 g di petali di rose rosse commestibili, fresche, non trattate
750 g di acqua
800 grammi di zucchero

Per la crema al mascarpone
250 di mascarpone (la ricetta, qui)
250 ml di panna fresca da montare, fredda
50 g di zucchero
60 ml di sciroppo di rose
1 bicchierino di kirsch 

savoiardi (la ricetta qui)
250 ml di latte di mandorla (la ricetta qui)
albicocche sciroppate, fatte in casa



Per fare lo sciroppo di rose, bisogna cominciare minimo due giorni prima di fare il tiramisù. 
In una pentola capiente e profonda, si mettono i petali di rosa e si coprono con acqua. Si lasciano nella pentola, coperti, tutta una notte. 
La mattina dopo, si aggiunge lo zucchero e si porta su fuoco dolce, finché lo zucchero si dissolve. Appena lo zucchero si dissolve, si alza il calore della fiamma, si lascia brendere il bollore e si cuoce per due minuti, o fino a 108°C. In mancanza di un termometro, va presa una goccia di sciroppo, premuta da il pollice e l'indice e, se al seprarare le dita si forma un filo, lo sciroppo è pronto.
Si lascia intiepidire e poi si filtra attraverso un panno di musselina. 

Per la granella di mandorle zuccherata, noi siamo partiti da mandorle sgusciate ma non pelate. Quindi, le abbiamo immerse in acqua bollente per qualche minuto, poi abbiamo rimosso la pellicina e poi messe ad asciugare. Una volta ben asciutte, le abbiamo tagliate grossolanamente in granella grossa. 
Poi, si sbatte l'albume, non deve essere montato, ma solo ben spumoso. Nell'albume si immergono le mandorle in maniera da ricoprirle bene. In una ciotola, si mette lo zucchero, si scolano le mandorle dall'albume e si passano nello zucchero. Si inforna in forno caldo a 180°, rimuovendo spesso, fino a doratura. Si lascia raffreddare completamente.

Per la crema, in una ciotola si lavora a mano il mascarpone con lo zucchero, il kirsch e lo sciroppo di rose. A parte, si monta la panna. Con una spatola, con movimenti delicati dal basso verso l'alto, si mescolano il mascarpone e la panna.

Per montare il tiramisù: 
Inzuppare i savoiardi nel latte di mandorla e adagiarli sul fondo del contenitore che avete scelto per la presentazione, sia unico che monoporzione. Sui savoiardi, mettere uno strato di crema, un po' di albicocche sciroppate tagliate a cubetti e un po' di granella di mandorle. Ripetere l'operazione con i savoiardi, la crema e finire con le mandorle. Mettere in frigo per almeno tre ore.
Servire con una rosa commestibile non trattata a modo di decorazione.



Con questa ricetta partecipiamo a quattro mani alla sfida del MTC di novembre, Il Tiramisù